Il troppo stroppia o storpia?

Valentina P. (Pesaro), Attilio I. (Cesena) e Francesco Z. (Rovigo) ci chiedono se è più corretto dire il troppo stroppia o il troppo storpia; inoltre vorrebbero informazioni sulle origini di questa espressione e su quale delle due forme sia nata per prima.

Risposta

Il troppo stroppia o storpia?

Il troppo stroppia (o storpia) è un noto proverbio usato in tutta Italia per indicare la negatività di ogni eccesso, come spiega Carlo Lapucci nel suo Dizionario dei proverbi italiani:

 

Il troppo stroppia. L’abbondanza esagerata, la grande fortuna, la ricchezza smodata possono diventare controproducenti. Ogni eccesso è negativo. Espressione molto comune che usa ancora il verbo stroppiare, variante di storpiare antica e popolare, chiaramente influenzata da un accostamento a “troppo”. Il proverbio che significa propriamente che l’eccesso guasta tutta la quantità, la deforma, la sciupa o corrompe, viene inteso comunemente come se la quantità stessa non ne permettesse la gestione, l’utilizzo, il contenimento intendendo il verbo derivato da “troppo”. Così si dice: Il troppo è troppo; Ogni troppo è troppo.

 

Come già anticipa la glossa di Lapucci, il verbo stroppiare è la variante popolare di storpiare. Tutti i vocabolari dell’italiano contemporaneo, infatti, mettono a lemma la voce storpiare e segnalano stroppiare come variante popolare con metàtesi, che è il fenomeno fonetico per cui uno o più suoni possono cambiare posizione all’interno di una parola (particolarmente frequente in presenza di una laterale /l/ o di una vibrante /r/, come ad esempio frumento > furmento ecc.).

Per quanto riguarda l’etimologia del verbo storpiare, gli studiosi non sono concordi: il DELI mette in collegamento il verbo con un latino volgare *stroppeāre, adattamento fonetico dal greco strophéō (con il significato di ‘storcere, slogare’); Nocentini, nel suo Etimologico, fa derivare il verbo dal latino volgare *distŭrpiāre, variante popolare di DETŬRPĀRE ‘sfigurare’, a sua volta derivato di TŬRPIS ‘brutto, vergognoso, indecente’.

Mentre i vocabolari registrano entrambe le forme verbali, le raccolte paremiologiche registrano sempre il troppo stroppia, affiancandolo soltanto a volte alla variante con il verbo storpiare. La preferenza per la forma metatetica stroppiare, nel proverbio, è dovuta sia alla matrice orale e popolare dell’espressione sia, probabilmente, al gioco che si viene a creare per la vicinanza di suoni tra stroppiare e troppo, come già notato da Lapucci. Come si sa, gli effetti di paronomasia sono molto diffusi nelle espressioni proverbiali (basti pensare a chi non risica non rosica, volente o nolente, chi dice donna dice danno, capire fischi per fiaschi ecc.) e a volte possono incidere anche a livello semantico: il verbo stroppiare, che significa ‘deformare, rovinare, danneggiare’, è qui interpretato come sinonimo di ‘esagerare, essere troppo’, cioè come se la s- iniziale del verbo fosse un prefisso intensivo (simile a sbattere rispetto a battere). In questo caso si può parlare di vera e propria attrazione paronimica, fenomeno per cui si attribuisce un significato simile a due termini che invece si somigliano solo formalmente. Non a caso una delle varianti che nelle raccolte di proverbi è associata a il troppo stroppia è proprio il troppo è troppo.

La prima attestazione del nostro proverbio è ottocentesca e si trova nei due manoscritti della Raccolta di proverbi toscani di Giuseppe Giusti (databili tra il 1836 e il 1845), custoditi nell’archivio storico dell’Accademia della Crusca e di cui Elisabetta Benucci ha curato recentemente l’edizione critica. Per questo proverbio Giusti ha scritto anche un approfondimento nelle Illustrazioni di cui vale la pena riportare l’incipit.

 

Il troppo stroppiaIl troppo è troppo
Del male ognuno lo sa; ma anco il bene quando passa i limiti, o scema di valore o induce a sospetto; e quando eccede cangiata in vizio la virtù si vede.
A un amico che per tenerezza non vi lascia mai un’ora libera, a un consigliere che per avergli dato retta una volta s’è fitto in testa di farvi da padre e vuole che in tutto andiate avanti col suo itinerario, non si potrebbe cantare questo proverbio senza taccia di durezza o di ritrosia? 

 

Come si vede, al proverbio è già associata la variante il troppo è troppo; segue la spiegazione in cui Giusti cita anche alcuni versi di un’opera di Pietro Metastasio (Artaserse, II atto, scena XII, 1730): "e quando eccede / cangiata in vizio la virtù si vede".
I primi esempi letterari del proverbio sono tardo-ottocenteschi e riportano la forma popolare, catalogata dal Giusti e registrata anche dai vocabolari. Così Giovanni Verga nella novella L’opera del Divino Amore della raccolta Don Candeloro & C (1894):

 

Bellonia intanto per spuntarla pensò di mutar registro. Demonio incarnato, si mise a fare la santa, cadendo in estasi ogni quarto d’ora, presa dagli scrupoli se le toccavan una mano, facendo chiamare in fretta e in furia Don Matteo Curcio al confessionale due o tre volte al giorno, come se fosse in punto di dannarsi l'anima, per dirgli invece delle sciocchezze, tanto che il pover'uomo ci perdeva il latino e la pazienza.
– Figliuola mia, il troppo stroppia. Questo è opera della tentazione.

 

Ma la variante il troppo storpia non è del tutto assente in letteratura. Dalla ricerca nella banca dati della Biblioteca italiana risulta attestata solo una volta nel racconto L’abate «Castagna» di Luigi Capuana (1902). In questo caso però si potrebbe pensare che la scelta sia dovuta a ipercorrettismo: nel tentativo di italianizzare una forma sentita troppo vicina al dialetto (cfr. ṣṭṛuppïari nel Vocabolario siciliano), l’autore tra le due forme del verbo sceglie quella standard.

 

Sicuro, la grazia dell'anima era una bella cosa; ma la gente doveva pensare anche al corpo e non poteva star dietro a lui a recitar rosari, a udir messe e prediche, a far novene e tridui a questo e a quel santo!... Fin il prevosto gli raccomandava un po’ di prudenza nello zelo.
– Il mondo vuol esser preso pel suo verso. Pensate a guadagnarvi il paradiso per voi. Il troppo storpia!

 

È interessante notare che in entrambi i casi il proverbio è messo in bocca a un personaggio che commenta un eccesso di zelo e ne fa la morale proprio ricorrendo, come è solito, a una sentenza proverbiale.

Ancora oggi il proverbio è molto diffuso ed è presente in rete in entrambe le forme: il troppo stroppia è comunque molto più frequente di il troppo storpia (703.000 occorrenze della prima contro le 213.000 della seconda, in Google al 6 giugno 2013).

Si può concludere quindi che la forma standard, e quindi corretta, del verbo è storpiare, e stroppiare è la sua variante popolare; ma nel proverbio i ruoli si invertono: la forma popolare il troppo stroppia, che è quella più diffusa, è anche quella corretta perché rispetta la natura dei proverbi che esprimono sempre la “voce del popolo”. E qui ci fermiamo perché non vorremmo essere redarguite con lo stesso proverbio di cui abbiamo provato a dare qualche spiegazione.

 


Per approfondimenti:

  • V. Boggione e L. Massobrio, Dizionario dei proverbi. I proverbi italiani organizzati per temi. 30.000 detti raccolti nelle regioni italiani e tramandati dalle fonti letterarie, Torino, UTET, 2004.
  • G. Giusti, Proverbi, a cura di E. Benucci, Le Lettere, 2011
  • P. Guazzotti e M.F. Oddera, Il grande dizionario dei proverbi italiani, Bologna, Zanichelli, 2006.
  • C. Lapucci, Dizionario dei proverbi italiani, Firenze, Le Monnier, 2006.
  • Vocabolario siciliano, vol. V (Si-Z), a cura di S.C. Trovato, Palermo-Catania, CSFLS, 2002.


 

A cura di Angela Frati e Stefania Iannizzotto
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

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21 giugno 2013


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