A proposito di ominile (e donnile)

Gabriele Ladogana di Cerignola ci chiede il significato della voce ominile.

Risposta

A proposito di ominile (e donnile)

Il termine ominile, non attestato dai dizionari sincronici, a differenza, come vedremo, di quelli storici, risulta in uso sia come sostantivo sia come aggettivo: dal momento che il nostro utente non fornisce alcuna precisazione prenderemo in esame entrambi gli usi.

Per ciò che riguarda il sostantivo oggi sembra trattarsi di una creazione di Gavino Ledda stando a quanto si legge in un articolo di Paolo Rumiz pubblicato su "La Repubblica" il 26 gennaio del 2006 dal titolo Un antico pastore guerriero: "[...] ciò che Ledda chiama l'Indigenìa, l'Onniverso, l'Ominile (abitazione primigenia, con lo stesso suffisso «animale» di canile e porcile). Eccole, le parole chiave di un Padre padrone sempre da riscrivere." La forma è stata usata dallo stesso Ledda nel Discorso di ringraziamento composto in occasione del Premio Nonino 2006.
La voce - questa volta con più chiaro riferimento a canile, o anche al più recente gattile, mentre ovile ci sembra il modello più probabile per Ledda - si trova anche, usata con intenti decisamente diversi da quelli dello scrittore ed evidente frutto di creazioni estemporanee fin troppo facili, attestata raramente nei forum della rete: "...Giordano, se continui Tabar ti dà il cartellino giallo e finisci in cuccia, poi il rosso e ti manda al canile degli uomini, l'ominile!". Più frequente risulta l'analoga creazione volta al femminile: il sostantivo donnile circola nelle battute dei frequentatori di Internet: "[..]andate tutti al donnile più vicino e adottate una donna!" (ed altre amenità del genere).
Crediamo di poter affermare che nessuna delle due forme, troverà accoglimento nei dizionari di lingua, almeno a breve termine.

 

Per quel che riguarda l'aggettivo, ominile sembra proporsi come un neologismo legato soprattutto al mondo della moda: in rete si parla soprattutto di pantaloni dal taglio ominile, di tipo / modello ominile, o anche semplicemente di pantalone ominile o all'ominile. La locuzione all'ominile, probabilmente coniata sul modello di (pantaloni) alla zuava, alla turca, alla pescatora, alla cavallerizza, e così via, con il sostantivo moda o foggia sottinteso, risulta piuttosto affermata: troviamo giacche, camicie, tailleurs, scarpe e cappelli all'ominile, ma si può anche essere vestite all'ominile e si possono avere i capelli tagliati all'ominile, sempre con riferimento al mondo femminile; del resto la donna stessa può essere ominile. In contesti analoghi si trova comunque maggiormente diffuso l'aggettivo maschile: pantaloni / giacca/ camicia / collo / taglio alla maschile, vestire alla maschile, capelli alla maschile.
Come il sostantivo anche l'aggettivo trova in donnile il suo corrispettivo femminile, che mostra però ambiti d'uso diversi; dall'analisi dei vari contesti sembra potersi ipotizzare l'affermazione della voce in ambienti legati alla cultura femminista in senso lato. Non di rado lo si trova contrapposto a femminile in una opposizione in cui la positività può oscillare da un polo all'altro, a seconda che donna sia interpretato come 'persona nella sua interezza', di contro a femmina 'individuo di sesso femminile della specie umana', o piuttosto come 'individuo legato ad un preciso ruolo assegnatogli da un modello sociale posto in discussione' ( "femminile e non solo donnile"); esistono anche barzellette donnili, un linguaggio donnile e così via; per sesso donnile poi sembra intendersi quello dei transessuali.

 

