Ci vediamo dal bar? Sull'uso di da con il valore di stato in luogo

A coloro che ci chiedono chiarimenti sull'uso della preposizione da con il valore di stato in luogo, riproponiamo la risposta di Vittorio Coletti apparsa sul n. 46 (aprile 2013) della nostra rivista La Crusca per voi.

Risposta

Ci vediamo dal bar?
Sull'uso di da con il valore di stato in luogo

 

«La preposizione da ha anche valore di stato in luogo. Sempre?, ci chiede da Genova Silvia Serpino, riprendendo una domanda che in passato ci hanno posto anche altri lettori, guarda caso soprattutto liguri.


L’uso di da con valore di stato in luogo è antichissimo, attestato già in Dante e Petrarca e anche prima. Francesco Sabatini ha scritto alla voce da del dizionario Sabatini-Coletti che la preposizione introduce un complemento di stato in luogo "come indicazione di un’area che ha un suo centro di irradiazione o che è individuata a partire da un limite"; proprio per questo spesso è seguita da parole come "parte", "lato", che hanno, specie in senso figurato, il significato di luogo o ambito che si estende da un centro sino a un dato limite (anche metaforici): rimanere dall’altra parte del muro, sta dalla mia, dalla sua parte. Comune è l’espressione "dalle parti di": abita dalle parti del Testaccio. Inoltre da introduce uno stato in luogo particolare con nomi di persona o di parentela o di professione o con pronomi personali (dorme da Andrea, abita dai nonni, è dal direttore, mangia da me); una variante comune di questo uso si ha nelle denominazioni di certi locali pubblici: Bar da Mario, Da Cicci, e nel modo di indicarli come luogo di incontro: ceniamo da Braccioforte, prendiamo l’aperitivo da Mangini. Rohlfs ricorda che questo valore specifico del da è analogo a quello del francese chez. Anche questo valore è però dovuto all’idea di "irradiamento affettivo" connessa alla funzione locativa di da, già ben descritto tanti anni fa da E. De Felice: "da identificherebbe la ‘porzione di spazio’ che simbolicamente ‘emana’ da un essere animato, da un punto di ritrovo, in quanto da esso occupata" (Serianni).
L'uso di da per introdurre stato in luogo si sta allargando (non raro nella rete il messaggio "ci vediamo dalla chiesa"), ma resta più frequente in certi italiani regionali, uno dei quali, come ha notato Teresa Poggi Salani, è proprio quello genovese, da cui riporta esempi la nostra lettrice. Lo attestano anche le varie domande in merito da noi ricevute in passato e molti dubbi analoghi espressi su internet da italofoni liguri. Sia nell’italiano standard che in quelli regionali conserva il valore di "presso", "nei pressi", "nei dintorni". È questo l'uso che Silvia Serpino ha colto e che quindi è grammaticale, anche se la norma nazionale ne circoscrive di più l'ambito di applicazione, la compatibilità con nomi e verbi.
Attenzione, se il luogo indicato non ha un punto nucleare, un centro di irradiazione da cui si propaghi il suo effetto fino a un limite abbastanza ampio, ed è invece esso stesso un ampio centro, senza, per così dire, periferie, come nel caso di un toponimo come "via Garibaldi", allora l'impiego di da stato in luogo è decisamente scorretto, e giustamente la lettrice rifiuta l’esempio: da via Garibaldi c’era una manifestazione, il meno accettabile tra quelli da lei riportati. Un toponimo indica infatti un luogo in cui avviene tutto quello che vi si riferisce, non ha un centro irradiante verso una periferia, esaurisce dentro di sé tutti i suoi effetti; se si vogliono indicare le sue immediate vicinanze, i suoi aloni, bisogna farlo precedere da "dalle parti di", "nei dintorni di" o da locuzione analoga. In rete è frequente e non censurabile lavorare dal parrucchiere, dal ferramenta, dal meccanico (perché vi si indica un negozio, un locale pubblico o una professione con un ambito di azione semantica che esce dal chiuso in cui si trova o svolge – il suo centro – e si apre al di fuori col movimento dei clienti che entrano ed escono), ma non si trova lavorare dall’officina (che è intesa come luogo di lavoro non necessariamente aperto al pubblico). Anche in casi come questi da locativo ha valore di indicazione di un dato puntuale (titolare di un ufficio, di un negozio, bar…) che si allarga sino a un certo limite, come si vede bene dalla differenza tra ho lasciato i documenti all’avvocato (a lui in persona) e ho lasciato i documenti dall’avvocato (nel suo ufficio). Ma il valore locativo di da è condizionato da nomi o pronomi come quelli su ricordati e/o da verbi particolari come abitare, mangiare, dormire, comperare, ecc. e quindi non ammesso con tutti. È un caso grammaticalmente complicato che anni fa Erich Poppe ha cercato di risolvere con un ponderoso studio uscito sui nostri "Studi di filologia italiana". Ma qui basta ricordare che alcuni usi sono legittimi; altri, strutturalmente non differenti, sono attestati solo a livello regionale, ed è meglio quindi evitarli, specie nell’uso formale; altri infine sono scorretti e quindi da respingere.»

 

Vittorio Coletti
 

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