Genere dei forestierismi

Da tempo ci giungono molte domande intorno al genere di questo o quel forestierismo in particolare e molti ne abbiamo trattati. In questo testo cerchiamo di dare le "linee guida" sulla questione in generale. 

Risposta

Il sistema dell’italiano prevede che il tratto del genere, maschile o femminile, sia specificato per ciascun nome che appartiene o entra a far parte del repertorio lessicale della lingua. Tale specificazione avviene attraverso un processo di assegnazione che segue determinati criteri. Il caso particolare che qui trattiamo riguarda i prestiti (o doni, come recentemente è stato proposto di chiamarli) integrali da lingue straniere, cioè quei forestierismi entrati nella nostra lingua senza aver subito modifiche grafiche o fonetiche. I dubbi più ricorrenti in materia riguardano, come prevedibile, gli anglismi e questo principalmente per due ragioni: la netta prevalenza nell’italiano contemporaneo di prestiti dall’inglese rispetto a quelli provenienti da altre lingue e la caratteristica del sistema inglese che non prevede la distinzione di genere (maschile o femminile) per i nomi che indicano referenti non sessuati. In questi casi, non potendosi attribuire il genere corrispondente al sesso del referente, operano prevalentemente due modalità a base semantica: assegnare il genere per analogia a quello di un iperonimo (un termine dal significato più ampio) già esistente nella lingua che riceve il prestito (come avviene, ad esempio, per i nomi di automobili, per cui sono tutti femminili anglismi come spider, citycar, station wagon), oppure assegnarlo in base al genere del nome che costituisce o viene individuato come traducente (anche non perfetto, ma percepito come molto vicino semanticamente al prestito stesso). Meno frequente (in particolare per gli anglicismi, che di rado terminano in vocale) l’applicazione del criterio fonologico, che tende ad assegnare il femminile ai nomi terminanti in -a (come è avvenuto per samba o tequila, maschili nel portoghese brasiliano e nello spagnolo del Messico).

Bisogna precisare che, in italiano, il maschile è il genere non marcato e quindi assegnato automaticamente quando non si applichi nessuna regola di assegnazione (né fonologica né semantica): per tracciare un quadro di come operano le regole di assegnazione del genere in italiano, sono stati quindi presi in esame i prestiti inglesi che abbiano ricevuto il genere femminile perché – come ha giustamente rilevato Anna Thornton (2003) – “se nessuna regola si fosse potuta applicare, la voce avrebbe ricevuto per default il genere maschile”. Da tali presupposti risulta come la regola sia solo apparentemente semplice. Il meccanismo infatti funziona quasi automaticamente quando i nuovi prestiti rientrino in una serie già stabilizzata, come quella delle automobili appena citata, oppure quando, per vicinanza etimologica, sia ben identificabile la parola italiana corrispondente. Quest’ultimo criterio si applica sia con parole come list, station, dance, zone, vicine etimologicamente all’italiano e quindi trasparenti nel significato, sia su parole derivate con suffissi riconoscibili come quelle in -ity, -ance, -tion, associabili ai corrispondenti in -ità, -anza e -zione che in italiano formano sempre parole di genere femminile. Pare che lo stesso criterio abbia agito anche sull’attribuzione del genere a Brexit in cui l’elemento exit, ben conosciuto e ben riconoscibile come corrispondente etimologico dell’italiano ‘uscita’, ha fatto prevalere il genere femminile. In tutti gli altri casi le associazioni tra prestito e traducente italiano (più o meno calzante) sono suscettibili di variazioni in base alle caratteristiche del parlante che compie l’associazione, in primo luogo al suo grado di conoscenza dell’inglese.

Per le ragioni appena esposte, nella fase di ingresso di un prestito inglese nella nostra lingua è abbastanza frequente assistere a oscillazioni nell’attribuzione del genere; tali alternanze nascono o da una non perfetta padronanza dell’inglese da parte dei parlanti o da associazioni a traducenti diversi (ovviamente anche di diverso genere grammaticale) dovute a sensibilità e percezioni linguistiche non omogenee; si tratta di oscillazioni peraltro non risolvibili neanche con la consultazione di un dizionario perché, in questa fase incipiente, molto spesso i prestiti non vi sono ancora registrati. Sono noti, perché ormai stabilizzati nell’uso, casi simili di iniziale alternanza del genere: mi riferisco, solo per fare alcuni esempi, a e-mail, che prima di assumere definitivamente (almeno come sembra) il genere femminile ha oscillato a lungo a causa del traducente ‘messaggio’ che sotto traccia orientava verso il maschile; e poi form, con i possibili traducenti ‘modulo’ (maschile) e ‘scheda’ (femminile). Attualmente form è presente solo in alcuni dizionari (tra cui il Devoto-Oli, che dall’edizione del 2016 lo registra come maschile invariabile); tra quelli in rete lo registrano solo la sezione dei neologismi (che lo classifica esclusivamente maschile) del Vocabolario Treccani e il GARZANTI che, pur indicando come traducente più adeguato il nome maschile ‘modulo’, lascia poi margini di scelta del genere marcandolo come maschile o femminile.

