Il trattino: quando usarlo?

Moltissimi dei nostri lettori ci hanno inviato quesiti a proposito del corretto uso del trattino nelle parole di recente formazione. A parte richieste generiche sull'uso del trattino (come quella di Giuseppe Venables), i dubbi si concentrano su due tipologie: 1) i nomi composti (Michele Belsanti e Alessandra Pasquali sui punti cardinali; Pepa Cerutti sui composti nome+nome del tipo città-stato; Federica Usai, Francesco Ientile, Carlo Maccari e Paolo Sartori sui composti aggettivo+aggettivo del tipo socio-educativo, agro-alimentare, etico-teologica, tardo-antico); 2) i prefissati (Daniela Francese, Orietta Mizzoni, Damiana Covre, Claudia Moretti, Danilo Nota, Luisella Brocco, Benedetta Vianello, Sandro Stef, in particolare di fronte ai prefissi post-, pre-, auto- e non-). Premesso che si tratta di un ambito in cui non ci sono regole ben precise, vediamo quali possono essere i criteri per orientarsi.

Risposta

Il trattino: quando usarlo?

 

I dubbi sull'uso del trattino sorgono essenzialmente di fronte a due tipi di parole nuove o non ancora acclimatate nella lingua: i composti da due sostantivi (o aggettivi, verbi, ecc.: giallo-rosso, pigia-pigia) e i derivati con un prefisso (co-dirigente, anti-nebbia); in generale si può affermare che tali formazioni si scrivono separate o unite da trattino quando il parlante avverte la loro struttura compositiva come un modulo ancora aperto, mentre si scrivono univerbate (in una sola parola) quando il composto è stato accolto stabilmente nell'uso o si è lessicalizzato, tanto che si tende a cogliere più la sua accezione complessiva che quella dei suoi membri.
Sono molto produttivi nell'italiano contemporaneo i giustapposti di due sostantivi: un tipo di composizione che si realizza per lo più in forma staccata, ma che talvolta può presentare il trattino. In questo caso il trattino è un elemento grafico relativamente recente nella nostra lingua (comunque da qualche secolo), senza dubbio favorito dalla diffusione di composti inglesi in cui normalmente esso compare (ma prima ancora, dai composti latini del tipo greco-latinus). Possiamo tuttavia renderci conto facilmente che l'influenza dell'inglese è qualcosa di superficiale: benché infatti anche per l'inglese la questione della grafia dei composti (si devono scrivere uniti, separati o con trattino?) resti  oscillante, una consuetudine vorrebbe che i composti nome+nome e aggettivo+nome fossero scritti o con la distinzione degli elementi (senza trattino, come ad esempio slow food) o nella forma univerbata (come ad esempio stepdance). Sempre in inglese il trattino è invece quasi d'obbligo nelle unità lessicali (father-in-law), mentre in italiano vale il contrario: sono proprio i composti coordinati nome+nome (del tipo uomo-massa; bambino-soldato) a presentare con più frequenza la variante grafica con trattino, mentre esso è decisamente raro nelle polirematiche (abito da sera, servizio pubblico).

 

Prima di cercare quali siano le tendenze prevalenti nell'uso del trattino in italiano è indispensabile una premessa: siamo in un ambito in cui non ci sono norme precise e, spesso, quelle poche che possiamo individuare possono venir contraddette anche nell'uso più sorvegliato. In generale possiamo osservare che i casi dove si manifestano maggiori incertezze o oscillazioni sono quelli delle formazioni che ancora non si sono acclimatate (neologismi) o che ricorrono raramente nei testi scritti. In questi casi anche i vocabolari possono dare indicazioni non univoche. Solo di fronte a un'ampia diffusione e a un uso scritto perdurante nel tempo, un composto tende a stabilizzarsi in una forma grafica unica (staccata o unita, con o senza trattino), che verrà registrata nei dizionari: fra le possibilità, quella che prevale nelle formazioni d'antica data è la tendenza all'univerbazione, cioè al passaggio dalla grafia separata (con o senza trattino, ma quando si usa il trattino non c'è più la separazione o, se si vuole, il trattino è una soluzione intermedia fra i composti graficamente sciolti e quelli univerbati) a quella unita. Un processo di questo tipo lo possiamo riscontrare, ad esempio, nella serie dei composti formati da caro+nome: caro-prezzi, caro-petrolio, caro-greggio, caro-mutui, tutti modellati su carovita che risulta ormai univerbato e così registrato nei vocabolari (Vocabolario Treccani, Sabatini-Coletti 2008, Devoto-Oli 2008). Il GRADIT registra già in forma unita, oltre a carovita, anche caroviveri, caroprezzi e caropane. Un composto altrettanto datato come fine settimana subisce trattamenti diversi nei vocabolari per cui Sabatini-Coletti 2008 e Devoto-Oli 2008 lo registrano nella forma staccata senza trattino, il Vocabolario Treccani con il trattino fine-settimana.

