Diversi lettori e diverse lettrici chiedono se, negli indirizzi e nelle intestazioni delle lettere, gli aggettivi egregio e gentile possano essere rivolti, indifferentemente, sia a donne sia a uomini; se sia legittimo abbreviare tali forme; se sia consentito l’uso delle forme superlative di questi aggettivi; quale debba essere l’uso della punteggiatura dopo l’intestazione; se sia preferibile usare la maiuscola o la minuscola per gli appellativi che seguono gli aggettivi di circostanza.
Prima di tutto ricordiamo che come formula di cortesia i due aggettivi sono in uso da tempo sia con riferimento a uomini sia con riferimento a donne: è corretto scrivere sia Egregio signor Bianchi sia Egregia dottoressa Rossi; sia Gentile avv. Guidi sia Gentile prof.ssa Torri. Non esiste, dunque, una regola in base alla quale l’aggettivo egregio dovrebbe essere rivolto solo a uomini e gentile solo a donne. L’aggettivo di circostanza varia secondo il tono e la relazione tra scrivente e destinatario. Se la relazione è di tipo molto formale si usano gli aggettivi egregio ed egregia, formule di cortesia frequenti soprattutto in lettere di tipo commerciale o burocratico (che, se sono rivolte ad aziende, ditte o istituzioni si aprono anche con Spettabile, abbreviato in Spett. o Spett.le). Ne approfittiamo per ricordare che l’aggettivo illustre si usa ormai esclusivamente in contesti particolarmente formali, per rivolgersi a chi riveste cariche di prestigio, mentre esimio/ esimia e pregiato/ pregiata sono ormai avvertiti come desueti (il secondo, anche in passato, si usava soprattutto al superlativo: pregiatissimo/ pregiatissima). Più comune, generico e consigliabile, l’uso di gentile, rivolto a donne e uomini (più formale rispetto a cara/ caro, che implica una maggiore confidenza tra gli interlocutori) e adatto sia a lettere di tono formale sia a quelle di tono meno ufficiale.
Quanto alla grafia dell’una e dell’altra forma, è possibile scriverle per intero o abbreviarle in Egr. e Gent. (o Gent.le). Sull’uso dei superlativi, vanno evitate le forme egregissimo ed egregissima, usate ormai solo in contesti colloquiali ironici o scherzosi, mentre le forme gentilissimo e gentilissima possono essere scritte sia nella forma intera sia nelle forme abbreviate Gent.mo, Gent.ma (e Gent.mi, Gent.me per il plurale, così come, in passato Preg.mo, Preg.ma ecc., per pregiatissimo ecc. e, tuttora in uso, Chiar.mo, Chiar.ma ecc. per chiarissimo, chiarissima, riferiti a docenti universitari).
Per la punteggiatura, ricordiamo che il blocco iniziale è sentito come un vocativo, e quindi deve essere seguito da virgola e a capo:
Gentile professoressa (o Professoressa),
le (o Le) scrivo per ringraziarla (o ringraziarLa) della sua (o Sua) lettera.
Nella frase appena citata, si può usare la maiuscola o la minuscola per la lettera iniziale del titolo professionale (la maiuscola è obbligatoria, per ragioni di opportunità sociale, per i termini Presidente, Ministro e Ministra, Sindaco e Sindaca, Prefetto e Prefetta e simili). Per i pronomi di cortesia (le/ Le, sua/ Sua), anche all’interno di parola (ringraziarla/ ringraziarLa), la cosiddetta “maiuscola reverenziale o di rispetto” è facoltativa (ma, una volta fatta la scelta, bisogna proseguire così come si è incominciato: tutti maiuscoli o tutti minuscoli, non a volte l’uno e a volte l’altro).
Concludiamo, a proposito dell’uso eccessivo delle maiuscole, da evitare anche nelle lettere, ricordando che Luigi Einaudi, presidente della Repubblica dal 1948 al 1955 e scrittore notevole, nel 1944 scriveva che “le maiuscole si devono usare esclusivamente per i nomi di luoghi e di persone fisiche e giuridiche. […] in italiano una pagina di stampa con maiuscole inutili è un pugno negli occhi”.
Valeria Della Valle
6 novembre 2024
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