A proposito di migliaccio e castagnaccio

Lorenzo Tarchi di Firenze ci chiede etimologia, eventuali differenze di significato e antichità d'uso nelle fonti dei termini migliaccio e castagnaccio.

Risposta

Il quesito ha origine dalla constatazione del sovrapporsi in area toscana di migliaccio e castagnaccio per indicare il tipico dolce costituito da un impasto di farina di castagne, acqua, olio di oliva, sale e altri ingredienti che variano da zona a zona (pinoli, noci, scorza di arancia, rosmarino, uvetta).

La storia delle due voci è sensibilmente diversa: già in latino esisteva, riferito ad impasti e focacce, l'aggettivo mīliaceus  'di miglio', con il suffisso -aceus tipico della formazione degli aggettivi da sostantivi che ha esito -accio in Toscana, -azzo in Italia meridionale e -azz(o)/-ass(o) in quella settentrionale; a Napoli miliaccium con valore di 'pane di miglio' è già attestato nel 1016 (DEI), mentre la prima attestazione della forma italiana migliaccio risale al 1310-12, nell'uso del fiorentino Dino Compagni, con valore di 'impasto di sangue (di maiale) e farina'.

La forma è presente già nella prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) definita come "Spezie di vivanda simile alla torta. Da alcuni è detto in latino tyrotarichus. ['pietanza rusticana (o torta) di pesce salato e formaggio']  Benchè questo sia spezie di esso", con esempi tratti da Boccaccio, che parla di migliacci bianchi, e Luigi Pulci. Le edizioni successive (2a: 1623, 3a: 1691, 4a: 1729-1738) mantengono l'attestazione invariata, con l'aggiunta nella terza edizione della già ricordata attestazione da Dino Compagni il quale usa la specificazione migliaccio di porco, e nella quarta di una citazione dal Malmantile racquistato del Lippi (1676). La voce della quinta edizione (1863-1923) risulta molto più articolata: il primo significato è "Vivanda fatta con sangue fresco di porco, o di altro animale, mescolato con farina, e talora con uova, e bene stemperato, e fritto in padella" con l'esempio tratto da Dino Compagni a cui se ne aggiunge uno tratto dalle Novelle del Sacchetti; la seconda accezione è "Qualunque altra specie di torta, composta con vari ingredienti e fritta come i migliacci o roventini" e all'esempio da Boccaccio si affianca la citazione dal trattato Delle specie diverse di frumento e di pane e della panificazione (Firenze 1765) del fiorentino Saverio Manetti: "La più semplice composizione di esse (schiacciate) era farina fritta con olio e cacio, [...] la qual composizione corrisponderebbe piuttosto a ciò che da noi si dice migliaccio"; infine si legge "Comunemente usasi oggi per Castagnaccio", sempre con citazione dal Manetti; per questo significato in DELI ed anche in GLDI è riportata un'attestazione antecedente nel modenese Alessandro Tassoni (1565-1635).

Per quel che riguarda le attestazioni nel restante panorama lessicografico italiano, soprattutto ottocentesco, Annalisa Nesi, traccia una sintesi in una nota a commento del termine, da lei inserito tra i toscanismi in Per una definizione dell'italiano di Toscana, scritto con Teresa Poggi Salani, in cui fra l'altro si rileva che "nel Tommaseo-Bellini ci si riferisce alla frittella di sangue di maiale e ben si domina il raffronto con altri sinonimi; nel Giorgini-Broglio la nostra parola è registrata sotto la voce castagnaccio come sinonimo, ma poi ripresa solo nel valore di frittella di sangue di maiale. Ed è per lo più in tal senso che viene in seguito registrata. La situazione si presenta comunque assai intricata e di grande interesse soprattutto se ci lasciamo sollecitare da quelle singole osservazioni che si fanno preziose: ad esempio la notazione del Petrocchi che alla voce migliaccio segnala "lo stesso e più comune di castagnaccio" ("Quaderni dell'Atlante Lessicale Toscano", 4, 1986, pp. 7-38: 22, nota 26).