La coniazione dei due aggettivi si deve probabilmente al fatto che in italiano non si riscontra simmetria fra la coppia uomo - donna e i corrispondenti aggettivi come accade per esempio in spagnolo (varòn - mujer e varonil - mujeril) o in inglese (man - woman e manly / manlike / manful - womanly); la nostra lingua tende piuttosto a estendere il valore di maschile e femminile riferendoli anche a concetti riferibili più alla cultura e alla personalità degli individui che al loro sesso (per maschile GRADIT riporta anche i significati 'tipico dell'uomo', 'adatto all'uomo' e 'per uomini, riservato agli uomini'; analogamente per femminile ha 'tipico della donna', 'adatto alle donne' e 'per donne, riservato alle donne'; inoltre 'di qcs., che mette in rilievo la femminilità, le attrattive di una donna'). È vero che la nostra lingua dispone degli aggettivi virile e muliebre i quali però, oltre a riferirsi formalmente alla coppia latina vir - mulier, non rispecchiano completamente il valore semantico di uomo e donna. Virile fa specifico riferimento al sesso coincidendo quindi con maschile: vale infatti 'di, da uomo, maschile, mascolino'; anzi pone più di maschile l'accento sulle caratteristiche sessuali della piena maturità del maschio umano, visto che vale 'che è proprio del sesso maschile nella sua maturità' e 'di uomo, che è sessualmente vigoroso'; infine assume anche un valore specifico legato a caratteristiche che si attribuiscono al maschio umano 'che è proprio di una persona coraggiosa, decisa' (GRADIT). Muliebre dal canto suo è forma letteraria (GRADIT) non certo spendibile in contesti informali e si muove nella direzione delle doti e del fascino attribuiti alla donna.

 

In realtà, mentre uomo non ha a tutt'oggi un aggettivo derivato (umano deriva dal latino humanum e non può essere impiegato con riferimento specifico all'uomo maschio visto che è riferibile a tutto il genere umano contrapposto al divino o al bestiale), donna ha il derivato di uso comune donnesco. Questa voce vale attualmente 'femminile, da donna', ma almeno nella percezione comune sembra far riferimento alla divisione di ruoli non più attuale (almeno a queste latitudini). Citiamo a questo proposito il sintagma lavoro donnesco presente nel titolo di manuali educativi o programmi per l'insegnamento nella scuola fino alla soglia degli anni Sessanta (L'Insegnamento dei lavori donneschi e dell'economia domestica nella scuola elementare pratica, 1905, Economia domestica e lavori donneschi per Magistrali, 1950 - 1959). In usi più attuali la voce appare poco diffusa e ci pare sintomatico che compaia spesso in espressioni autoironiche nei blog femminili («il mio lato "donnesco" e spendereccio!!!»; giornata donnesca 'quella che più donne insieme passano a fare shopping') o in contesti sarcastici di navigatori maschi (il pericolo dell'iracondia donnesca, lusso donnesco; c'è perfino un Dizionario donnesco sul cui contenuto è meglio tacere).
C'era da aspettarsi che volendo riferire a sé stesse un aggettivo che non fosse vincolato al sesso ma le comprendesse nella loro "donnità" (termine non registrato nei vocabolari ma con 135.000 occorrenze su Google al 5 ottobre u.s.), le donne non trovassero soddisfacenti donnesco e muliebre: donnile è la risposta a questa esigenza.

 

Se ominile e donnile appaiono come innovazioni, frutto di una cultura diversa, di un riequilibrio dei ruoli legati al sesso, almeno dal punto di vista formale, non lo sono del tutto: entrambi sono attestati nella letteratura, anche se non hanno avuto molta fortuna e il loro percorso si è interrotto da tempo.
Nel GDLI l'aggettivo ominile, "voce dotta, derivata dal latino homo hominis sul modello di femminile, maschile" glossato come antico, è attestato col significato di "Maschile, virile, (contrapposto a femminile, donnesco)" in Armannino da Bologna, autore vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, il quale, di Achille in abiti femminili, osservato da Ulisse, scrive "[...] colei ha gli atti ominili" (La Fiorita, in Testi inediti di storia trojana, a cura di E. Gorra, Torino, 1887, p. 545). La voce è stata poi sporadicamente ripresa - si trova ne I fuochi del Basento, di Raffaele Nigro, Milano, 1987, ("tammorriava ['suonava il tamburello'] alla ominile, con colpi di polso", p. 156) -, ma, come abbiamo detto in apertura, non ha raggiunto la legittimazione da parte dei vocabolari.
Anche donnile è attestato da GDLI come raro equivalente di donnesco in Giovanni Battista Rocchi (sec. XVII), Cento novelle amorose degli Incogniti, 3 voll. Venezia 1651 ("La richiesta fu che volesse cangiarle vestimenta, e in vece de gli abiti donnili, la ricoprisse di panni da garzone",p. 77). Nel sintagma sesso donnile si trova anche in autori dei secoli XVI e XVII; nonostante ciò la forma, come la precedente, non è stata accolta dall'uso comune.
È certo che queste attestazioni non siano da connettersi con gli usi attuali; per quel che riguarda il destino futuro delle due voci la frequenza per ora riscontrata è così scarsa che è ipotizzabile un probabile secondo declino.

 

A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

9 ottobre 2009


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