Alcuni lettori ci fanno domande sulla locuzione due pesi e due misure: molti ci chiedono se sia più giusto usare un peso e due misure, mentre altri ci chiedono se la locuzione possa essere usata quale traducente dell’inglese double standards. Infine due lettori ci domandano se esista la parola doppiopesismo che porta con sé il significato di due pesi e due misure.
La locuzione avere/tenere/usare due pesi e due misure significa ‘usare criteri diversi per valutare situazioni simili, valutare ingiustamente’ (GRADIT) e se ne conoscono due antecedenti documentati nei testi antichi fino a Manzoni e registrati nel GDLI: doppio peso e doppia misura; peso e peso, misura e misura. L’espressione sembrerebbe avere origine dalla Bibbia, in particolare dal libro sapienziale dei Proverbi di Salomone dove troviamo il seguente versetto:
Pv. 20, 10: pondus et pondus, mensura et mensura, utrumque abominabile apud Deum.
Il verso – oggi tradotto nella versione CEI della Bibbia con “Doppio peso e doppia misura,/ sono due cose che il Signore aborrisce” – si riferisce a un passo molto significativo del libro del Deuteronomio, appartenente al Pentateuco, caposaldo della tradizione cristiano-giudaica (si consideri che l’efa era l’unità di misura ebraica della massa):
Dt 25, 13-15: Non avrai nel tuo sacchetto due pesi diversi, uno grande e uno piccolo. Non avrai in casa due tipi di efa, una grande e una piccola. Terrai un peso completo e giusto, terrai un’efa completa e giusta, perché tu possa avere lunga vita nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà, poiché chiunque commette tali cose, chiunque commette ingiustizia è in abominio a Signore.
La massima sapienziale pondus et pondus, mensura et mensura è stata oggetto, già a partire dal Cinquecento, di molti approfondimenti teologici da parte di uomini di chiesa. Accanto al verso latino spesso segue la traduzione del verso in italiano, ovvero due pesi e due misure:
La scrittura dice; il tener due pesi e due misure è cosa molto odiata da Dio (Prov. 20) (Juan de Avila, Trattato spirituale nuovamente tradotto dalla lingua spagnola, nella italiana per Camillo Camilli, Venezia, Francesco Ziletti, 1581, p. 131b).
[...] come avvertì per appunto il Savio ne’ Proverbij, à capi venti. Pondus & pondus, mensura & mensura, cioè a dire tenner due pesi e due misure, una ingorda nel ricevere, l’altra scarsa nel dare. Un pe’ l ricco, l’altra pe’ l povero, una per gli amici, l’altra per poco amorevoli, una per gli paesani, l’altra per gli stranieri (Pietro Vecchia, Le sagre fascie, o’ sia la dottrina cristiana confrontata colle Massime de’ Politici. A sostenimento delle Cattoliche Verità, Bologna, Gioseffo Longhi, 1683, p. 199).
La metafora basata sui due pesi che sintetizza, nella maggior parte dei riferimenti teologici, il diverso criterio usato nel dare e nel ricevere (o anche nel giudicare sé stessi e gli altri), ha senso solo se si considera lo strumento con il quale si facevano operazioni di pesatura, dall’antichità fino al secolo scorso, ovvero la bilancia a due bracci, più diffusa rispetto alla stadera composta da un solo braccio e piatto. Per pesare un oggetto, lo si poneva su un piatto mentre sull’altro piatto si mettevano dei gravi di metallo (pesi campione) di cui si sapeva esattamente il peso. Quando i due piatti della bilancia risultavano in equilibrio si contava il peso complessivo dei campioni, ottenendo così quello dell’oggetto. Usare due pesi significava usare, per un medesimo oggetto, una volta un campione leggero per vendere, una volta un campione pesante per comprare. La frode dei mercanti consisteva nell’indicare, ad esempio con 1 kg un campione che invece pesava realmente 700 grammi: così la merce in vendita che si pesava risultava più pesante e il compratore pagava di più senza saperlo. D’altra parte se il mercante disonesto doveva acquistare dei prodotti usava un campione che pur indicando 1 kg ne pesava 1.200 così da acquistare più merce a minor prezzo. Il mercante così aveva due campioni che, sebbene indicassero 1 kg, avevano due pesi reali differenti. Anche per la misura, intesa come unità di lunghezza, si poteva verificare la stessa tipologia di frode: un mercante di stoffe, ad esempio, nel vendere poteva misurare con una canna curva e dunque leggermente più piccola dell’unità campione, mentre nel comprare poteva averne un’altra più lunga con cui acquistava a minor prezzo, più stoffa. Questo tipo di inganno doveva essere molto praticato dai mercanti, come ben testimoniano, oltre ai passi della Bibbia, alcuni detti latini tratti dallo Strafforello (La sapienza del mondo, ovvero Dizionario universale dei proverbi del 1883): Qui male metitur vel pensitat, igne peribit ‘chi misura e pesa male, perirà nel fuoco’; Lances dissimiles faciunt oculos mihi tristes ‘pesi differenti mi rendono gli occhi tristi’. I Bandi medievali nelle città di Firenze, Siena, Pisa, Volterra (fonte OVI) infliggevano sanzioni gravose a chi fosse stato trovato con falsi pesi e false misure (in questo caso l’unità di misura di lunghezza era la canna):
Statuti senesi 1343 (2) L. 3 128. 25. ‘De falsi pesi et misure’. Tutti e’ sottoposti tengano dritti pesi et misure et se alcuno la canna non segnata e addrittata terrà, sia punito in XXV sol. ciascheuna volta.
