Anche i buoni si possono redimere? Cerchiamo di dirimere la questione

Alcuni lettori ci chiedono se sia accettabile l’uso di redimere presente nella lingua di alcune aziende: si può “redimere un voucher”?; e anche “I punti [...] sono redimibili”?

Risposta

Come scrive una lettrice, il verbo redìmere (con l’aggettivo derivato redimibile) usato al modo degli esempi riportati nelle domande è l’adattamento alla morfologia italiana dell’inglese to redeem nel suo valore (originariamente impiegato negli U.S.A.) di “to exchange (trading stamps, coupons, etc.) for (also in) goods, a discount, or money” [‘cambiare (bollini, buoni premio, tagliandi, ecc.) per (anche in) merci, uno sconto, o denaro’] (OED s.v. § 14 b.). Sempre come originariamente angloamericano OED segnala anche l’uso di redemption nel valore di “The presentation of something in exchange for a promised money value, esp. the exchange of trading stamps, coupons, etc., for cash, goods, or services” [‘presentazione di qualcosa in cambio di un valore in denaro promesso, spec. il cambio di bollini commerciali, tagliandi, ecc. in denaro, merci o servizi’].

Queste particolari accezioni dei termini inglesi, evidentemente legate al mondo della grande distribuzione, costituiscono l’evoluzione del significato assunto dal verbo in ambito finanziario “Of an issuer: to repay (a stock, bond, or other security), esp. at the maturity date. Of a holder: to cash in (a stock, bond, or other security)” [‘Di un soggetto emittente: ripagare (un’azione, obbligazione o altro titolo) spec. alla data di maturazione. Di un acquirente: incassare (un’azione, obbligazione o altro titolo)’] (OED s.v. § 14a.).
Così nella lingua della finanza ci sono i redeemable bonds ‘obbligazioni convertibili in denaro a partire da una certa data anche prima della scadenza’ e nell’inglese commerciale i redeemable coupons o points ‘tagliandi, punti che possono essere convertiti in oggetti o servizi’: You receive one rewardspoint for each dollar spent, and points are redeemable as air miles, hotel accommodation, car rental, and some restaurant meals [‘ricevi un punto per ogni dollaro speso, e i punti sono convertibili in miglia aeree, alloggio in hotel, noleggio di auto, e alcuni pasti al ristorante’] (cfr. Cambridge Dictionary s.v. redeemable).

Il verbo redimere usato “all’inglese” rappresenta nella nostra lingua quello che si chiama un “cavallo di ritorno” (si veda la scheda di Claudio Giovanardi su devastante): to redeem deve la sua origine in parte al francese (anglo-normanno redemer, medio francese redimer, francese rédimer) in parte al latino redĭmĕre, verbo da cui deriva direttamente la voce verbale italiana.
Questa base comune è evidente nel parallelismo delle molteplici accezioni dei due verbi, quello inglese e quello italiano: in primo luogo, in entrambe le lingue, ci si riferisce al riscatto dell'umanità dal peccato (avvenuto secondo la fede e la dottrina cristiana grazie al sacrificio di Gesù Cristo). I verbi assumono poi il valore di ‘riscattare un prigioniero o uno schiavo tramite il pagamento di una somma in denaro’ e anche quello di ‘convertire un terreno paludoso, o comunque inospitale, tramite opere di bonifica’; e altro ancora.
Per la complessa articolazione del valore semantico nei molti sensi che le voci verbali acquistano in entrambe le lingue si rimanda alle relative voci in GDLI e OED. Qui ci limitiamo a notare che, allo stesso modo dell’inglese to redeem, anche l’italiano redimere ha (avuto) un valore legato all’ambito economico, tra l’altro implicito già nella sua origine latina: il verbo redĭmĕre valeva infatti ‘riscattare’, più propriamente ‘ricomprare’ essendo un composto di re(d)-, con valore iterativo, ed ĕmĕre 'comprare', ‘prendere’ (l’Etimologico s.v.). Almeno nella lingua del diritto civile redimere significa (o, per meglio dire, significava visto che è marcata in GDLI come voce in disuso) “riscattare un bene riacquistandone la proprietà o liberandola da un diritto o da un onere reale gravante su di esso o da un vincolo di sequestro o pignoramento” (GDLI s.v. § 10).
Anche l’aggettivo redimibile, ricordato nel quesito di un lettore, ha avuto un valore in relazione al denaro, almeno fino alla metà del secolo scorso quando ancora esisteva un prestito o un debito pubblico redimìbile cioè quello “che secondo la legge che lo regola, è destinato a essere rimborsato nell’importo capitale (si contrappone al debito irredimibile o consolidato, rispetto al quale lo Stato ha solo l’obbligo di pagare gli interessi ma non di restituire il capitale)” (GDLI s.v.).

