A proposito dell'associazione tramite la congiunzione e dei pronomi personali soggetto di prima e seconda persona singolare, molti utenti ci pongono due distinte domande: la prima riguarda la sequenza io e tu, accanto o in luogo di io e te, avvertita come "grammaticalmente corretta", per quanto "suoni male all'orecchio". La seconda questione riguarda piuttosto il "bon ton linguistico": non sarebbe meglio, sull'esempio di altre lingue, usare sempre l'ordine tu e io, invece dell'"egocentrico" io e te?
Io e te, io e tu o tu e io?
Sull'argomento proposto dal primo quesito ha scritto un articolo dal titolo Io e te Eduardo Blasco Ferrer ("Studi Linguistici Italiani", XVIII, 1992, pp. 45-71), nel quale, tra le altre cose, l'autore ripercorre la storia della non facile affermazione della sequenza io e te, già profondamente avversata come "un toscanismo insopportabile" negli anni postunitari da Graziadio Isaia Ascoli (citato dallo stesso Blasco Ferrer a p. 51):
ma se voi oggi insegnate agli italiani, che il modo: io e te quando ci si lamenta merita e deve soppiantare quest'altro: quando io e tu ci lamentiamo, voi date pien diritto ai vostri avversarj di rispondervi, che da pedante a pedante, meglio è la grammatica che lo sgrammaticare (Proemio all'"Archivio glottologico italiano", "AGI", I 1873, p. XXIII).
Usando le parole di Blasco Ferrer riproponiamo le tappe di questo percorso attraverso «che cosa dicono le grammatiche e i manuali del "buon uso"» (pp. 46-48), ritenendolo significativo non solo per la questione in particolare, ma anche come esempio di evoluzione della norma linguistica e del conseguente modificarsi dell'atteggiamento dei redattori di grammatiche.
«Non ho trovato nessuna menzione dell'accoppiamento io e tu (né del tipo alternativo io e te) avanti la metà degli anni Sessanta. Parla per primo di io e te, che io sappia, E. Paniate nella seconda edizione di Questa nostra lingua. Grammatica italiana con avviamento allo studio letterario per il primo biennio degli istituti medi superiori, Torino, Lattes, 1965: "[Si usa] te in funzione di soggetto quando è unito a io dalla congiunzione e: io e te frequentiamo la classe prima (ma se il pronome di seconda persona precede, e certamente è più riguardoso, si dice [...] tu ed io)" (p. 55). Parecchi anni più tardi anche Giulio e Anna Laura Lepschy notano, nel loro volume intitolato La lingua italiana. Strutture, varietà dell'uso, grammatica, Milano, Bompiani, 1981, che nel caso di accoppiamento del pronome di seconda persona con io in prima posizione, la forma te è "più comune" (p. 107)».
Tralasciamo di riportare un elenco di grammatiche che non citano il caso per cui si rimanda all'articolo in questione.
«Nel Si dice o non si dice? di Aldo Gabrielli (Guida pratica allo scrivere e al parlare, Milano, Mondadori, 1976) io e te è considerato "scorretto" alla stessa stregua di hai ragione te, vieni anche te.
Il fortunato Imparare di Cesare Marchi, Milano, Rizzoli, 1984, è ancora più deciso e mordente nel suo verdetto:
Dei pronomi personali, tu è il più vilipeso dal corrente linguaggio cinematografico, televisivo e salottiero; molti addirittura lo considerano dialettale, e pensano di ingentilire il loro eloquio esclamando: l'hai detto te; te, non ci devi pensare a queste cose; io e te, ci ameremo sempre. Te non è soggetto, e la sua sostituzione strisciante al tu in funzione di soggetto suona ancora come errore (p. 64).
È interessante il caso della Grammatica Italiana, Italiano comune e lingua letteraria di Luca Serianni, Torino UTET, 1988, e UTET Libreria 1989. Le modifiche apportate dall'autore nella seconda edizione, a un solo anno di distanza dalla prima, mi sembrano mettere in luce la difficoltà - in certi casi - di formulare una norma di riferimento che possa conciliare il peso della tradizione letteraria con le esigenze della comunicazione quotidiana.
Nell'edizione del 1988, p. 207 (cap. VII, § 14) il Serianni scrive:
In Toscana e anche altrove è comune te con funzione di soggetto (specie in frasi coordinate, quando il pronome di 2a persona sia al secondo posto: "io e te", "Ugo e te" [...]). È un modo caratteristico della lingua parlata, da non adoperare nello scritto tranne che non si voglia ricercare espressamente l'uso vivo, come in Collodi (Pinocchio, 74: "ma giudicandoti dalla fisonomia [sic], anche te mi sembri un cane di garbo") o in Cassola (La ragazza di Bube, 49: "Te pensa solo a tener ferma la valigia sul manubrio").
L'edizione del 1989 reca invece il testo seguente (pp. 241-42):
Piuttosto comune te con funzione di soggetto, che appare ormai la regola in frasi coordinate, quando il pronome di 2a persona sia al secondo posto: "io e te", "Ugo e te" [...]. In altre posizioni, si tratta di un modo caratteristico della lingua parlata, meno adatto per lo scritto tranne che non si voglia ricercare espressamente l'uso vivo [il resto come sopra].
La liceità di io e te (a differenza di vai te, ecc.) è riconosciuta anche nella Grammatica della lingua italiana di Marcello Sensini, Milano, Mondadori, 1990, p. 181:
Quando i pronomi io e tu sono usati insieme come soggetti, la forma più corretta è tu ed io con i due pronomi soggetti regolari. La lingua parlata, però, ha ormai imposto anche la forma io e te, con il pronome complemento te in luogo del pronome soggetto tu. Da evitare, perché di livello chiaramente familiare, forme come vai te, vieni anche te, prendine un po' anche te, dove te invece di tu è un vero e proprio errore.
Si mostra apodittica nella sua scelta, e giunge perfino a cassare la struttura tradizionale io e tu dall'elenco delle forme accettabili, Patrizia Cordin nella sezione dedicata ai pronomi della Grande grammatica italiana di consultazione a cura di Lorenzo Renzi, vol. I (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), Bologna, Il Mulino, 1988, p. 537:
Si noti che, nel caso di coordinazione tra un sintagma nominale (o un pronome) e un pronome di seconda persona sing., entrambi in funzione di soggetto, la forma impiegata per il pronome di II persona è quella nominativa, se il pronome precede l'altro sintagma, ma quella del complemento, se il pronome segue l'altro sintagma: Tu ed io andremo insieme a Roma; Io e te andremo insieme a Roma; *Io e tu andremo insieme a Roma; Tu e Giorgio dipingerete la libreria; Giorgio e te dipingerete la libreria; *Giorgio e tu dipingerete la libreria» [dove con * si indicano le frasi non possibili].
Secondo Blasco Ferrer "il rifiuto di io e tu appare ingiustificato, e, quel che è peggio, introduce un dannoso contrasto fra tradizione letteraria e (nuova) norma dell'uso".
Aggiungiamo solo una citazione da Maurizio Dardano, Pietro Trifone, La nuova grammatica della lingua italiana, Zanichelli, 1997, pubblicata successivamente all'articolo di Blasco Ferrer, p. 237:
L'impiego di te come pronome soggetto è caratteristico di più varietà regionali di italiano, fra cui quella toscana (te vai via, te non fai mai quello che ti dico). Te in funzione di soggetto è diffuso anche nell'uso più formale in frasi con due soggetti coordinati, quando il pronome di seconda persona singolare sia al secondo posto (io e te, Marco e te allato a tu e io, tu e Marco).
Come si vede io e tu sembra essere scomparso, benché Blasco Ferrer così esordisse nel suo articolo: "La norma ufficiale prescrive io e tu, ma al tempo stesso io e lui. Il registro colloquiale [...], predilige io e te in Toscana, nell'Italia mediana, in Sardegna e nell'Italia settentrionale; non tuttavia nell'Italia meridionale, che rimane ferma a io e tu (si pensi per esempio alla canzone Io mammata e tu)" (p. 46), testimoniando un sussistere della sequenza nel sud della penisola.
Grazie a LinCi L'Italiano delle Città, progetto cofinanziato dal MIUR e coordinato da Teresa Poggi Salani, tendente a definire le dinamiche di variazione dell'italiano di comunicazione nelle sue varietà regionali, in particolare nel contesto urbano, abbiamo ulteriori dati risalenti ai primissimi anni di questo secolo: le 18 città finora indagate mostrano pressoché esclusivo l'uso di io e te, almeno nel parlato; e solo a Nuoro (e non a Roma, Latina, L'Aquila, Lecce o Catania le città che costituiscono l'attuale testimonianza centromeridionale di LinCi) è registrata la sequenza io e tu.
Per concludere, se anche non possiamo certo ritenere scorretta la sequenza io e tu, in luogo di io e te o di tu e io, pensiamo che si tratti di una possibilità della norma ormai destinata a perdersi.
Per ciò che riguarda la seconda questione riportiamo le parole di Luca Serianni, il quale, nella sua già citata Grammatica italiana, trattando delle forme toniche dei pronomi personali , scrive: «Quanto alla collocazione, il pronome io, trovandosi con altri soggetti (nomi o pronomi), si pone spesso all'ultimo posto ("Anna, Mario ed io"), ma può anche trovarsi in posizione iniziale o, se i soggetti sono più di due, in posizione interna (quindi: "io, Anna e Mario", "Anna, io e Mario", ecc.). In uno spoglio di 85 esempi tratti da narratori contemporanei, Brunet 1985: 6 [Jacqueline Brunet, Grammaire critique de l'italien, 8 (Les pronoms personnels), Parigi, Università di Parigi VIII, Vincennes] ha contato 57 casi del tipo mio padre ed io e 28 del tipo io e mio padre. Spesso la posizione iniziale del pronome io manifesta l'importanza che chi parla o scrive attribuisce (più o meno consapevolmente) a sé stesso rispetto agli altri; significativo il titolo d'un film di A. Blasetti del 1966: "Io, io, io... e gli altri". In italiano quindi non abbiamo una norma specifica riguardo all'ordine dei pronomi, come si verifica per esempio in inglese e spagnolo: anche se è preferibile, per una forma di cortesia, usare io in fine di sequenza, si può usarlo in qualsiasi posizione, compresa la prima» (cap. VII § 12, p. 241, ed. 1988).
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
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4 giugno 2010
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