A proposito di virale e meme

Alcuni utenti ci segnalano due neologismi legati soprattutto all'uso di internet: meme e virale.

Risposta

Nel corso degli ultimi anni hanno avuto larga diffusione due termini, virale e meme, che sui mezzi di comunicazione di massa sono andati, in alcuni contesti, a sostituire tormentone, tanto in voga nel nostro recente passato, anche se il significato non è esattamente equivalente. Non è raro oggi sentire o leggere frasi come il video ha avuto diffusione virale oppure la fotografia è diventata un meme. Vediamone l'origine e il significato.

L'aggettivo virale viene introdotto in italiano nel 1961 come termine specialistico della medicina e della biologia con il significato di 'relativo a virus; causato da un virus' (GRADIT), per cui abbiamo espressioni come infezione virale, carica virale e così via.

L'Oxford English Dictionary, alla voce viral accanto a questo significato classico ('Of the nature of, caused by, or pertaining to a virus or viruses') ne registra un secondo (inserito nel dizionario con l'aggiornamento del gennaio 2005 e con esempi di uso forniti che risalgono al 1989):

Of, designating, or involving the rapid spread of information (esp. about a product or service) amongst customers by word of mouth, e-mail, etc.

Alcuni dizionari italiani riportano, nelle loro edizioni più recenti, accezioni simili. Nel Devoto-Oli 2014 leggiamo 'che si diffonde in modo particolarmente veloce e capillare, specialmente utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione'; nello ZINGARELLI 2014 'relativo a virus informatico', 'che tende a diffondersi capillarmente'. Entrambe le opere classificano questo significato come appartenente al linguaggio informatico.

Compare da più tempo nei nostri vocabolari l'espressione viral marketing (o anche marketing virale), che arriva nella nostra lingua nel 2000: 'strategia per pubblicizzare un prodotto commerciale, basata sul passaparola tra gruppi omogenei di consumatori' (GRADIT). In un momento in cui le forme di pubblicità tradizionale apparivano funzionare sempre meno, si inizia a parlare di marketing virale intendendo un nuovo modo di trasmettere informazioni sui prodotti: una trasmissione spesso "orizzontale", tra pari, che peraltro trova una valida piattaforma nel web 2.0, quell'internet il cui contenuto è (co-)generato dall'utente: blog, forum di discussione, wiki per condividere la conoscenza, piattaforme per esprimere giudizi su servizi, oggetti ecc.

All'incirca dal 2008 in poi, virale e i suoi derivati si propagano velocemente anche nella nostra lingua. Si parla, soprattutto, di diffusione virale 'strategia di commercializzazione basata sulla propagazione della conoscenza di un prodotto entro gruppi omogenei di consumatori' e di viralità  'propagazione della conoscenza di un prodotto entro gruppi omogenei di consumatori, specialmente utenti della rete telematica' (entrambe le definizioni da Treccani Neologismi, datate 2008). Il Devoto-Oli 2014 riporta anche l'espressione video virale 'filmato condiviso in Internet da milioni di utenti attraverso social network, blog o altre forme di comunicazione online'.

Oggi si parla virale, viralità e diffusione virale ogni qual volta una notizia, una fotografia, un brano musicale, più genericamente un'unità di informazione, si diffondono con velocità pressoché incontrollabile soprattutto nel web, a denotarne il grande successo di pubblico.


Il termine meme (plurale memi o meme) è stato coniato dal biologo Richard Dawkins negli anni Settanta del secolo scorso, in un'opera intitolata Il gene egoista (The Selfish Gene, 1976), basandosi su alcune osservazioni di Karl Popper sul parallelismo tra evoluzione genetica ed evoluzione culturale dell'essere umano. Il gene, scrive Dawkins, è un replicatore di informazione che permette l'evoluzione della specie. Esistono altri tipi di replicatori? Secondo l'autore sì. Abbiamo un nuovo "brodo primordiale" e un nuovo replicatore. Riporto qui – in traduzione – il pezzo in cui Dawkins spiega la creazione del nuovo termine:

Il nuovo brodo è quello della cultura umana. Ora dobbiamo dare un nome al nuovo replicatore, un nome che dia l'idea di un'unità di trasmissione culturale o un'unità di imitazione. "Mimeme" deriva da una radice greca che sarebbe adatta, ma io preferirei un bisillabo dal suono affine a "gene": spero perciò che i miei amici classicisti mi perdoneranno se abbrevio mimeme in meme. Se li può consolare, lo si potrebbe considerare correlato a "memoria" o alla parola francese même. (Originariamente Dawkins 1976, p. 192, qui citate pp. 186-187 della traduzione di Giorgio Corte e Adriana Serra per Mondadori, 1992)