È però vero che nella nostra lingua su redimere e in particolar modo sui sostantivi redenzione e redentore hanno avuto peso preponderante i valori legati alla religione cristiano-cattolica (con Redentore si intende per antonomasia Gesù Cristo e la redenzione è soprattutto quella dal peccato originale ottenuta per mezzo del suo sacrificio). Inoltre, a partire dal XIX secolo, il participio passato redento e il suo opposto irredento hanno assunto un valore predominante legato alla storia del nostro Paese: le “terre irredente” in Italia erano Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia (con Istria e Fiume) e Dalmazia, rimaste soggette all’Austria dopo la terza guerra d’indipendenza (1866).
Probabilmente tutto ciò ha frenato l’evoluzione in ambito finanziario del verbo in italiano. Almeno fino a oggi. Oggi, infatti, soprattutto nella lingua delle aziende, l’uso di redimere e derivati in tale significato, almeno nella lingua del web, sembra in via di affermazione, benché i numeri siano ancora relativamente bassi (pagine in italiano, dati al 9/9/2019): "redimere i punti", la sequenza più diffusa, trova 4.370 occorrenze; mentre "redimere il voucher" ne ha solo 474, "redimere i buoni sconto" 268 ("redimere i buoni" ne mostra 2.930, ma la possibilità di “rumore” è piuttosto alta), "redimere il buono sconto" 494, "redimere un buono sconto" 242, "redimere i coupon" 271, "redimere un coupon" 56. Pochissime le occorrenze in associazione a tagliando.
Di una certa rilevanza la diffusione della sequenza “redimere i premi” (1.650 occorrenze al 13/9) che testimonia uno slittamento semantico del verbo rispetto al modello inglese da ‘consegnare per avere in cambio (un premio)’, riferito a buoni/punti/tagliandi ecc., verso il valore di ‘ritirare per mezzo di buoni/punti/tagliandi ecc.’, riferito a un premio. Mentre i "premi redimibili” e quelli “redenti" raggiungono rispettivamente 102 e 211 occorrenze e i “punti redimibili” o "redenti" solo poche decine (29 e 49), fortunatamente ancora non si parla di premi o punti irredenti. Appare piuttosto usato il sostantivo redenzione: “redenzione dei punti” raggiunge le 1.680 attestazioni e "redenzione dei premi" supera le 700.

Ci sembra da rilevare il fatto che l’uso si riscontra non solo nella versione italiana dei siti di aziende straniere, ma anche in quelli di aziende italiane come Unicoop Tirreno (per cui si possono redimere i punti elettronici anche se subito dopo segue la parentesi esplicativa “(ritiro dei premi)”, Supermercati PAM, Tuodì e Bimbo Store.
Diamo solo tre esempi, secondo noi, significativi.
Il primo è tratto dal Regolamento operazione a premi “Naturalmente premiati” di "Fabì il negozio Biologico ad Oristano" (www.farebiologico.it):

10. REDENZIONE DEI PUNTI PER L’OTTENIMENTO DEI PREMI
10.1 I punti possono essere redenti fino alla data indicata nell’art. 3 a condizione che la FABI’ CARD sia stata registrata attraverso un modulo di registrazione cartaceo debitamente compilato dal partecipante e consegnato nei punti vendita aderenti. La redenzione dei punti è subordinata alla idonea identificazione del partecipante nei modi stabiliti dal regolamento dell’operazione al fine di identificare il legittimo titolare del conto;
10.2 I partecipanti possono scegliere tra le varie opzioni di redenzione dei punti. I premi, il loro valore indicativo, il numero di punti ed eventuali contributi in denaro necessari per ottenerli sono indicati nell’allegato A “catalogo premi”. Qualsiasi variazione al catalogo premi sarà tempestivamente recepita nel regolamento dell’operazione (http://www.farebiologico.it/fabi/fidelity-fabi-biologico-oristano/, 24/06/2015)<7span>

