Per soddisfare alle numerose richieste a proposito dell'alternanza tra buon e buono riproponiamo una risposta di Paolo D'Achille pubblicata sul n. 39 della nostra rivista La Crusca per voi (ottobre 2009).
«Michela Angius e Daniela Caporale chiedono secondo quali regole si alternano le due forme buon e buono e domandano se sia più corretto dire "buon studio" o "buono studio".
Buon studio o buono studio?
Le lettrici sottopongono un problema di fonetica sintattica: la forma buon presenta infatti l'apocope della vocale finale prima di un'altra parola, apocope che in italiano è a volte obbligatoria ("un bel giorno", "il signor Rossi"), a volte facoltativa ("andiam via", "parlar chiaro") e che è comunque diversa dall'elisione, che avviene solo davanti a parola iniziante per vocale ("un bell'uomo"). Le condizioni indispensabili per l'apocope vocalica sono (lasciando da parte alcune ulteriori particolarità) che la parola non si trovi in fine di frase, che la vocale finale sia diversa da -a (buon giorno, ma non *buon giornata) e non rechi l'indicazione morfologica di plurale (un buon ragazzo, ma non *dei buon ragazzi) e che la consonante che precede la vocale sia l, r, n e m. La corrispondenza tra l'apocope e la scelta dell'articolo maschile il ricordata dalla lettrice è effettivamente quella propria della norma tradizionale. Tuttavia, se pure con riferimento a bel e a san (casi di apocope sillabiche e non vocaliche, da bel(lo) e san(to)) e non a buon, Luca Serianni (Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di Alberto Castelvecchi, Torino, Utet, 1988, p. 26, cap. I, § 79) rileva una certa espansione delle forme apocopate, "specie davanti a s complicata per bel e soprattutto davanti a z per san". Questa crescita nell'uso, così come quella di buon studio, si può spiegare col fatto che l'ingresso nel lessico di latinismi e di forestierismi non adattati ha determinato la progressiva diffusione in italiano di sequenze consonantiche considerate inaccettabili secondo il tradizionale modello fonologico toscano (che a sua volta ha perso la sua centralità). Se la sequenza -nst- è normale in parole come instabile, è possibile anche in buon studio, tanto più in un parlato veloce, in cui la perdita di una sillaba può essere funzionale. Naturalmente, scelte del genere sono legate anche all'area geografica e alla fonologia dialettale soggiacente: i parlanti centromeridionali restano abbastanza restii all'apocope; i toscani mantengono le distinzioni tradizionali; nell'area settentrionale, invece, il tratto appare ampiamente diffuso. Naturalmente, la sequenza buono studio mantiene tutta la sua legittimità, ma buon studio non può essere bollato come errore. Le "sicurezze linguistiche" di cui parla una lettrice andrebbero dunque continuamente riviste in rapporto all'uso che, se pure impercettibilmente, cambia col passare del tempo, determinando così progressivi spostamenti anche sul piano normativo».
Paolo D'Achille
29 ottobre 2010
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