Oltre all’uso di due pesi (o due misure) diversi, nel tempo si perfezionarono altri metodi per truffare, molto più ingegnosi e difficili da scovare, come il sistema delle bilance false che spiega meglio la locuzione in questione. Nel De Subtilitate di Gerolamo Cardano del 1550 si parla di come funzionasse una tipologia di questi strumenti. Si tratta di un problema matematico che parte da questa bilancia a due bracci vuota, perfettamente in equilibrio.
Se si pone un anello d’oro sul piatto A, pesa 22 grammi, mentre se si pone lo stesso anello d’oro sul piatto B pesa 23 grammi. Come è possibile tale differenza? Il Cardano spiega che in realtà i bracci della bilancia hanno due misure differenti: quello del piatto A è lungo 11 cm mentre quello del piatto B 12 cm. Anche i due piatti hanno un peso differente: il piatto A pesa 12 grammi mentre il piatto B ne pesa 11: grazie a queste due misure differenti la bilancia rimane in un equilibrio “truffaldino”.
Il giochino matematico del Cardano si basa su una pratica ampiamente usata per truffare e ben spiega perché nei passi biblici limitrofi a quelli di pondus et pondus, mensura et mensura (Pv 20, 10), ci sia spesso un riferimento alla bilancia falsa:
Pv 20, 23: Il Signore ha in orrore il doppio peso/ la bilancia falsa non è cosa buona
Pv 11, 1: Il Signore aborrisce la bilancia falsa/ ma del peso esatto si compiace
Pv 16, 11: La stadera e le bilance giuste appartengono al Signore/ sono opera sua tutti i pesi del sacchetto
Riassumendo, la locuzione due pesi e due misure nasce dal versetto biblico del libro dei Proverbi, con cui si indica il peso o misura campione usato per vendere e il campione usato per comprare: ha senso quindi parlare di due pesi e due misure anziché un peso e due misure poiché peso indica il ‘campione’ e non l’oggetto da pesare. Il mercante truffaldino rappresenta l’uomo disonesto o ingiusto nel giudicare o avaro nel dare. D’altra parte la bilancia giusta e il peso giusto sono simboli della giustizia divina e dell’uomo che osserva i precetti di tale giustizia. La traduzione del verso latino più diffusa risulta essere due pesi e due misure mentre doppio peso e doppia misura o peso e peso, misura e misura, appaiono minoritarie nonostante abbiano attestazioni letterarie autorevoli:
L’adoprar peso e peso, misura e misura, è cosa abbominevole; e siamo coi nostri così giusti e indulgenti come siamo con gli stranieri (Alessandro Manzoni, Fermo e Lucia, in Alberto Chiari e Fausto Ghisalberti (a cura di),Tutte le opere a cura di, Milano, Mondadori, 1954, p. 322).
Ma la menzogna, l’abuso del potere, la violazione delle leggi e delle regole più note e ricevute, l’adoprar doppio peso e doppia misura, son cose che si posson riconoscere anche dagli uomini negli atti umani (Alessandro Manzoni, La storia della Colonna Infame, Milano, Einaudi, 1993, p. 3).
La legge di Dio non ha due pesi e due misure: Cristo venne per tutti, parlò per tutti, morì per tutti (Giuseppe Mazzini, La Democrazia, in Un Serto all’Italia ovvero Raccolta dei migliori discorsi politici, composte dalle più valenti penne italiane, Livorno, Tipi Antonelli, 1849, pp. 39-42, p. 40).
Dal riferimento alla giustizia divina si è poi passati a quella umana: ad esempio la locuzione ricorre frequentemente nei Resoconti parlamentari del neonato Regno d’Italia in riferimento alla giustizia dello Stato. Le occorrenze letterarie di inizio Novecento ben testimoniano questa estensione d’uso:
S’intende che usava due pesi e due misure: era indulgente con lo zio, non avrebbe perdonato nulla dal marito (Carlo Cassola, Gisella, Milano, Rizzoli-Bur, 1974).