Qualcosa di analogo troviamo nel Regolamento dell’operazione a premi “InViola Fidelity” pubblicato da Firenze Viola S.r.l.:

9. Redenzione dei Punti per l'ottenimento di premi
9.1 I Punti possono essere Redenti fino alla data indicata nell’articolo 4 [...] La Redenzione dei Punti è subordinata a idonea identificazione del Partecipante...
9.2 I Partecipanti possono scegliere tra varie opzioni di redenzione dei Punti, inclusi regali, voucher e scambio punti. [...]
9.3 I Punti non possono essere convertiti in denaro né venduti.
[...]
11.3 Ogni ipotesi di cessazione della partecipazione al (sic) Operazione determina la perdita di Punti raccolti dai Partecipanti interessati, senza che sia più possibile redimere i Punti
[...]13.3 In ogni caso, nell’ipotesi di cessazione anticipata dell’Operazione, i Partecipanti potranno redimere i Punti in cambio di premi entro 6 mesi dalla fine dell’Operazione ai sensi dell’articolo 13.1. La redenzione dei Punti non sarà più possibile dopo la scadenza di tale termine (http://inviola.violachannel.tv/ile/pages/InViola%20-%20REGOLAMENTO%20INVIOLA%20CARD.pdf).

Più o meno le stesse parole anche nel Regolamento dell’operazione a premi “Fedeltà Neroverde” dell’U.S. Sassuolo Calcio S.p.A

9. REDENZIONE DI PUNTI PER L’OTTENIMENTO DI PREMI
9.1 I punti possono essere Redenti fino alla data indicata nell’articolo 4 [...] La redenzione dei punti è subordinata a idonea identificazione del partecipante nei modi stabiliti dal regolamento dell’operazione al fine di identificare il legittimo titolare del conto.
9.2 I partecipanti possono scegliere tra varie opzioni di redenzione dei Punti, inclusi regali e voucher. [...]
9.3 I punti non possono essere convertiti in denaro ne’ venduti, ne’ scambiati.
[...]
11.3 Ogni ipotesi di cessazione della partecipazione al (sic) Operazione determina la perdita di punti raccolti dai partecipanti interessati, senza che sia più possibile redimere i punti.
[...]
13.2 In ogni caso, nell’ipotesi di cessazione anticipata dell’Operazione, I partecipanti potranno redimere i Punti in cambio di premi entro 6 mesi dalla fine dell’Operazione ai sensi dell’articolo 13.1. La redenzione dei Punti non sarà più possibile dopo la scadenza di tale termine (http://www.sassuolocalcio.it/images/files/REGOLAMENTO-01-03-2016.pdf).

Dalle espressioni che compaiono identiche nei tre regolamenti e da certe costruzioni inconsuete in italiano (“operazione a premi”), nonché dalla non completa padronanza del significato di redimere mostrata dalla costruzione “redimere i punti in cambio dei premi” (in luogo di “redimere i punti in premi”) presente negli ultimi due testi, si può ipotizzare un modello comune probabilmente in lingua inglese.

L’adozione di redimere (e forme relate) in questi contesti può essere stata favorita anche dalla scarsa dimestichezza che non pochi italiani mostrano di avere con il verbo nella nostra lingua. Questa affermazione si basa sulla constatazione che molte delle domande inviateci, pur riguardando argomenti diversi, mostrano un elemento comune: l’appello rivolto al nostro servizio di consulenza a “redimere la questione, la controversia” o anche “la diatriba”, in cui il verbo appare usato in luogo di dirimere.
E lo scambio (non certo l’unico: si veda per esempio la scheda di Raffaella Setti sulle sovrapposizioni nell’uso di ferrato, afferrato ed efferato) tra i due verbi non riguarda soltanto i nostri utenti: in data 13/9/2019 nelle pagine in italiano “redimere la questione” trova 4.100 occorrenze, "redimere la situazione" 4.310 e "redimere la controversia" 1.180. Sicuramente non sono cifre particolarmente rilevanti (le rispettive costruzioni con dirimere vedono 68.300, 30.900 e 22.100 occorrenze), ma costituiscono comunque la spia di un’incertezza diffusa.
Del resto i due verbi condividono, almeno in parte, l’etimologia: al pari di redimere, dirimere è un latinismo la cui base, che vale ‘separare, risolvere’, risulta composta dal prefisso dis- che indica separazione, allontanamento, e ