Alcuni usi di poi e poi dopo nell’interazione verbale

Alcuni lettori chiedono quale sia il significato di poi in frasi come: “l’hai poi trovato?” e “stai poi fermo!”, e se sia corretto l’uso di poi dopo in frasi come: “usciamo, poi dopo si vedrà”.

Risposta

In frasi come “l’hai poi trovato?” e “stai poi fermo!”, poi non ha valore temporale; non significa, cioè, ‘in seguito’, ‘in un tempo successivo’. In entrambe le frasi, il valore espresso da poi è di natura pragmatica.

Per illustrare il significato di poi in “l’hai poi trovato?” si può prendere ad esempio un’interazione autentica, come quella riportata qui di seguito (tratta da un forum in rete):

(1)
Paolì: sapete se in aeroporto a Fiumicino c’è un parrucchiere da uomo? Non riesco a capirlo su internet... Altrimenti credo che ci sia da andare a Parco Leonardo
(20.11.2021)
Qantaslink: Una volta l’ho visto, vicino all’ingresso (dove mi sembra c’è un ristoro) prima delle scale per l’imbarco al satellite
(21.11.2021)
Paolì: Ottimo grazie, allora quando sono là chiedo info a qualcuno!
(21.11.2021)
BrunoFLR: L’hai poi trovato il barbiere, o hai cambiato look?
(14.12.2021)
Paolì: Ahahah oddio alla fine con 5 min di treno sono andato da uno a Parco Leonardo
(19.12.2021)

In questa interazione, poi compare all’interno dell’enunciato “l’hai poi trovato il barbiere?”. Per coglierne il significato occorre far riferimento al contesto situazionale, e più in particolare al momento in cui l’enunciato è prodotto dal parlante. È importante notare, infatti, che nel momento dell’enunciazione il parlante sa che qualche tempo prima l’interlocutore stava cercando un barbiere (in aeroporto). La domanda verte dunque sul compimento di una ricerca della quale il parlante è al corrente. L’uso di poi segnala proprio la presenza di un’informazione condivisa tra parlante e interlocutore.

Più in generale, in frasi interrogative di questo tipo l’uso di poi indica che una certa domanda, o richiesta, è da riferirsi a uno stato di cose che appartiene alle conoscenze condivise fra parlante e interlocutore; e perciò, sostanzialmente, che non è posta di punto in bianco.

In enunciati come “l’hai poi trovato?” o “l’hai poi trovato il barbiere?”, poi è integrato, sia intonativamente sia sintatticamente, nel sintagma verbale. Con questo stesso valore, poi può altresì comparire in posizione parentetica (es. “sono partiti, poi, per il mare?”) o al margine della frase (es. “sono partiti per il mare, poi?”).

Anche in relazione a gradi diversi di integrazione sintattica, il comportamento di poi è ricondotto talvolta a quello di una particella modale (Marco Coniglio, Modal particles in Italian, in “Working papers in Linguistics University of Venice” 18, 2008, pp. 91-129) e talaltra a quello di un segnale discorsivo, con funzione interazionale (Carla Bazzanella, I segnali discorsivi, in Renzi-Salvi-Cardinaletti 1995, vol. 3, pp. 225-257). L’interpretazione di poi, come si è detto, fa in ogni modo riferimento a un momento specifico dell’interazione in corso e richiama aspetti del rapporto fra parlante e interlocutore, quali le conoscenze comuni. Il rimando a queste può essere inoltre inteso come una manifestazione della cortesia verbale, giacché rende la richiesta del parlante meno brusca e allontana la possibilità di una reazione negativa da parte dell’interlocutore (su questi aspetti si veda anche Andrea Sansò, I segnali discorsivi, Carocci, Roma 2020, pp. 16-20).

Si può infine notare che l’uso di poi appena illustrato è tipico del parlato dialogico e può ritenersi a pieno titolo parte della norma dell’italiano. Il fenomeno è infatti codificato come standard in numerosi dizionari, fra i quali il Sabatini-Coletti (es. l’hanno poi riparata la radio?, s.v. poi), il Vocabolario Treccani (es. è partito poi?, s’è convinto poi?, s.v. poi); il GRADIT (es. hai poi deciso quando venire?, s.v. poi) e il GDLI (es. viene poi a Firenze?, s.v. poi).

Veniamo ora alla seconda frase menzionata inizialmente: “stai poi fermo!”. Si è già detto che anche in questo caso il valore di poi è di natura pragmatica. Ciò nondimeno, si può precisare che nella frase citata poi esprime un significato specifico diverso da quello che ha in una frase come “l’hai poi trovato?”. Si consideri, ad esempio, l’interazione seguente (tratta da un copione teatrale):

(2)
Pino:      Benissimo. Fine delle trasmissioni... Per te.
Si infila le cuffie.
Gino:      Ah perché era una bella trasmissione...
Si accorge che non lo sente.
Eh maledetto...
Sorridendogli.
Al che Pino si volta e lo vede che gli sta sorridendo – togliendosi le cuffie.
Pino:     Che cosa c’è ancora, palla al piede, cos’è che hai detto?
Gino:     Io? Stai poi senza cuffie se vuoi fare conversazione!
Pino:     Ma visto che non ne voglio fare...
Si rimette le cuffie.
(Marco Stefanini, “Una domenica bestiale”)

L’enunciato “stai poi senza cuffie […]!”, così come “stai poi fermo!”, realizza un atto illocutivo di tipo “direttivo”; ha cioè l’intenzione di far fare qualcosa a un destinatario. L’uso di poi intensifica la forza illocutiva dell’enunciato; ovvero, rafforza il tentativo da parte del parlante di far fare qualcosa al suo interlocutore. Come modificatore della forza illocutiva, poi interviene anche in atti linguistici di altro tipo. Un enunciato come “fa poi freddo in cima al Monviso!”, ad esempio, realizza un atto di carattere “assertivo”; qui l’uso di poi rinforza l’affermazione di un’opinione, o di una convinzione, da parte del parlante.

