Abitativo e alloggiativo

Alcuni lettori vorrebbero sapere se il termine alloggiativo è registrato nei vocabolari italiani, se è un termine corrente, se è sinonimo di abitativo e in quali contesti è usato. 

Risposta

 

Abitativo e alloggiativo

 

Abitativo e alloggiativo sono due aggettivi di relazione deverbali (derivano rispettivamente da abitare e alloggiare) formati con l’aggiunta del suffisso -(t)ivo, che si possono parafrasare rispettivamente ‘che riguarda l’abitazione o le abitazioni; relativo all’abitare’, ‘che riguarda gli alloggi; relativo all’alloggio’.

Il suffisso -(t)ivo è abbastanza produttivo nell’italiano di oggi: il DISC (il Dizionario della lingua italiana di Sabatini-Coletti) data a dopo il ’900 un centinaio di formazioni in -tivo (e molte di più sono quelle che si ricavano dal corpus giornalistico), appartenenti perlopiù a varietà diafasiche alte, per es. ad alcuni linguaggi tecnico-specialistici (cfr. Davide Ricca, in GROSSMANN - RAINER, pp. 435-440).

Quanto alla semantica, alloggiativo, termine più recente e di uso più ristretto, viene usato come sinonimo di abitativo, tanto che in vari documenti burocratici l’idoneità alloggiativa è spesso glossata come ‘idoneità abitativa’ (peraltro il verbo alloggiare è segnalato in alcuni dizionari, come lo ZINGARELLI 2017, tra i sinonimi di abitare; a rigore però si tratta di quasi sinonimi, perché abitare indica in linea di massima il vivere stabilmente in un luogo, mentre alloggiare indica piuttosto l’abitare in modo temporaneo; cfr. ZINGARELLI 2017, s.vv.).

Un’altra differenza tra i due termini risiede nel loro uso e diffusione: abitativo è formazione più antica e quindi più radicata e acclimatata nell’italiano (etichettata come CO ‘di uso comune’ nel GRADIT), documentata nell’italiano già nel XIX secolo (1835); la forma alloggiativo è più recente, si documenta all’incirca dal 1952 (in riferimento ai profughi provvisti di assistenza alloggiativa; cfr. La legislazione italiana di Fragali e Pizzi del 1952, p. 638) e manca in molti dizionari dell’uso (non è registrata, per esempio, nello ZINGARELLI 2017, è assente anche nella prima edizione del GRADIT, mentre è registrato nella seconda edizione del 2007). Quanto alla frequenza come si può verificare anche da una semplice ricerca su Google (della forma singolare maschile; data della ricerca 18.7.2017) le occorrenze sono in proporzione di circa 30:1 (3.090.000 di abitativo contro 115.000 di alloggiativo). Abitativo è parola d'uso comune (anche in una discreta varietà di sintagmi e collocazioni: edilizia abitativa, a uso abitativo, unità abitativa; modulo abitativo, nucleo abitativo, ecc.), mentre alloggiativo è usato poco e perlopiù in testi di ambito burocratico (si trova in espressioni come contributo alloggiativo, idoneità alloggiativa e simili). In tali testi alloggiativo ha una connotazione più ristretta e fa quasi sempre riferimento all’alloggio, quindi alla situazione abitativa precaria e provvisoria di stranieri immigrati, di profughi, di persone in cerca di asilo; in particolare è utile segnalare che uno dei documenti che mettono a rischio la richiesta del permesso di soggiorno da parte dei cittadini stranieri in Italia è proprio il certificato di idoneità alloggiativa che dichiara l'abitabilità dell'alloggio in cui vive la/il cittadina/o straniera/o, attestando che l'alloggio stesso rientra nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (si veda per esempio in  http://www.agenziahelpservice.it/ultime-news/570-idoneita-alloggiativa.html).

Con l’aumento recente degli arrivi di immigrati e di richiedenti asilo, si può registrare anche una maggiore diffusione dell’aggettivo alloggiativo (in molte espressioni: politiche alloggiative, assistenza a., bisogni a., strutture a., situazioni a., ecc.), anche in ambiti diversi, per esempio in quello commerciale: esigenze alloggiative, strutture a. (di un hotel).

 

Sergio Lubello

29 settembre 2017


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