Una delle questioni più frequentemente sollevate nei quesiti che ci vengono rivolti è quella riguardante i neologismi: ci è sembrato quindi utile fornire un inquadramento generale del problema riproponendo quanto Raffaella Setti ha scritto su La Crusca per voi n. 28 (aprile 2004).
Nascita e diffusione di nuove parole
«Ilaria Bernardini ci domanda quale sia la procedura per far entrare nell'uso corrente una parola di nuova formazione.
La nascita e la diffusione di nuove parole è uno dei fenomeni che, con più evidenza, mostra la vitalità e creatività di una lingua. Proprio su questo aspetto, su queste stesse pagine (nel n. 3, ottobre 1991, p. 5), aveva puntato l'attenzione Maria Luisa Altieri Biagi e il discorso prosegue sullo stesso tenore nell'articolo di Valeria Della Valle e Giovanni Adamo che proponiamo in apertura di questo numero. La domanda che ci viene posta sembra far riferimento alle parole create per denominare oggetti o concetti nuovi, quindi ad un'operazione di "invenzione", quella che tecnicamente viene indicata con il termine onomaturgia: fu Bruno Migliorini nel 1975 a creare il termine onomaturgo per indicare colui che conia una nuova parola. Lo stesso Migliorini aveva suggerito qualche anno prima il criterio dell'"uso incipiente" per cercare di documentare le nuove parole che presentavano caratteristiche tali da farne presagire una diffusione ampia nell'uso vivo della lingua e quindi un definitivo ingresso nel repertorio lessicale dell'italiano.
L'esigenza di trovare una nuova parola, senza considerare in questa occasione l'acquisizione di elementi nuovi da altri sistemi linguistici, può nascere da molti e diversi motivi, come la necessità di denominare nuovi oggetti, nuove operazioni, di dare maggiore espressività e incisività ad un testo o anche semplicemente di essere originali ed eccentrici; ma la creazione di una nuova parola non ne garantisce il successo nell'uso che è condizione indispensabile alla sua affermazione. La formazione di una nuova parola può avvenire attraverso la composizione di elementi lessicali e morfologici preesistenti nella lingua (come tutte le formazioni prefissate o suffissate del tipo antipirateria e medicalità), mediante il cambiamento di categoria grammaticale (molti sono ad esempio i casi di participi presenti sostantivizzati del tipo utente, mordente) o in seguito allo spostamento di significato di una parola già esistente (come ad esempio navigare nel linguaggio informatico).
L'utilizzo di elementi già presenti nella lingua e il rispetto delle regole di formazione costituiscono una premessa necessaria, ma non sufficiente, a garantire il radicamento del neologismo nell'uso. Di frequente assistiamo al lancio di nuove parole del tutto effimere, legate a un particolare prodotto, a una campagna pubblicitaria di successo, ma limitata nel tempo e quindi incapace di far penetrare le nuove parole nella comunicazione corrente: qualcuno ricorderà la martellante campagna pubblicitaria di una nota autovettura definita comodosa, risparmiosa e questi aggettivi, con la loro modalità di formazione col suffisso -oso/a dello stesso tipo di amoroso, famoso, prestigioso, ecc., entrarono per un periodo nel linguaggio comune, ma ne uscirono anche abbastanza velocemente; un caso analogo più recente può essere considerata la pubblicità di un'altra marca automobilistica, in cui le parole macedonia sigile (per 'sicura e agile'), semplogica ('semplice e tecnologica'), modtro ('moderna e retro'), emotica ('emozionante e pratica') paiono destinate alla stessa sorte, anche se potrà forse essere riutilizzata la modalità di formazione in altre trovate pubblicitarie.
Anche i linguaggi specialistici sono una fucina di nuovi termini, tecnicismi che rappresentano un'ampia percentuale all'interno dei repertori neologici: in questo caso si tratta, per lo più, di parole destinate a circolare in ambiti ristretti e specialistici che difficilmente, in seguito ad una banalizzazione del loro significato originario che ne favorisce l'allargamento della sfera d'uso, entrano nella comunicazione corrente in maniera tanto capillare da diventare patrimonio della lingua di tutti (o di molti).
Nella seconda metà del Novecento, l'interesse per la neologia ha percorso la strada della "registrazione" più che della censura puristica, per cui sono stati compilati moltissimi repertori di neologismi, in particolare negli ultimi decenni: i criteri di compilazione più consolidati prevedono la lemmatizzazione delle parole ormai acclimatate o di quelle che hanno possibilità di entrare stabilmente nella lingua, corredate di attestazioni, volte a documentare l'anno della prima comparsa del termine. È evidente quindi come i nodi più complicati da sciogliere siano proprio la prima attestazione, e i tempi e la modalità di inserimento nella lingua d'uso: il primo punto è di semplice risoluzione solo nel caso di parole "d'autore", mentre in tutti gli altri casi, forestierismi, dialettalismi, voci dei linguaggi settoriali, è difficile risalire alla "data di nascita", come dimostrano le molte retrodatazioni che spesso seguono l'uscita delle raccolte di neologismi; anche la questione della "durata" dello status di neologismo non è di facile risoluzione: la circolazione e circolarità dell'informazione produce spesso effetti di distorsione, per cui si possono percepire come nuove parole che in realtà esistevano nella lingua ma, rimaste latenti per un periodo o limitate a determinati ambiti, riemergono con una nuova forza di penetrazione.
Queste poche considerazioni per dire alla nostra lettrice che non c'è una procedura stabilita per la coniazione e diffusione delle nuove parole. Ci sono semmai condizioni che favoriscono alcune formazioni piuttosto che altre e ci sono alcuni appigli, come le attestazioni scritte e la registrazione delle nuove voci nei vocabolari, per verificare l'acquisizione effettiva di una parola nel repertorio lessicale comune».
Raffaella Setti
16 gennaio 2009
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