Gianluca Pala, F. Franco De Godoy e A. Sirtori ci chiedono se sia giusto utilizzare l'apice al posto della lettera accentata.
Uso del digramma lettera+apice
in sostituzione della lettera accentata
La sostituzione delle lettere accentate con il digramma lettera+apice è una caratteristica rintracciabile in tutti i tipi di CMC, ovvero Comunicazione Mediata dal Computer (dall'inglese Computer-Mediated Communication): posta elettronica, gruppi di discussione, chat line nonché testi che compaiono sui siti Web. Tale costume grafico potrebbe sembrare incomprensibile; tuttavia, in questo contesto, esso ha una giustificazione pratica.
La scelta di sostituire le lettere accentate con una combinazione di due caratteri semplici contigui nasce dal fatto che tutte le lettere dotate di segni diacritici (accenti, dieresi, cediglia, ecc.) non rientrano nel set-base di caratteri alfanumerici, cioè nei 128 caratteri che, secondo il primo standard ASCII (American Standard Code for Information Interchange, 'codice americano standard per lo scambio di informazioni'), la cui elaborazione iniziò negli Stati Uniti nel 1963, sono decodificati correttamente da ogni computer, indipendentemente dalla sua configurazione. Tutti i caratteri che non fanno parte di questo gruppo possono non venire riconosciuti da una macchina: in tale caso, l'utente non visualizzerà sul proprio PC il carattere "incriminato".
Ecco un esempio:
STAMPA SUBITO QUESTO MESSAGGIO: Ti servir? in futuro. Tutto ci? che ti serve sono:
[I punti interrogativi compaiono al posto di à ed ò]
Nell'ASCII standard, i caratteri alfanumerici erano codificati a 7 bit. Ogni bit può contenere o uno zero o un uno (i computer infatti lavorano in codice binario). 7 bit contengono tutte le possibili combinazioni di 0 e 1 che possono entrare in 7 posizioni: si ha così un totale di 128 entrate (27). Tali entrate sono numerate da 0 a 127 e ognuna di esse contiene la codifica di un carattere o di una speciale funzione. A parte le prime 32 posizioni, occupate da segnali di controllo per le telescriventi (le prime per le quali fu impiegata tale codifica), la tabella ASCII standard, adottata internazionalmente, contiene i numeri dallo 0 al 9, le lettere dell'alfabeto inglese (uguale a quello italiano più j, k, x, y e w) maiuscole e minuscole, i più comuni segni diacritici e alcuni altri caratteri (vedere la tabella acclusa a questa scheda).
In seguito, la codifica fu ampliata a 8 bit, arrivando a 256 (28) posizioni. Le nuove 128 posizioni disponibili furono utilizzate (in maniera diversa da ogni paese) per una serie di lettere e simboli non compresi tra i primi 128 caratteri. Le lettere accentate dell'italiano fanno parte di questa codifica, definita ASCII estesa.
Per non incorrere nei citati problemi di decodifica, chi comunica abitualmente attraverso il computer evita quanto più possibile l'uso dei caratteri estesi: nel caso dell'italiano, le lettere accentate vengono sostituite dalla combinazione della lettera semplice corrispondente seguita da un apice.
Ovviamente, quanto finora detto si applica alla comunicazione via computer. Il sig. Pala invece rileva che tali usi si estendono ben oltre a questo ambito: non è infatti raro ormai trovare l'apice in sostituzione dell'accento anche in contesti esterni alla CMC, come didascalie televisive, articoli di giornale e simili. Lo stesso fatto è stato notato da Paolo D'Achille: "e', perche', verita' sono grafie tutt'altro che rare nelle scritture burocratiche, [...] nei sottotitoli televisivi, ecc." (2002: 2).
Bisogna tenere conto del fatto che al giorno d'oggi molti, se non la grande maggioranza di questi testi vengono redatti al computer: perfino testi "insospettabili" come quelli dei fumetti, che sembrano scritti a mano, nascono spesso così (con l'uso di un carattere che imita lo stampatello scritto "a mano"). Certo, questo non toglie che tale uso sia non necessario e quindi improprio al di fuori del contesto informatico.
Se ancora per le lettere minuscole ci sono eccezioni, le lettere maiuscole sono scritte così nella quasi totalità dei casi. Secondo Giovanni Lussu, il motivo di tale grafia è dato dal fatto che "[...] non si conosce la combinazione di tasti per le maiuscole accentate" (2001: 63): le normali tastiere, infatti, non contengono tali tasti, e i caratteri vanno composti tenendo premuto il tasto ALT e digitando il corrispondente codice ASCII. (per esempio, 'È' si compone digitando la sequenza ALT+212).
Nell'ambito telematico, quindi, esiste una valida giustificazione a questo uso; più preoccupante è l'attuale tendenza a sostituire i caratteri accentati con il digramma lettera+apostrofo in qualsiasi tipo di testo, sia per interferenza con le scritture informatiche che per manifesta pigrizia, visto che le minuscole accentate dell'italiano in realtà sono tutte presenti sulla tastiera.
Nel circolo vizioso che si produce, da una parte si perde la capacità di distinguere tra accento grave e acuto (ed ecco un fiorire di perchè, poichè, giacchè) e apostrofo (e così si trova talvolta scritto pò [perfino il correttore ortografico dei cellulari di una notissima marca suggerisce tale grafia...]) , e dall'altra, per dissimulare tale incertezza, si aboliscono da qualsiasi testo le situazioni problematiche.
Bisognerebbe ricordarsi che questo peculiare costume linguistico ha una ragione di esistere solo in un suo contesto specifico: se "esportato" da tale contesto, non diventa altro che una marca di pressappochismo.
Per approfondimenti:
In allegato: Tabella dei caratteri ASCII ricavati digitando Alt + numero decimale (nel tastierino numerico). I numeri che vanno da 128 a 255 costituiscono il set di caratteri estesi (caratteri speciali, matematici, grafici e di lingue straniere).
A cura di Vera Gheno
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
5 maggio 2003
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