Niccolò o Nicolò?

Numerosi lettori chiedono a proposito delle forme Niccolò e Nicolò, citando anche vari personaggi storici individuati ora dall’uno ora dall’altro nome, se entrambe le varianti sono corrette oppure se una debba essere preferita all’altra.

Risposta

Non sarà di poco interesse iniziare con alcuni dati statistici. Nel XX secolo, per la precisione tra il 1900 e il 1994 (traggo i dati dall’opera imprescindibile di Alda Rossebastiano ed Elena Papa, I nomi di persona in Italia. Dizionario storico ed etimologico, Torino, Utet, 2005, 2 voll.), Niccolò è stato assegnato 5.657 volte e Nicolò 22.839, in rapporto perciò di 1 a 4. L’Istat certifica per il 2021 (ultimo dato disponibile) la nascita di 751 Niccolò (54ª posizione) e 2.862 Nicolò (13ª), in rapporto di 1 a 3,8 (la somma porterebbe il tipo tra i primi 10 per frequenza, senza contare Nicolas, Nicholas e Nicola: tutti insieme varrebbero il secondo posto assoluto tra i nomi maschili dietro Leonardo). Dal 2001 al 2021 Niccolò è stato assegnato complessivamente 20.339 volte e Nicolò 58.088 (1 a 2,9). Le distanze si sono dunque ridotte. Il panorama nazionale del nostro secolo, in ogni caso, vede Niccolò/Nicolò occupare il più alto rango mai raggiunto negli ultimi 150 anni e probabilmente neppure nei secoli precedenti.

Per il passato, possiamo prendere come esempio Firenze, città in cui il nome (perché di un unico nome si tratta, evidentemente) ha avuto fortuna nel tempo e ancora oggi vi gode di grandi favori. Dobbiamo alla certosina acribia di Francesco Sestito il censimento dei nomi dei battezzati a Firenze dalla metà del XV secolo alla fine del XIX (I nomi di battesimo a Firenze [1450-1900]. Dai registri di Santa Maria del Fiore un contributo allo studio dell’antroponimia storica italiana, Roma, SER ItaliAteneo, 2013). Lo studio registra e analizza i nomi attribuiti con maggiore frequenza ogni dieci anni a partire dal 1450 e poi ogni 5 anni fra il 1800 e il 1900. Ebbene, poiché nelle liste le varianti vengono accorpate e sommate e se ne indica la più numerosa, scopriamo che fra metà Quattrocento e fine secolo il nome, con Nicolò capofila, oscilla tra il rango 7 (41 occorrenze nel 1470) e il 13; nel periodo 1500-1600 tra il 9 e il 17 e per la prima volta Niccolò supera Nicolò (precisamente nel 1540, 19 a 6); tuttavia già nell’anno 1500 (38 occorrenze) la somma di 10 Niccholò, 9 Niccolò, 1 Nicc.ò e 1 Nicch.ò (forme abbreviate) aveva sorpassato i 15 Nicolò e i 2 Nic.ò (21 a 17). Nel periodo 1600-1700 a Firenze il rango si attesta tra l’11 e il 26, con appena 5 occorrenze nel 1750; nel secolo successivo tra il 13 e il 41, il punto più basso del periodo oggetto d’indagine (e compaiono anche Nicola e Niccola più in alto della forme in ).

Alda Rossebastiano, che ha curato le voci relative a Nicolò e Niccolò nel su citato dizionario, considera la Toscana epicentro della diffusione del nome con velare doppia ed esemplifica con il toponimo Castel S. Niccolò (AR) e con i fiorentini Niccolò Acciaiuoli, amico di Petrarca e di Boccaccio, e Niccolò Machiavelli. Ricorda, tuttavia, che provenivano dall’Umbria Niccolò Piccinino, condottiero al servizio di Filippo Maria Visconti, e Niccolò di Liberatore, detto l’Alunno, attivo nella seconda metà del ’400; da Modena Niccolò dell’Abate, pittore, attivo in Francia nel ’500; dalla Liguria Niccolò Paganini, violinista e compositore; dal Meridione Niccolò dell’Arca, noto anche come Niccolò da Bari, scultore del sec. XV, e Niccolò Franco, poligrafo beneventano.