Successivamente, lo scienziato fornisce alcuni esempi:

Esempi di memi sono melodie, idee, frasi, mode, modi di modellare vasi o costruire archi. Proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando di corpo in corpo tramite spermatozoi o cellule uovo, così i memi si propagano nel pool memico saltando di cervello in cervello tramite un processo che, in senso lato, si può chiamare imitazione. (Ibid. p. 187)

Come il gene, quindi,è un'unità di informazione genetica, così il meme è un'unità di informazione culturale.

Il termine meme viene rintracciato per la prima volta in italiano nel 1979 con il significato, affine a quello definito da Dawkins, di 'elemento regolante i comportamenti degli individui di una collettività della stessa specie trasmesso non per via genetica ma per via culturale attraverso apprendimenti imitativi' (GRADIT). Qui il termine è ancora marcato come appartenente al linguaggio tecnico-specialistico della biologia.

Mentre, però, questo è l'unico senso riportato nella maggioranza dei vocabolari italiani, recentemente il termine ha subito una risemantizzazione, o meglio ha assunto un significato meno specialistico, ma non meno specifico, di quello originario.

I dizionari inglesi riportano sovente entrambe le accezioni; negli Oxford Dictionaries in linea (purtroppo senza datazione) leggiamo:

1. An element of a culture or system of behaviour passed from one individual to another by imitation or other non-genetic means.

2. An image, video, piece of text, etc., typically humorous in nature, that is copied and spread rapidly by Internet users, often with slight variations.

Una definizione di meme che tiene conto dell'influsso dei media compare al momento nella sezione Neologismi del Vocabolario Treccani, che riporta il 2012 come sua data di diffusione in italiano: 

Singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro o da uno strumento di comunicazione ed espressione a un altro (giornale, libro, pellicola cinematografica, sito internet, ecc.)

Riassumendo, si può dire che un meme è un elemento culturale o di informazione che, per qualche sua caratteristica, diviene chiaramente riconoscibile e riproducibile, e si diffonde in maniera velocissima, potremmo dire virale, per l'appunto, anche grazie alle possibilità date dai nuovi canali di comunicazione. In internet un meme può prendere la forma di un'immagine, un collegamento ipertestuale, uno spezzone video, un sito web o uno hashtag. Potrebbe anche essere una singola parola o una frase, contenente magari un errore commesso intenzionalmente per fini espressivi.
Da molti, il termine meme verrà quasi sicuramente ricondotto a un'illustrazione riproposta in rete talmente spesso da essere diventata "proverbiale". È ad esempio un meme la nota immagine di Jean Luc Picard, capitano dell'astronave Enterprise in Star Trek: The Next Generation, immortalato mentre si appoggia una mano aperta sopra il viso, gesto che in molte culture indica imbarazzo, frustrazione, perplessità.

        

Talvolta le immagini, già di per sé famose, vengono proposte, e riproposte, con abbinata una didascalia (in inglese caption), che normalmente segue uno schema che si ripete sempre uguale, pur variando parzialmente il suo contenuto. Conosciutissimo, ad esempio, il meme originato da una battuta del personaggio Boromir nel film La compagnia dell'Anello (primo episodio della trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson) "One does not simply walk into Mordor" che gira in rete sotto forma di fotogramma del film con infinite didascalie che mutano nella seconda parte (a sinistra il meme originario e a destra una delle moltissime variazioni).

A proposito di memi che contengono errori commessi volontariamente, va ricordata l'ormai storica immagine di un gatto grigio con la didascalia I can haz cheezburger? (correttamente sarebbe Can I have cheeseburger?), risalente al 2007: è uno dei primi esempi di Lolcats, ossia immagini buffe di gatti fatti esprimere in un inglese imperfetto conosciuto come Lolspeak.

Le immagini che hanno acquisito la forza espressiva di memi sono ormai numerosissime: per farsene un'idea si può andare sui molti siti che permettono di personalizzare la didascalia delle più diffuse immagini-meme, come Memecreator. Ecco che quindi, per concludere, dedichiamo un meme alle buone pratiche linguistiche, fedeli allo spirito di Crusca:

  

  

 

Vera Gheno
Redazione consulenza linguistica
Accademia della Crusca

   


   

Piazza delle lingue: Media

8 agosto 2014


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