Il percorso di castagnaccio ha inizio più recente e si mostra più lineare, anche per la trasparenza del legame con l'ingrediente principale: è attestato con il valore di 'torta di farina di castagne impastata con acqua e con l'aggiunta di vari ingredienti (zibibbo, pinoli), cotta normalmente in forno' in Domenico Burchiello (a. 1449 DELI). La derivazione è affine a quella di migliaccio ma si tratta di una formazione italiana. Il lemma compare nel Vocabolario degli Accademici della Crusca solo a partire dalla seconda edizione, che lo definisce "Pane fatto di farina di castagne" sulla scorta di un uso nella Nencia da Barberino (1473) attribuita a Lorenzo de' Medici; la terza edizione porta in aggiunta la citazione dal Burchiello anticipando così la datazione, e la quarta ne aggiunge una dal Malmantile. La quinta edizione riporta come descrizione "Intriso di farina di castagne con acqua, mescolatavi talvolta pinocchi, noci o uve e che condito con olio si cuoce in teglia"  ed aggiunge agli esempi il Manetti con la stessa citazione che compare  sotto la voce  migliaccio, con in più una chiusa significativa "... e certe specie di migliacci, dai nostri addimandati castagnacci".

Per ciò che riguarda l'italiano attuale i dizionari sincronici registrano castagnaccio con un valore  che possiamo sintetizzare in 'preparazione a base di farina di castagne, con  eventuale aggiunta di altri ingredienti'. Diversa la situazione per migliaccio che, qualificato come regionale o come tecnicismo del settore gastronomico, è dato come sinonimo di castagnaccio da ZINGARELLI 2004 e da GARZANTI 1998; il Sabatini Coletti 2008  aggiunge per questa accezione la specificazione di toscano; non hanno significativamente questo significato né il GRADIT né il Devoto-Oli. Inoltre per questa voce sono registrati altri significati, il  più confermato dei quali è riassumibile in 'vivanda costituita da un impasto di farina e sangue di maiale, variamente cotta' (Devoto-Oli, GARZANTI 1998, GRADIT, Sabatini Coletti 2008, ZINGARELLI 2004); molto meno attestato il valore di 'insaccato di sangue di maiale': come migliaccio di maiale, con la specifica di "regionale" in Sabatini Coletti 2008  e, deducibile dal rapporto sinonimico con sanguinaccio in ZINGARELLI 2004. Il valore di 'preparazione a base di farina (di mais)' è attestato da GRADIT, come tipico del napoletano, e da GARZANTI 1998 che riporta la citazione di migliaccio di farina gialla dall'Artusi. Infine Sabatini Coletti 2008 riporta come prima accezione, probabilmente la più corretta, 'grossa frittella sottile, analoga alla crêpe, ottenuta friggendo una pastella fatta con ingredienti diversi a seconda delle varie regioni'.

Le due voci, sinonime in gran parte della Toscana, nel più vasto panorama nazionale assumono quindi un rapporto diverso; anche in considerazione di dati forniti in rete da addetti al settore gastronomico o da siti istituzionali che riferiscono il termine a specifiche aree di produzione, in sintesi possiamo affermare che in Emilia Romagna, Toscana (area senese, arco appenninico e versante meridionale dell'Amiata) e Marche il migliaccio è una delle numerose torte tradizionali a base di sangue di maiale, che si preparava nel periodo invernale, in coincidenza con la macellazione dell'animale. Più o meno nella stessa area indica anche preparazioni salate o dolci, fatte con ingredienti diversi, spesso indicate con una specificazione o variazione di genere: in Toscana è una 'frittella di sangue di maiale' in area centro-occidentale, e una 'frittella di farina di grano (e più raramente di mais)' in area meridionale; nella zona di Faenza il migliaccio coi ciccioli, è una 'polenta di mais condita con salsicce, ciccioli, formaggio e cotta in forno', in provincia di Forlì Cesena il migliaccio di grano è un 'composto di farina, formaggio e uova, cotto in forno'. Simile preparazione è la migliaccia di Pitigliano nell'Amiata, mentre lo stesso termine indica un dolce con farina di mais uvetta e prugne nel ternano e nel reatino.

Infine in Campania, specificamente nell'area di Napoli e Sorrento, il migliaccio dolce è una specie di polenta di semolino con uova, latte o ricotta, profumata con limoncello o fiori d'arancio, mentre il migliaccio salato, è una polenta di mais condita con salsiccia, ciccioli, uva passa formaggio e pepe, passata in forno o in padella, entrambe preparate in occasione del Carnevale.

In conclusione possiamo affermare che, mentre castagnaccio può dirsi a buon diritto, una voce di lingua  per quanto riferibile a uno specifico settore, migliaccio è da considerarsi nel valore di 'torta di farina di castagne' un toscanismo, come già indicato da Nesi nel lavoro citato, così come è riferibile di volta in volta all'area emiliana e mediana o campana negli altri significati assunti, mentre in lingua appare un tecnicismo della gastronomia con il valore generico indicato in Sabatini Coletti 2008.

A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

 

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24 ottobre 2008


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