La verità è che vogliono lavorare poco, oppure fanno due pesi e due misure, o come si dice da noi, chi figlio e chi figliastro (Carlo Bernari, Tre casi sospetti, Milano, Mondadori, 1946, p. 224).
Nelle altre lingue, la mancanza d’imparzialità espressa da due pesi e due misure attinge spesso dal campo semantico dei commerci. In francese abbiamo deux poids, deux mesures come in italiano ma anche peser à faux-poids ovvero ‘pesare usando pesi inferiori al campione stabilito’. Strafforello, nella sua citata raccolta di proverbi, attribuisce al tedesco locuzioni come misurar con due misure, pesi falsi fan faccia triste, falso peso e falsa misura non ischerzano, chi mal pesa e mal misura, entra nella cucina del diavolo, ma soprattutto
Comprar col peso di Norimberga e vender con quello di Erfurt ben può arricchire, ma con poco onore. ‘Dell’aver due pesi e due misure’
Nonostante il repertorio di Strafforello non sia del tutto attendibile per i proverbi stranieri, risulta comunque suggestiva la spiegazione al detto tedesco con la locuzione due pesi e due misure. In inglese invece il corrispondente semantico di tenere due pesi e due misure è to have/to use double standars in cui standard significa letteralmente ‘campione’. Il Cambridge Dictionary così spiega double standards: “the habit of treating one group differently than another when both groups should be treated the same” cioè ‘l’attitudine a trattare un gruppo in maniera differente rispetto ad un altro quando entrambi i gruppi dovrebbero essere trattati allo stesso modo’.
In fin dei conti, due pesi e due misure è una delle tante locuzioni che ci proietta in tempi antichi fatti di mercanti e commerci in cui la frode e l’inganno erano sempre dietro l’angolo. Nel repertorio dei detti popolari redatto da Boggione e Massobrio (2004) figura una folta sezione dedicata alla frode nei commerci, la quale si divide tra massime rivolte ai compratori e monito per i commercianti stessi. Leggendo queste ultime, a parte i proverbi moralisti e che incentivano una condotta etica sul lavoro, in linea di massima si ha l’impressione che il mercante vivesse in un sistema fatto di raggiri:
Al peso che si compra, bisogna vendere
Pesa giusto e vendi caro
Caro mi vendi, e giusto mi misura.
Commerciante onesto conosce miseria
Tra verità e bugia si vende la mercanzia
Un mercante che non sia bugiardo può serrar bottega
Compra uno e vendi tre; se fai male apponlo a me [danne la causa a me]
Chi vende dà sette etti a tutti, otto a qualcuno, un chilo a nessuno.
Dieci once a tutti, undici a qualcuno e dodici a nessuno (Dodici once corrispondono a una libbra: il proverbio significa dunque che i commercianti non danno a nessuno il giusto peso di merce. Proverbi toscani [1871], 71: Il venditore poco onesto)
Chi ruba sul peso, da dieci ne guadagna sei (Chi non s’accontenta dell’onesto, perde il manico e il canestro)
Se vuoi vedere la faccia d’un ladro, guarda un mercante
Ebrei e rigattieri spendon poco e gabban volentieri
Guadagno con frode non ha pregio né lode
Guardati dalle bugie dei mercanti
Dove si vende si ruba
Chi usa bilance e pesi non vede mai paradiso
Infine nell’ambito giornalistico, verso la metà degli anni Novanta ha cominciato a comparire il sostantivo doppiopesismo, formato a partire da due pesi e due misure (o doppio peso e doppie misure). Il GDLI lo inserisce nel supplemento del 2004:
Doppiopesismo sm. Nel linguaggio politico e giornalistico, tendenza a valutare positivamente o negativamente una determinata opinione politica a seconda che sia espressa da esponenti di partiti più o meno vicini al proprio schieramento = comp. Di doppio e peso con riferimento ad ‘avere due pesi e due misure’.
È presente nel GRADIT, e oggi compare nel Vocabolario Treccani online, nel Devoto-Oli 2018 e nello ZINGARELLI 2019 mentre è assente nel Garzanti 2017. La parola ha circa 30.000 occorrenze sulle pagine in italiano (ricerca Google, 22/9/208) e la sua fortuna (soprattutto in ambito giornalistico) si evince anche dalla derivazione del sostantivo doppiopesista, inserito nel supplemento 2009 del GDLI e nel GRADIT (2007).
Nota biliografica:
A cura di Miriam Di Carlo
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
9 novembre 2018
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