Certe domande non rattristano né assordano...

Ci sono arrivate molte domande sulle coppie di verbo rattristare/rattristire e assordare/assordire: si possono usare entrambe le forme? O c’è qualche differenza di significato? 

Risposta

 

Certe domande non rattristano né assordano...

 

Assordare/assordire rattristare/rattristire sono coppie di verbi che si dicono sovrabbondanti perché coprono lo stesso significato, si sviluppano da una stessa radice ma si diversificano morfologicamente, adattandosi a due coniugazioni diverse, la prima e la terza; lo stesso fanno colorare e colorire, annerire e annerare, intorbidare e intorbidire, e pochi altri. Assordare/assordire rattristare/rattristire sono entrambi verbi parasintetici, formati da un aggettivo (sordo e triste) con prefisso e suffisso di coniugazione. All’origine della seconda coppia c’è quella oggi meno usata ma più antica di attristare e attristire sostanzialmente con gli stessi significati. È uno dei casi di sovrabbondanza di parole dalla sinonimia quasi perfetta, che la lingua tende a ridurre, trattandosi, per così dire, di uno spreco semantico (due parole che dicono la stessa cosa), neanche formalmente redditizio, visto che questi verbi si assomigliano talmente anche nella forma fonica da essere quasi inutilizzabili a scopo di variatio stilistica, per evitare le ripetizioni che a noi italiani danno tanto fastidio (peraltro, a chi cerca rime l’esito da -ire e quello da -are possono ancora tornare comodi).

Il sistema tende dunque a dismettere col tempo una delle due forme, senza una prevedibile predilezione per l’una (in -ire) o per l’altra (in -are): rattristare è molto più frequente di rattristire, assordare (usato soprattutto al participio presente: assordante) sembra prevalere su assordire, come pure colorare su colorire (preferenza per -are), ma ammansire è più usato di ammansare e starnutire di starnutare (preferenza per -ire). Diversa sarà probabilmente la sorte di quei verbi detti “falsamente (meglio sarebbe dire apparentemente) sovrabbondanti” che nascono sì da una stessa radice ma hanno non solo due esiti morfologicamente distinti, ma anche un significato specifico per ognuno di essi, come impazzare/impazzire, sfiorare/sfiorire, arrossare/arrossire: in queste coppie la diversità dei significati è una garanzia per la sopravvivenza di tutte e due le forme: la forte differenza semantica esalta quella formale più debole e la rafforza.

Alla famiglia dei verbi sovrabbondanti sono assimilabili anche le coppie formate da empiere o suoi composti (adempierecompiere,riempiere) e da empire o composti (adempire, compire, riempire), di cui La Crusca per voi si è occupata  (n. 5, ottobre 1992) con un autorevole intervento di Giovanni Nencioni. In questa serie di corradicali (che recano traccia di un metaplasmo di coniugazione avvenuto nel latino volgare, dove questi verbi sono passati alla quarta dalla seconda) la copertura semantica è la stessa, ma la concorrenza di forme è ridotta, perché c’è stata di fatto una progressiva integrazione dei due paradigmi, quasi sempre a vantaggio della coniugazione in -ire (per cui adempivaadempiiadempirò) e più raramente in -ere (adempiendo). Di conseguenza le coppie finiscono per ridursi a un’unità, che solo in pochi casi (comunque di ben diversa fortuna) lascia ancora percepire la vecchia dittologia morfologica (compie/compisce).

Rattristare e rattristire, assordareassordire sono dunque supersinonimi, un lusso che la lingua comune tende a non permettersi. Poiché non è pensabile che i meno usati delle due coppie, rattristire eassordire, si facciano forti di un significato specifico, che per assordire non c’è e per rattristire sarebbe quello, secondario e raro, di ‘avvizzire’ (detto di fiori o piante), è probabile che fra pochi decenni nessuno abbia più i dubbi dei nostri lettori.

 

Vittorio Coletti

 

Piazza delle lingue: La variazione linguistica

10 febbraio 2017


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