In enunciati come questi, poi è integrato intonativamente e sintatticamente nella struttura della frase. Come modificatore della forza illocutiva dell’enunciato, poi può altresì presentarsi in posizione parentetica (es. ora, poi, esageri!; Vocabolario Treccani, s.v. poi) o alla fine della frase (es. finiamola, poi!; GDLI, s.v. poi).

Con questo valore di intensificazione, come del resto con funzione interazionale (es. “l’hai poi trovato?”), l’uso di poi è caratteristico del parlato dialogico. Con funzione intensificativa, tuttavia, il comportamento sintattico di poi parrebbe differire geograficamente. In particolare, poi sembrerebbe presentare un grado maggiore di integrazione sintattica, e quindi comportarsi da particella modale, soltanto in alcune varietà regionali; è quanto accade, ad esempio, nell’italiano di area emiliano-romagnola (dalla quale, non a caso, proviene l’autore del testo da cui è tratto l’esempio “stai poi senza cuffie […]!”). In posizione parentetica o al margine della frase, ossia con la collocazione tipica di un segnale discorsivo, l’uso di poi risulterebbe invece panitaliano; gli esempi di questo tipo citati sopra, del resto, sono registrati come standard in alcuni dizionari (Vocabolario Treccani, s.v. poi; GDLI, s.v. poi).

Concludiamo con poi dopo, il cui significato oscilla tra un valore temporale e un valore, nuovamente, di natura pragmatica. In un’interazione come la seguente, tratta da un corpus di parlato spontaneo, il significato della catena poi dopo coincide sostanzialmente con il valore temporale dei singoli elementi che la costituiscono, glossabile come “in seguito” (v. ad es. DISC, s.v. dopo; GRADIT, s.v. poi).

(3)
TOR001: quindi dicevi che prima vivevi verso lingotto
TOI005: sì
TOR001: e poi dopo ti sei spostato direttamente qua
TOI005: sì, perché è successo così, eh
(Corpus KIParla, PTA005)

In un’interazione come la (4), invece, tratta dallo stesso corpus, la sequenza poi dopo cumula un valore temporale e un valore di carattere pragmatico. Nell’esempio (4), infatti, poi dopo non solo introduce la descrizione di eventi avvenuti successivamente a quelli narrati in precedenza, ma segnala anche il ritorno al tema principale del discorso dopo una digressione (relativa alla condizione psico-fisica di una terza persona). Questo secondo valore, di natura appunto pragmatica, è proprio di segnali discorsivi con funzione meta-testuale, volti in particolare a scandire la progressione interna di un episodio di discorso e indicare la transizione da una parte di testo a un’altra (v. ad es. Andrea Sansò, I segnali discorsivi, Carocci, Roma 2020, pp. 20-26). È importante notare che, come segnale discorsivo meta-testuale, poi può essere usato anche singolarmente (Carla Bazzanella, Segnali discorsivi, in Raffaele Simone, a cura di, Enciclopedia dell’italiano, vol. II: M-Z, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2011, pp. 1303-1305).

(4)
BO098: ho cambiato due case,
BO098: quella vecchia e quella di adesso [..]
BO098: il primo anno è stato molto dura perché
BO098: la situazione in casa era dura,
BO098: il conservatorio mi richiedeva tanto […]
BO098: e tornavo a casa c’era questo qua che c’aveva tutti i cibi stivati
BO098: nel frigorifero […]
BO098: era un po’ malato, non lo so,
BO098: anch’io mi ritengo un po’ malato ma chiunque è malato, lui un po’ di più
BO098: ehm
BO098: poi dopo per fortuna
BO098: ho trovato un’altra casa,
BO098: l’anno seguente, che è stata appunto questa qui
BO098: in cui vivo adesso
(Corpus KIParla, BOD2013)

Diversamente dall’esempio (4), in un’interazione come la (5) poi dopo ha esclusivamente un valore meta-testuale: non introduce un evento avvenuto in tempo successivo, ma segnala che ciò che si sta per dire aggiunge elementi alla spiegazione di un certo stato di cose e conclude un blocco argomentativo. Nell’esempio (5), il significato di poi dopo è glossabile come “inoltre”, un valore che può essere altrimenti espresso dal solo poi (v. ad es. Sabatini-Coletti, s.v. poi; Vocabolario Treccani, s.v. poi; GRADIT, s.v. poi; GDLI, s.v. poi).

(5)
TOR001: lei che scuole ha fatto?
TOI050: io ho fatto la quinta elementare
TOI050: non sono andata su perché non, eh, c’era la guerra
TOI050: e poi dopo i miei non avevano neanche i soldi da mandarmi a scuola
TOR001: okay
(Corpus KIParla, PTB014)

La sequenza poi dopo compare specialmente nel parlato dialogico ed è tipica di varietà colloquiali, informali, dell’italiano. Nei dizionari in cui è registrata risulta infatti di uso colloquiale, oltre che pleonastico (v. ad es. GRADIT, s.v. poi; Vocabolario Treccani, s.v. poi); nel parlato colloquiale sono del resto frequenti le catene di segnali discorsivi o connettivi che svolgono, singolarmente, la stessa funzione. È invece da ritenersi standard, e preferibile in situazioni formali, l’uso dei singoli elementi che costituiscono la sequenza; quindi, l’uso di poi con valore temporale e/o meta-testuale e l’uso di dopo con valore temporale.

Massimo Cerruti

13 febbraio 2023


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