Se poi  consideriamo il periodo anteriore alla maturità di Dante – e pur tenendo conto delle frequenti oscillazioni grafiche a tali altezze cronologiche – si conoscono almeno i seguenti personaggi storici: l’arcivescovo Niccolò d’Aiello (di famiglia salernitana, seconda metà del sec. XII); i vescovi Niccolò Maltraversi (nato nel 1180 da famiglia padovana o vicentina) e Niccolò da Durazzo (nato sotto i Veneziani a inizio ’200); Niccolò (padre di Marco, prima metà del ’200); i cronisti Niccolò Smereglo vicentino e Niccolò Speciale siciliano, tutti del sec. XIII; il cardinale Niccolò Alberti da Prato (ca. 1250-1321); il nonno omonimo di Niccolò Acciaiuoli (Priore nel 1289); Niccolò della Scala (Verona 1267, cugino del famoso Cangrande). Tra i papi (per i quali il nomen pontificale in italiano è esclusivamente Niccolò) [invero i papi usavano il latino, quindi ho dovuto correggere], in epoca tardomedievale, Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini) era romano, Niccolò IV (Girolamo Masci) ascolano, Niccolò V (Tommaso Parentucelli) ligure; lo stesso vale per i nomi anagrafici: Niccolò Boccassini (Benedetto XI, trevigiano) e Niccolò Sfondrati (Gregorio XIV di Somma Lombardo). L’“epicentro” risulta dunque spostato dalla Toscana alla Lombardia e al Veneto, ma il più antico personaggio citato è salernitano e varie volte il Nord e il Sud sono rappresentati nel campione.

Veniamo all’etimologia del nome: la base è greco bizantina, composta da nikân ‘vincere’ e laós ‘popolo’ a formare Nikólaos. Da questo punto di partenza si sono poi sviluppate intere famiglie di nomi personali (e poi di cognomi); considerando gli ipocoristici, i derivati, gli alterati e alcuni composti, Emidio De Felice ne raccoglie s.v. Nicola una trentina (Dizionario dei nomi italiani, Milano, A. Mondadori, 1986). Il dizionario Utet di Rossebastiano e Papa ne registra oltre un centinaio, comprese forme straniere attribuite a cittadini italiani, e articola l’analisi in quattro superlemmi distinti: Nick, Nicola maschile/Nicola femminile, Nicolao/Nicolaa e Nicolo’/Nicola’ (la banca dati utilizzata individua le vocali accentate con una sorta di apostrofo).

La motivazione del raddoppiamento consonantico non è chiara. Si può solo azzardare l’ipotesi di una reazione alla lenizione settentrionale della consonante velare intervocalica (-ico-) con conseguente ipercorrettismo, ipotesi formulata anche a proposito della gorgia toscana (il che giustificherebbe l’alta frequenza della variante con -cc- in Toscana). Altri casi di raddoppiamento inatteso – Bartolommeo, Tommaso, Raffaele, Matteo – hanno motivazioni probabilmente distinte.

Come che sia, le due forme coesistono da secoli, come rilevato, e non vi sono differenze sostanziali neppure nella distribuzione territoriale, tranne una maggior presenza di Niccolò in Toscana e di Nicolò massicciamente in Sicilia (ma la grande diffusione delle varie forme del nome, negli ultimi tre decenni, ha verosimilmente ridistribuito e maggiormente livellato le presenze tra le varie regioni).

Le due forme sono, in sintesi, entrambe corrette, coesistono da secoli e per quanto Niccolò possa apparire oggi più ricercato e snob nonché medievaleggiante, non vi è nessuna indagine scientifica che abbia analizzato in chiave sociolinguistica le due varianti sul piano sincronico né su quello diacronico. La scelta di assegnare una delle due forme a un figlio (in mancanza di parente o persona celebre alla quale volersi ispirare alla lettera) non può che essere il frutto dei gusti personali dei genitori, oppure della volontà di differenziare o viceversa di accostare la forma a Nicola, in cui la forma con la scempia è pressoché esclusiva.

Enzo Caffarelli

18 ottobre 2023


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