Un quadro analogo ci viene offerto dalla rete. Abbiamo impostato una ricerca con Google sulle pagine in italiano delle quattro possibili forme e si sono ottenuti i seguenti risultati (ricerca del 2.01.2017): il form ha 713.000 occorrenze, la form 225.000, i form 79.400, le form 18.300. Dunque prevalenza del maschile ma con il femminile che conserva ancora una buona fetta di preferenze. Simili alternanze nell’attribuzione del genere, con una tendenza che appare ormai orientata decisamente a favore del femminile (per analogia con l'italiano diapositiva), le troviamo per slide: il termine, inizialmente attestato come sostantivo maschile invariabile (GRADIT Grande Dizionario Italiano dell'uso, a cura di Tullio de Mauro, Torino UTET 2007, Vocabolario Treccani online e Sabatini-Coletti 2008), è passato a essere dato sia maschile che femminile (Devoto-Oli 2016), per poi essere registrato come solo femminile (ZINGARELLI 2016), a conferma di quello che si rileva anche dalla rete, dove l’uso del femminile prevale nettamente (230.000 risultati in italiano per "le slide", di contro a 5.320 per "gli slide", ricerca del 17.01.2017).

Le possibili oscillazioni connesse all’attribuzione del genere non investono solo gli anglismi di recente ingresso in italiano (si vedano ad esempio graphic novel, emoticon e smiley già trattati sul nostro sito), ma possono persistere anche in parole già acclimatate, e non solo inglesi. Per restare nell’ambito degli anglismi, un caso emblematico è Internet, cui è stato attribuito il maschile per default ma che continua a registrare usi al femminile sulla pressione della testa del composto net, ‘rete’ in italiano, e quindi di genere femminile. Anche showroom, altro anglismo stabilizzato, non risulta ancora del tutto “fermo” per quel che riguarda l’assegnazione del genere. È un caso interessante perché rientra nella serie dei composti con room, parola non legata etimologicamente con il corrispondente italiano e che può essere associata a più traducenti: benché i più immediati tra questi siano ‘camera’, ‘stanza’ e ‘sala’, tutti femminili, i composti con room sono registrati nei dizionari italiani prevalentemente come maschili; è probabile che abbia spinto in questa direzione il significato complessivo di ciascun composto, al quale, di volta in volta, è stato associato un traducente diverso. Questo vale per living room (‘soggiorno’), dining room (‘sala da pranzo’, ma anche ‘soggiorno’ per analogia su living room), grill room (‘ristorante’) e sitting room (‘salotto’) e anche lo stesso showroom, per il quale deve aver prevalso il significato esteso di ‘spazio espositivo’, ‘salone’.

Ci sono poi forestierismi di vecchia data come il francesismo flûte, maschile in quanto nome straniero, ma femminile per chi conosce bene il francese; o il tecnicismo climax, un grecismo utilizzato al femminile nell’ambito specialistico della retorica e al maschile negli usi più comuni per indicare, in maniera non del tutto precisa, ‘l’apice, il colmo’; e possiamo parlare di imprecisione anche per quello che è considerato oggi in ambito informatico il traducente più comune di font, ossia ‘carattere tipografico’, mentre nelle tipografie era in uso il genere femminile per assonanza con il francesismo fonte. Ancora oscillante il recente nipponismo emoji, dato come maschile dall’unico strumento in rete che tratta il termine (Enciclopedia di Scienza e tecnica della Treccani), ma con prevalenza di occorrenze al femminile in rete. A favore del maschile agisce senz’altro la scarsissima conoscenza del giapponese e quindi la tendenza ad assegnare il genere non marcato; per il femminile invece dobbiamo considerare l’accostamento con emoticon (per lo più femminile come icona e faccina).

Come si vede dunque, la questione dell’attribuzione del genere si ripropone, caso per caso, ogni volta che un forestierismo entra nell’uso: le strategie più utilizzate, cioè il richiamo al genere dell’iperonimo e l’associazione al genere della parola italiana più vicina semanticamente, non possono essere considerate alla stregua di regole vere e proprie perché nella loro applicazione intervengono variabili non sempre prevedibili, dal grado di conoscenza della lingua del prestito alla sensibilità linguistica di ciascun parlante. Potremo, come cerchiamo di fare in presenza di un nuovo forestierismo, spiegare quali sono i fattori che hanno prodotto prima l’oscillazione nell’assegnazione del genere e poi l’affermazione dell’uno o dell’altro, ma non sempre si può prevedere, con un buon margine di successo, quale genere assumerà un nuovo forestierismo.

 

Per approfondimenti:

Anna M. Thornton, L’assegnazione del genere ai prestiti inglesi in italiano, in Italiano e inglese a confronto, a cura di Anna-Vera Sullam Calimani, Firenze, Cesati, 2003, pp. 57-86.

 

A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

 

7 febbraio 2017


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