Ci sono pervenuti molti quesiti sulla forma rimurginare. Alcuni dichiarano di sentirla sempre più spesso e anche in bocca a parlanti in possesso di un buon grado d’istruzione, altri affermano di averla addirittura vista in forma scritta. La domanda che ci viene rivolta è quindi se tale forma sia accettabile o meno, se si tratti davvero di una variante legittima di rimuginare.
Innanzitutto bisogna segnalare che il verbo rimuginare si usa – sia come transitivo sia come intransitivo – tanto nel senso (originario ma ormai raro) di ‘rimescolare, rovistare’, quanto soprattutto in quello di figurato di ‘ripensare a lungo, continuare ad agitare nella mente, meditare’ (rimuginare un’idea) e, intransitivamente, ‘pensare a lungo, riflettere con insistenza su qlco.’ (cfr. Zingarelli 2019).
Nessun vocabolario italiano sincronico o storico registra rimurginare, che tuttavia oggi ha una modesta diffusione sia in rete all’interno di piattaforme online di social network sia in libri poco conosciuti e piuttosto recenti, dove si attestano per lo più espressioni come rimurginare sul passato, rimurginare sui problemi, rimurginare su ciò che è stato ecc., con una netta preferenza, quindi, per l’uso intransitivo.
Una ricerca su Google (effettuata il 2 febbraio 2019 e limitata alle forme dell’infinito) conferma il dato. Si hanno circa 13.900 risultati in rete, non pochi a dire il vero, ma decisamente inferiori se confrontati con i 205.000 di rimuginare; del resto, non si può escludere che alcune di queste attestazioni costituiscano dei semplici refusi. Nella sezionelibri del motore di ricercasi può individuare una prima attestazione del 1867, all’interno di un rendiconto del Parlamento italiano (si noti che il verbo è qui usato come transitivo e in un contesto in cui sembra avere il significato di ‘agitare’):
Ora, o signori, poiché noi siamo alla vigilia di dover fare dei grandi spostamenti di abitudini con una circoscrizione giudiziaria generale, questo cominciare a molestare le piccole regioni, questo cominciare a rimurginare gli spostamenti degli interessi od a tormentare a colpi di spillo il popolo italiano nelle sue più minute borgate, non è cosa che conferisce molto alla tranquillità pubblica (Rendiconti del Parlamento italiano. Sessione del 1867, vol. II, Firenze, Tip. Eredi Botta, 1867, p. 1377).
Si segnalano poi altre sporadiche attestazioni tra fine Novecento e inizio Duemila, per le quali sembrerebbe da escludere che si tratti di errori di stampa:
Questo episodio agitò Andrea. Rimase tutto il pomeriggio a rimurginare. Tra quei due, il chirurgo e il contadino, s’era stabilito un legame segreto di solidarietà… (Domenico Campana, Memorie del crudele inverno, Milano, Rusconi, 1979, p. 33).
Non mi guardi ed è come se non capissi quello che da tempo vado dicendo. Devi reagire! E non stare sempre assorto a quel modo, a rimurginare sugli eventi passati… Sono passati, non ci sono più (Franco Bartolomei, L’incarcerato di Montacuto, Milano, Spirali/Vel, 1995, p. 331).
Non proprio rassicurato dalle parole del questore, non gli rimase che uscire, salutare la signora Maselli e ritornarsene nella sua stanza a rimurginare sulle affermazioni del Capo (Ezio Falconieri, Squadra Viminale, Tricase, Youcanprint, 2014, p. 45).
Se, dunque, i dati giocano a favore di rimuginare, come possiamo spiegare l’incipiente diffusione di rimurginare con una seconda r di troppo?
Sicuramente concorrono diversi fattori. Innanzitutto bisogna considerare che rimuginare non è un verbo d’uso frequente e raramente capita di doverlo scrivere o leggere da qualche parte. Questo può generare un grado d’incertezza non trascurabile in parlanti che non lo conoscono perfettamente, i quali difficilmente sono in grado di ricollegare rimuginare a verbi più comuni e meno oscillanti come i dialettali/regionali mucinare, smucinare (usati con -gi- in Toscana e Marche soprattutto), che sono invece vicini sia semanticamente, in quanto significano ‘mescolare, rimescolare; frugare, rovistare, frugare nelle tasche, perquisire’, e anche, in senso figurato, ‘pensare e ripensare’, sia anche etimologicamente (secondo la recente e convincente ipotesi di Franco Fanciullo, Mediano mucinare, in stampa negli Atti del Convegno “Prospettive dell’etimologia e della lessicografia romanesche”, Zurigo, 17-18 novembre 2016; cfr. anche l’Etimologico di Nocentini e Parenti, che cita come varianti per rimuginare del XVIII sec. rimuscinare e rimucinare).
Sul piano strettamente fonetico, la presenza della seconda r si spiega con una doppia influenza: una esterna, da parte di parole come rigurgitare e rimarginare (ma cfr. anche marginare, emarginare, cospargere, immergere, (ri)porgere, urgere ecc.), che presentano la sequenza fonica -rg- (vibrante e palatale sonora); una interna, dovuta al fenomeno della propagginazione, che porta a ripetere il suono della r iniziale anche all’interno della parola. In italiano si hanno esempi del genere ormai lessicalizzati: una r non etimologica si è inserita, per es., in registro (dal lat. tardo regesta). Va segnalata inoltre la variante rimugginare, che ha alcune attestazioni in rete. La pronuncia intensa dell’affricata palatale sonora, tipica dell’area centromeridionale, può essere stata trasferita nello scritto per influsso di muggine; anche tale variante potrebbe aver contribuito alla formazione di rimurginare per dissimilazione, oltre che per influsso di parole come quelle già riportate sopra.
In conclusione, non c’è bisogno di rimuginare oltre per dire che la seconda r di rimurginare è decisamente di troppo!
Kevin De Vecchis
15 febbraio 2019
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