Alcune particolarità sull'uso dei nomi propri

Il sig. M. Sammataro chiede se sia possibile usare nomi propri col valore di nomi comuni; la sig.ra S. Pedrazzini domanda se sia "corretto dire che il nome proprio di uno zaino sia Invicta e che quello di una lavatrice sia Zoppas, che il nome proprio di un fungo sia Porcino e che quello di una pera sia Williams".

Risposta

Alcune particolarità sull'uso dei nomi propri

Sono detti propri i nomi «di persona o antroponimi, di luogo o toponimi, di fiume o idronimi, ecc.» che «identificano uno specifico individuo all'interno di una categoria o di una specie» (Luca Serianni, Italiano, Milano, Garzanti, 2000, p. 74). L'accostamento a un nome comune di un nome proprio (che si dirà "in funzione aggettivale"), pertanto, è soltanto una specificazione - grammaticalmente ammissibile - di un elemento identificabile rispetto a un gruppo più ampio che lo comprenda: pera William segnala un tipo di frutto diverso da altre pere. William è sicuramente un nome proprio usato in funzione aggettivale: il Grande dizionario italiano dell'uso (diretto da Tullio De Mauro, Torino, UTET, 1998-2000) lo registra a lemma con l'iniziale maiuscola, segnalandone inoltre l'origine nel XIX secolo (da R. William, nome di un vivaista inglese) e indicandone l'uso come nome col significato di 'varietà di pera con buccia gialla e liscia, polpa bianca, morbida e leggermente acidula' e come aggettivo con pera - per inciso il Sabatini-Coletti. Dizionario della lingua italiana 2004 (Milano, Rizzoli Larousse, 2003) non registra la parola. Allo stesso modo porcino (che può essere usato sia come sostantivo sia come aggettivo ed è invece registrato da entrambi i dizionari) servirà a segnalare lo specifico tipo di fungo particolarmente pregiato. Bruno Migliorini (in particolare nel volume Dal nome proprio al nome comune, Firenze, Olschki, 1927 e nel supplemento Firenze, Olschki, 1968) ha dedicato particolare attenzione alla questione dei nomi propri entrati per ragioni diverse in uso come nomi comuni, ciò è avvenuto, per citare solo un esempio, a paparazzo: «Cognome di un fotografo nel film La dolce vita (1959) di F. Fellini (dal cognome di un albergatore di Catanzaro, letto in un libretto dello scrittore inglese G. Gissing, Sulla riva dello Jonio, 1901 [trad. M. Guidacci, Bologna 1957] e piaciuto al Fellini e al suo collaboratore Ennio Flaiano). It. giornal. paparazzo 'fotocronista petulante'» (nel supplemento del 1968 a p. LXI). 
Alcuni nomi propri, spesso usati per estensione col valore di nomi comuni, sono propriamente nomi di marchio o commerciali (gli stessi utenti chiedevano informazioni su esempi di questo genere nel citare casi come mozzarella Galbani, valigia Roncato, zaino Invicta, lavatrice Zoppas), tra i quali citare: scottex (dal nome dell'azienda cartaria Scott, 'carta assorbente per cucina'); rimmel (da una ditta inglese di cosmetici con questo nome, 'prodotto cosmetico che si applica sulle ciglia'); martini (dal nome commerciale di un vermouth, poi per esteso 'cocktail a base di vermouth bianco secco e gin'); borsalino (dal nome della famiglia di cappellai alessandrini creatori del modello, 'cappello maschile di feltro con tesa di medie dimensioni'). Questi tipi di nomi sono riconducibili a quattro casi principali: 

  • la ditta detiene un marchio e un brevetto esclusivo, nel qual caso «la parola, anche qualora sia passata a un senso generico, continua a distinguere solo il prodotto di quella particolare ditta, non potendo materialmente quest'ultimo essere imitato da altri»;
  • il nome del marchio è ormai usato per indicare lo specifico prodotto o il tipo di prodotto in generale (autogrill, walkman, nylon ecc.); 
  • l'impresa ha numerosi prodotti ma il nome si associa a uno solo in particolare: se diciamo la Polaroid pensiamo a una particolare macchina fotografica, ma la ditta produce anche altro;
  • il nome del marchio non basta a distinguere un prodotto: «"*un Toshiba", non potrebbe, se non in contesti molto particolari, sostituire l'espressione "un videoregistratore Toshiba". In linea di massima i marchi di questo tipo non sono registrati dai dizionari» (cfr. Francesco Zardo, Nomi di marchio e dizionari, "Studi di lessicografia italiana", XIII 1996, pp. 365-92, in particolare pp. 373-74).

A cura di Mara Marzullo
Redazione consulenza linguistica
Accademia della Crusca

21 maggio 2004


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