Un lettore di Oristano ci chiede se sia corretto omettere la preposizione da in una frase come lo possiedo dieci anni, che riscontra in Sardegna col valore di “lo possiedo da dieci anni”.
L’omissione delle preposizioni è un fenomeno piuttosto diffuso nell’italiano contemporaneo e si verifica in diversi contesti sintattici. Avviene più frequentemente tra due nomi, come ad es. in bici (da) donna o tribuna (delle) autorità, specialmente in varietà di lingua e tipi di testo che si caratterizzino per una certa immediatezza ed efficacia comunicativa, quali la lingua della pubblicità, la prosa giornalistica, i linguaggi di mestiere e le comunicazioni di servizio. Ma può occorrere altresì, ad esempio, fra una principale e una subordinata, quando la preposizione sia l’introduttore di una completiva di modo non finito; come in non sopporto (di) stare in casa o, anche in registri alti, aborriamo (dal) porgere aiuto.
Il fenomeno è favorito dal fatto che le preposizioni – specialmente quelle monosillabiche, e in particolare quelle più frequenti: di, a, da – contribuiscono solo in parte, e spesso in modo non essenziale, al significato dei sintagmi o delle frasi nelle quali compaiono. Al contrario, è spesso la stessa semantica delle preposizioni a essere determinata dai contesti sintattici di occorrenza. Le preposizioni hanno infatti significati piuttosto generici, e in più contesti funzionano come semplici elementi di raccordo tra costituenti; non a caso, uno stesso complemento può essere retto da preposizioni differenti (es. si scia anche d’estate/in estate; v. anche, su questo sito, la scheda Uso delle preposizioni) e una stessa preposizione può reggere complementi diversi (es. piango di gioia, esco di casa, parlo di te, ecc.).
In vari contesti, quindi, l’omissione di una preposizione non dà luogo ad ambiguità interpretative. Da questo punto di vista è emblematico il caso delle determinazioni di tempo, la cui particolare trasparenza semantica rende spesso superfluo l’impiego di una preposizione. La reggenza non preposizionale è ad esempio consueta con i nomi dei giorni della settimana, es. torno (di) martedì, e con un complemento di tempo continuato, es. aspetto (per) tre giorni; anche in presenza di preposizioni polisillabiche, es. la luce è rimasta accesa (durante) tutto il giorno. Con certi avverbiali temporali, inoltre, il ricorso a una preposizione non è previsto; es. parto oggi/questa settimana/ogni giorno (fanno eccezione alcuni usi regionali; si veda ad es. la locuzione avverbiale di oggi nell’italiano del Piemonte)
Casi del tipo di ce l’ho dieci anni, nel senso di “ce l’ho da dieci anni”, osservabili nell’italiano di Sardegna, costituiscono appunto una fattispecie dell’omissione di preposizioni con complementi di tempo continuato. Per casi come questi è ipotizzabile un’interferenza di sostrato. Lo stesso tratto è appunto riscontrabile in sardo; in varietà settentrionali di logudorese, ad esempio, si può avere custa cianchetta l’appo degh’annos, letteralmente “questa giacca l’ho dieci anni”. Il fenomeno, inoltre, si presenta più regolarmente quando nell’enunciato vi è un avverbio fasale, che esplicita il valore di tempo trascorso; v. ad es. custa cianchetta l’appo già degh’annos, letteralmente “questa giacca l’ho già dieci anni”. Di contro, però, nell’italiano di Sardegna – così come nell’italiano standard – un enunciato come aspetto dieci anni non ha il valore di “aspetto da dieci anni” ma è da intendere nel senso di “aspetto per dieci anni”; e lo stesso può dirsi per il corrispondente aisetto degh’annos in varietà settentrionali di logudorese (es. tue ses maccu si pensas chi aisetto degh’annos! “tu sei matto se pensi che aspetto per dieci anni”).
L’assenza di da in una frase quale ce l’ho dieci anni (per “ce l’ho da dieci anni”) rappresenta insomma una manifestazione specifica, propria di una certa varietà regionale, di un fenomeno in realtà panitaliano: l’omissione di preposizioni in particolari contesti sintattici. A differenza, tuttavia, di altre determinazioni di tempo non introdotte da preposizioni (come ad es. in torno martedì, aspetto tre giorni o parto oggi, v. sopra), casi del tipo di ce l’ho dieci anni non sono previsti esplicitamente dalle grammatiche dell’italiano; si veda ad es. L. Serianni, Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, Torino, UTET 1989; M. Dardano & P. Trifone, Grammatica italiana. Con nozioni di linguistica, Milano, Zanichelli 1995; L. Rizzi, “Il sintagma preposizionale”, in L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. I, Bologna, Il Mulino 2001, pp. 521-545. Casi come questo, d’altra parte, non compaiono nemmeno nei corpora di riferimento per l’italiano scritto, quali CORIS, COLFIS o Corpus la Repubblica. Nell’italiano di Sardegna, forme del tipo di ce l’ho dieci anni sono comunque più frequenti nel parlato conversazionale e nelle varietà di semicolti; nel parlato formale, per lo meno di soggetti colti, prevale la forma panitaliana ce l’ho da dieci anni.
Massimo Cerruti
15 novembre 2018
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