Ci scrive un lettore se sia corretto usare il verbo opporre come transitivo nel senso di ‘fare opposizione a qualcuno’. A suo parere un’espressione come li opponiamo nel senso di ‘li contrastiamo’, che ha trovato in rete, è un errore gravissimo, che dimostra l’ignoranza di chi la usa.
Per rispondere alla domanda partiamo dalla voce opporre nel Sabatini-Coletti, che è il dizionario più attento alle reggenze verbali:
opporre [op-pór-re] ant. opponere v. (irr.: coniug. come porre)
v.tr. [sogg-v-arg-prep.arg] 1 Porre, presentare qlcu. o qlco. contro altri o contro altro, sul piano fisico, morale o intellettuale. SIN. contrapporre: o. resistenza al nemico, argomenti validi ai critici, un rifiuto a un superiore; o. il petto alle mitragliatrici nemiche; o. l’esercito agli invasori. 2 Ergere una costruzione contro qlcu.: o. barricate contro i nemici.
opporsi v.rifl. [sogg-v] In linguistica, riferito a più elementi, essere in opposizione reciproca
[sogg-v-prep.arg] 1 Fare opposizione, essere di ostacolo a qlcu. o a qlco. SIN contrastare, ostacolare: i genitori si oppongono al matrimonio della figlia; la realtà si oppone ai tuoi desideri; in contesto noto, con l’arg. sottinteso: Vostro Onore, mi oppongo! 2 Porsi contro, di fronte a qlco.: il pollice si oppone alle altre dita della mano.
ETIM dal lat. oppōnere, comp. di ob “contro” e pōnere “porre” ▫ sec. XIII
Dunque opporre è un verbo transitivo trivalente, che ha per oggetto diretto la cosa (o anche la persona) che si intende contrapporre all’oggetto indiretto (qualcuno o qualcos’altro), che è introdotto dalla preposizione a. L’uso del verbo come transitivo bivalente, nel senso di ‘contrastare’ (significato proprio della forma riflessiva opporsi) non rientra nello standard e non è registrato neppure negli altri dizionari sincronici che sono in circolazione.
Ci sono tuttavia alcune testimonianze, pur rare, del costrutto segnalatoci, che si può spiegare proprio in base al modello fornito dalla reggenza di contrastare, oppure come calco dell’inglese to oppose someone. La consultazione di Google libri ci ha permesso di individuare una serie di occorrenze (per quanto scarna) che si snoda attraverso i secoli. Vediamo di ripercorrerla a ritroso.
Per quanto riguarda il nostro secolo siamo riusciti a trovare due esempi in testi di genere diverso e distanti circa un decennio.
Per anni De Luca è riuscito a polarizzare gli atteggiamenti e a trasformare il suo marchio in una “passione”, per chi lo sostiene così come per chi lo oppone. (Pietro Saitta, Populismo urbano: Autoritarismo e conflitto in una città meridionale, Parma, Meltemi, 2022; consultato nella versione e-book)
Tiresia spiega a Creonte che la scelta migliore è quella di rispettare i morti, e «imparare da chi parla bene è dolcissimo, se parla di un guadagno [kerdos]» (1031-32). Creonte anche in questo caso accusa chi lo oppone di essere mosso dal desiderio di denaro, e si lamenta di essere «venduto e commerciato come una merce» (1036). (Euripide, Ecuba, a cura di Luigi Battezzato, Milano, Rizzoli, 2010, p. 34)
Per il Novecento disponiamo di una testimonianza sicuramente “di peso”, visto che lo troviamo usato da una scrittrice, da alcuni molto amata e da altri altrettanto criticata ma sicuramente molto letta, la fiorentina Oriana Fallaci:
Il governo brasiliano non la pensa così. Il governo brasiliano è forse il governo più fascista, più cupo che esista in America Latina. A chi lo oppone chiedendo libertà, la sua polizia riserva torture che superano persino le torture della polizia greca. Riserva il “pau de arara”, o palo del pappagallo, che consiste in un palo simile a quello dove si dondolano i pappagalli. (Oriana Fallaci, Intervista con la storia, I ed. Milano, Rizzoli, 1974, I ed. definitiva 1977; il passo riportato è nell’introduzione all’intervista a Hélder Câmara)
Per il XIX secolo disponiamo di un’occorrenza di àmbito giuridico, settore in cui il verbo opporre (come risulta anche da un esempio riportato nel Sabatini-Coletti) ha un larghissimo impiego:
Che per conseguenza questa prima eccezione pregiudiziale del Turconi si ravvisa destituita di legale fondamento, ostandovi il quasi-contratto giudiziale tra le parti intervenuto ed il fatto stesso di chi lo oppone dopo aver consentito che gli esami avessero luogo, quando già la pretesa decadenza erasi verificata, e per aver fatto egli stesso sentire un gran numero di testimonii a contro-prova. (Sentenza della Corte d’Appello di Genova del 31/12/1894, in “Annuario critico di giurisprudenza pratica, civile, ferroviaria, penale”, VII, 1895, pp. 39-42: p. 40)
Per il XVIII secolo non abbiamo rintracciato testimonianze dell’uso, ma una pubblicazione ottocentesca ce ne offre una risalente al secolo precedente in una lettera ufficiale di Francesco Bernardi, genovese, agente della Serenissima Repubblica in Inghilterra:
Tira inanti il disegno con alta politica et destrezza inimaginabile, non solo di farsi Re ma Imperatore; et secondo il giudizio humano, si può credere gli riuscirà con la rovina di chi lo oppone. (Lettera di Francesco Bernardi datata 10/6/1657, in Carlo Prayer, Oliviero Cromwell dalla battaglia di Worcester alla sua morte. Corrispondenza dei Rappresentanti genovesi a Londra, “Atti della Società Ligure di Storia Patria”, XVI, 1882, lettera CLXXX., p. 420 sg.)
In ultimo, l’occorrenza più antica dell’uso bivalente di opporre, se pure con significato diverso da quello di ‘contrastare’, risale al secolo XIV ed è riportata nel GDLI s.v. opporre, a corredo della decima accezione del verbo, glossata come antica, di “Trattare ostilmente, angariare, perseguitare”. Si tratta di un passo della Cronica di Dino Compagni, scritta tra il 1310 e il 1312:
Il re di Francia..., opponendo e disertando i giudei per tórre la loro moneta, appognendo a’ Tempieri resia. (Dino Compagni, Cronica, libro III, p. 23 dell’edizione a cura di Isidoro Del Lungo, Firenze, Le Monnier, 1924; il passo è compreso anche nel corpus OVI, che lo cita dalla nuova edizione del testo, a cura di Davide Cappi, Roma, Carocci, 2013, p. 101)
Per concludere, possiamo dire al nostro lettore che non si tratta di un “errore gravissimo”, bensì di un uso minoritario del verbo, non comune (il costrutto comune è infatti “opporre qualcosa a qualcuno”), ma non del tutto privo di attestazioni, fin da epoca antica. Insomma, a nostro giudizio il costrutto non è certamente raccomandabile; ma considerare “un ignorante” chi lo usa, magari scrivendo frettolosamente un messaggio in rete, è certamente eccessivo. Purtroppo, proprio in questi giorni stiamo assistendo a un crescendo di aggressività nel giudicare le scelte linguistiche dei protagonisti della scena politica. Auspichiamo che si torni a una maggiore moderazione.
Claudio Marazzini
Paolo D'Achille
Matilde Paoli
31 ottobre 2022
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