 

Sono numerosissimi e diversificati tra loro i tipi di composti che possono far sorgere il dubbio sulla grafia (con o senza trattino), ma la tipologia più consistente, e in grande espansione nell'italiano contemporaneo, è quella dei composti nome+nome coordinati. Questo genere di composti è altamente produttivo e molto sfruttato, soprattutto nell'italiano giornalistico, anche perché può essere formato, in teoria, a partire da qualsiasi coppia di parole. All'interno di questa categoria si distinguono: 1) le formazioni apposizionali con un nome, che ha la funzione di testa del composto, e un secondo elemento appositivo che, attraverso un significato figurato, determina una particolare caratteristica del primo: ad esempio viaggio lampo per 'un viaggio veloce come un lampo', parola chiave 'una parola che apre, fondamentale', riunione fiume 'una riunione lunga come un fiume', notizia bomba, figlio modello che si esprimono graficamente in forma staccata senza trattino, anche se non mancano attestazioni di scrittura con il trattino; 2) le formazioni copulative con tutti e due i nomi che hanno funzione testa: ad esempio scrittore-regista, giornalista-saggista, misuratore-dosatore, ristorante-pizzeria, caffè-concerto, bambino-soldato. In questi casi il referente assomma le caratteristiche di tutti e due i nomi del composto: questo significato, di un qualcosa di unitario che concentra inscindibilmente due caratteristiche, è reso graficamente dalla presenza del trattino.

 

Altri pochi casi in cui è necessario il trattino riguardano:

1) L'accoppiamento di nomi propri, quindi Devoto-Oli, Sapir-Whorf, e geografici come Alsazia-Lorena, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, insieme a nord-est, nord-ovest, sud-est, sud-ovest: in questi casi il referente, l'entità a cui ci si riferisce, non corrisponde a nessuna delle due componenti prese singolarmente.
2) Alcuni composti che indicano una relazione che si instaura fra i loro componenti in dipendenza di un terzo sostantivo del tipo governo-sindacati (trattativa tra governo e sindacati), madre-figlio (rapporto tra madre e figlio), Stato-regioni (conferenza tra Stato e regioni).
3) Formazioni di aggettivo+aggettivo con riduzione del primo elemento: spazio-temporalesocio-educativo, italo-francese, tardo-antico (registrato in alcuni vocabolari anche nella forma tardoantico). Il troncamento del primo elemento è molto frequente negli aggettivi etnici che, salvo qualche caso ormai ben stabilizzato come indoeuropeo o angloamericano, prevedono la grafia con trattino: cino-giapponese, afro-cubano, italo-francese, tosco-emiliano. In questi casi la presenza del trattino segnala l'accorciamento del primo elemento; spesso anche questi composti subiscono, grazie all'ampia diffusione, la fusione dei due elementi e sono registrati nei vocabolari in forma unita come ormai avviene per agroalimentare, socioeconomico, socioculturale, sociosanitario, socioterapeutico e molti altri.

Il secondo ambito di variabilità nell'uso del trattino riguarda i prefissati, derivati cioè attraverso aggiunta di prefisso o prefissoide. Se, in generale, si può osservare che la presenza del trattino dipende dalla relativa neologicità della formazione è pur vero che in questo ambito la variabilità degli usi è decisamente elevata.
Possiamo dare alcune esemplificazioni relative ai prefissi più ricorrenti e maggiormente produttivi:

1) I prefissati con anti-, auto-,  pre-, vice- tendono a raggiungere molto velocemente la forma univerbata e i dizionari mostrano la tendenza a mantenere il trattino solo per gli anglismi, come anti-age, anti-dumping.
2) In aumento i derivati con non- che i dizionari registrano per lo più nella forma staccata senza trattino: non gioco, non intervento, non persona, non metallo, non profit (anche nelle forme non-profit e no-profit e no profit); sono registrati nella variante con trattino solo nel Devoto-Oli non-allineato (non-allineamento),non-belligerante (non-belligeranza), non-fumatore, non-io, non-luogo, non-voto.
3) I prefissati con post-, ad esempio, continuano a proliferare numerosi e non solo in rete è possibile trovare formazioni del tipo post-giornalismo,post-razionalismo, post-americano, post-sovietico. Molti prefissati di questo tipo risultano però ormai lessicalizzati e, nei principali dizionari, sono registrati nella forma grafica unita quindi postatomico,postbellico, postdatare, postdottorato (che ancora lo ZINGARELLI 2009 registra nella forma post-dottorato). Il trattino si mostra più resistente nelle formazioni del tipo post- + nome, in particolare con termini specialistici, quindi ad esempio nel Devoto-Oli 2008 troviamo post-produzione, post-sincronizzazione, post-termineregistrati ormai in forma unita in altri dizionari (ad esempio già nel GRADIT). Non sempre si riscontrano indicazioni univoche: post laurea è registrato nel Sabatini-Coletti 2008 nella forma staccata senza trattino, nel GRADIT post-laurea con trattino, mentre il Vocabolario Treccani prevede tutte e due le grafie con o senza trattino.

 

Per approfondimenti:

 

  • Aprile M., Dalle parole ai dizionari, Bologna, il Mulino, 2005
  • Dardano M., Costruire parole. La morfologia derivativa dell'italiano, Bologna, il Mulino, 2009
  • Della Valle V. e Adamo G., Neologismi quotidiani, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2003
  • Giovanardi C. e Gualdo R., Inglese - Italiano 1 a 1, Lecce, Manni, 2003 M. e Rainer F., La formazione delle parole in italiano, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 2004
  • Sabatini F., L'"italiano dell'uso medio": una realtà tra le varietà linguistiche italiane, in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a cura di G. Holtus e E. Radtke, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1985, pp. 154-184

 


A cura di Raffaella Setti

Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

13 novembre 2009


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