In occasione del Natale proponiamo ai nostri lettori una sintesi di un intervento dal titolo L'Atlante Lessicale Toscano e le tradizioni popolari della rimpianta Gabriella Giacomelli, datato 1999, mai pubblicato. I dati commentati da Giacomelli sono quelli raccolti dal progetto L'Atlante Lessicale Toscano, i cui risultati sono ormai disponibili in rete, e riguardano la tradizione toscana del ceppo natalizio, recentemente trattata anche dal Presidente dell’Accademia con riferimento al Vocabolario dell’uso toscano di Pietro Fanfani.
Nel corso delle inchieste svolte nei 224 centri della Toscana dal 1973 al 1984 è stata posta la domanda "semasiologica" ceppo, si chiedeva cioè agli intervistati se conoscessero questa parola e quali fossero i suoi significati; in particolare interessava l'uso di ceppo in accezioni legate alle feste del solstizio invernale: 'vigilia di Natale', 'giorno di Natale' e 'regalo di Natale'. Il testo di Gabriella Giacomelli costituisce l'analisi delle risposte ottenute.
«Ad esclusione della zona lunigianese il riferimento al tempo natalizio è stato trovato dovunque, anche se il giorno o il limite del periodo varia, dalla sera della vigilia e dalla notte tra il 24 e il 25 [...] all'intero arco natalizio, come a Orsigna, PT. Si comprende così come ceppo possa indicare anche, a Greve, FI, il 'giorno di S. Silvestro', o addirittura, a Pomonte nell'isola d'Elba, 'il giorno di Capodanno' e come a Celle sul Rigo, GR, ceppo di pasqua significhi 'Epifania' (a Marciana, nell'Elba, più chiaramente ceppo di befana); ricordiamo anche ceppino, 'giorno di S. Stefano' in diverse località.
Ma i dati più interessanti sono quelli legati a un significato prossimo a quello originario, cioè al grosso ceppo di albero (il termine ceppo, ricordiamolo, rappresenta lo svolgimento ininterrotto del latino cippus) posto a bruciare nel focolare: qualcosa di quotidiano, quindi, ma che nella "notte santa" si carica di valori sacrali. Valori antichissimi, certo precristiani, cristianizzati poi, come spesso accade, in leggende e usi tradizionali: il ceppo doveva ardere per tutta la notte (a S. Pellegrino in Alpe, nelle montagne lucchesi, per tre giorni consecutivi), per riscaldare il piccolo Gesù, come a Chiusi della Verna, o perché la Madonna potesse far asciugare i pannolini, come a Fauglia, PI, e a Borgo alla Collina e Castel Focognano, in Casentino. È in provincia di Arezzo che la sacralità del ciocco natalizio sembra essersi conservata meglio, anche nelle sue potenzialità propiziatorie (fino a non molti decenni fa a Caprese Michelangelo e a Pieve S. Stefano se ne conservavano le ceneri per proteggere i campi dagli insetti o dai fulmini): ma proprio nella zona aretina [...] gli è stata attribuita anche la funzione (che altrove è di S. Nicola, di Santa Lucia o dello stesso Gesù Bambino, o anche della vecchia dell'Epifania) di soddisfare i desideri dei piccoli i quali, frugando tra la cenere o battendo addirittura il grosso tronco, trovavano, messi di soppiatto dagli adulti, i regali che il ceppo aveva "cacato". L'usanza (non il verbo!) si ritrova sia pur raramente anche altrove, da Licciana Nardi, in Lunigiana, alla garfagnina Pieve Fosciana, a Chiusure d'Asciano, SI, a Manciano e Capalbio, GR. In tre nuclei territoriali – in Val Tiberina (e a Castiglion Fiorentino), nella zona di Volterra, nel senese sudorientale (e presumibilmente a Castagneto Carducci) – per ceppo è stata data addirittura la definizione di Babbo Natale: non saprei dire se si tratta di una identificazione con una figura "moderna" della valenza del ciocco o della personificazione del Natale messo al pari con la Befana portatrice di doni.
La questua natalizia di adulti che chiedevano il ceppo a Marciana nell'isola d'Elba si ricollega alle Befanate: potremmo domandarci se proprio da queste questue si sia sviluppato il significato così diffuso di 'regalo di Natale'. Ma l'usanza delle strenae come 'augurio' ma anche 'regalo di Capodanno' era già dei Latini e probabilmente è rimasta nella tradizione, anche se in condizioni di difficoltà o addirittura di miseria è stata limitata a casi specifici [...].
Il significato di 'regalo di Natale' sembra più compatto nel lucchese, meno nel pisano-livornese e nel fiorentino: invece nell'ovest della Toscana – almeno nelle zone non di montagna – si fa raramente riferimento al ceppo tradizionale. Col valore di 'dono natalizio' il termine è spesso specializzato per il regalo che il fidanzato in quel giorno faceva alla fidanzata e che lei ricambiava per l'Epifania (perché chi non inceppa, non imbefana, come recita un proverbio reperito alcune volte sia a nord sia a sud [...]). In altri casi sono state registrate specificità diverse, come 'dono del contadino al padrone a fine d'anno' a Quercegrossa, SI, o come 'mancia natalizia' (quindi con un movimento pressappoco inverso) in zona lucchese-pistoiese o 'regalo dei fornitori ai clienti', all'Elba (La Pila) e a Porto S. Stefano, sull'Argentario; nell'aretino invece [...] troviamo precisato 'regalo per i bambini' (a Sasso d'Ombrone, GR, sono all'opposto i bambini che offrono un ceppo di legno a una persona importante).
[...] Rimane da spiegare lo sviluppo semantico della parola ceppo: perché la Toscana, unica regione in Italia anzi in Europa, definisce il 25 dicembre con il termine relativo al ciocco bruciato, come dappertutto, nelle feste del solstizio invernale? Infatti la carta 782 dell'AIS 'ceppo di Natale', presentandoci in tutta l'Italia la tradizione, ce ne offre anche le varie denominazioni: il tipo CIOCCO che prevale al nord del paese, il tipo CEPPO che prevale al centro e al sud (seguiti o no della determinazione DI NATALE) valgono per questo oggetto, ma nella carta 781 'Natale' questo termine solo in Toscana resta lo stesso. E nella carta 59 dell'ALEuna motivazione simile isola la nostra regione nel complesso europeo. Solo in Toscana quindi il 'pezzo di legno natalizio' (definito naturalmente secondo i vari dialetti e le varie lingue) viene a indicare anche la festa (o, abbiamo visto dall'ALT, il periodo della festa).
[... ] Probabilmente la spiegazione è semplice, quasi banale: ceppo costituisce l'abbreviazione, concentrata sull'elemento marcato del sintagma, di la .festa del ceppo (che l'AIS 781 registra a Cortona) o meglio di Pasqua di (del) ceppo (di cui la stessa carta ha quattro attestazioni, mentre l'ALT lo registra a Montalcino). Era infatti il ceppo che distingueva questa dalle altre "pasque" dell'anno, come la Pasqua d'ova e la Pasqua di rose».
Nota bibliografica:
Piazza delle lingue: La variazione linguistica
22 dicembre 2015
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