Sono arrivate in redazione moltissime richieste, tutte diverse tra loro, ma tutte riconducibili alla questione dei procedimenti di formazione di nuove parole e a quella della distinzione tra nomi primitivi e nomi derivati.
Nomi primitivi e derivati
Il lessico di una lingua viva rappresenta un sistema aperto, cioè un insieme che, da un lato, si arricchisce continuamente di nuovi elementi e dall'altro perde nel tempo quelle parole che cadono in disuso. L'insieme delle parole disponibili nel repertorio dei parlanti comprende uno strato di parole primitive (o semplici o parole di base) e uno strato di parole derivate (o complesse), formate sulla base delle parole primitive secondo regole di formazione interne di cui ciascuna lingua dispone.
Da una parola primitiva, come ad esempio carta, si può formare un'intera famiglia di parole derivate come cartina, cartolina, cartella,cartoleria, cartolaio, cartiera, ecc. e di parole composte come cartapesta, cartamoneta, fermacarte, tagliacarte, ecc.
I procedimenti principali di formazione di nuove parole sono la derivazione e la composizione: la derivazione prevede l'aggiunta di uno o più affissi (prefisso, infisso, suffisso) a una parola di base (ad esempio da tavolo con l'aggiunta del prefisso in- e del suffisso verbale -are intavolare); la composizione prevede l'unione di due o più parole di base (ad esempio da pesce + spada pescespada). Possono funzionare da base anche parole derivate o composte: primatista è derivato sulla base primato che a sua volta è derivato da primo; guardarobiere è derivato sulla base del composto guardaroba.
La formazione delle nuove parole non è però riducibile a un procedimento puramente formale di aggiunta di elementi a una base di partenza. La competenza del parlante permette di riconoscere il rapporto semantico che lega un derivato o un composto alle parole base di partenza: così è immediatamente trasparente che mattone non è un alterato da matto così come magone non ha niente a che fare con mago...
Nel processo di derivazione si distinguono due modalità: l'alterazione e la trasposizione. L'alterazione modifica alcuni tratti del significato della parola di base che però conserva la categoria grammaticale e il significato di fondo: una tazzina (sostantivo) è piccola, ma è sempre una tazza (sostantivo); salterellare (verbo) indica un modo particolare di saltare (verbo).
La trasposizione invece produce un cambiamento più radicale sul contenuto semantico della parola: un giornalaio ad esempio è una persona che ha a che fare con i giornali perché li vende; disfare indica l'azione opposta rispetto al verbo base fare. Spesso la trasposizione provoca anche il passaggio da una categoria grammaticale a un'altra: dal nome al verbo come da canto cantare, da onda ondeggiare; dall'aggettivo al verbo come da scuro scurire; da veloce velocizzare; dal verbo all'aggettivo come da realizzare realizzabile, da lodare lodevole; dall'aggettivo al nome come da bello bellezza, da sereno serenità, da triste tristezza; dal nome all'aggettivo come da gioia gioioso, da velluto vellutato. Si può avere anche il passaggio dal verbo al nome e questo può avvenire secondo due modalità di derivazione: o con l'aggiunta di un suffisso (i più produttivi sono -zione: lavorare lavorazione; -aggio: montare montaggio; -mento: insegnare insegnamento; -ura: aprire apertura; -anza, -enza: abbondare abbondanza, diffidare diffidenza; -ìo: cigolare cigolio; -ato, -ito, -ata, -uta, -ita trattare trattato, udire udito, telefonare telefonata, battere battuta, dormire dormita) oppure con la derivazione cosiddetta a suffisso zero in cui la forma della prima o della terza persona singolare del presente indicativo del verbo assume la funzione di sostantivo autonomo: da appellare appello, da comandare comando, da manovrare manovra, da rettificare rettifica.
Una richiesta specifica riguarda i nomi collettivi e, in particolare, se questi siano sempre primitivi. I collettivi sono quei nomi che, anche alla forma singolare, rimandano a un referente composto da più elementi, quindi parole come gruppo, insieme, gregge, mandria ecc. Se i nomi esemplificati sono in effetti tutti primitivi, non è però una regola generale e molti nomi collettivi sono invece derivati come ragazzaglia, fogliame, pineta, aranceto, ecc.
Un altro dubbio che può sorgere di fronte a più parole derivate dalla stessa base può essere quello dell'ordine cronologico con cui si sono susseguite: in questi casi è utile la consultazione di un dizionario etimologico che riporta la forma base e all'interno della voce tratta tutti i derivati e composti relativi. Un'ulteriore conferma ce la fornisce la datazione della prima attestazione della parola: naturalmente la forma con la datazione più antica sarà la base su cui si sono formati i derivati o i composti. Ad esempio, aprendo un dizionario etimologico alla voce carta possiamo vedere che la parola carta è datata al 1294, cartolaio col significato di 'chi vende carta e oggetti per scrivere' al 1387, cartolina col significato di 'piccola carta, biglietto, foglietto scritto' al 1476, incartare al 1598, incarto come 'involucro di carta che avvolge un prodotto' al 1812 e incartamento nel significato moderno di 'insieme di carte, atti e documenti che riguardano una determinata pratica, per lo più riuniti in un fascicolo', al 1855: si può ricostruire così la cronologia dell'insieme delle parole derivate dalla base carta. In questo esempio si nota come incarto, il derivato a suffisso zero, sia molto successivo rispetto alla base del verbo incartare; se però prendiamo, ad esempio, blocco e bloccare vediamo che nel dizionario etimologico sono datati ambedue al 1644, segno che il deverbale a suffisso zero è nato contestualmente al verbo base.
Per approfondimenti:
Dizionari etimologici
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
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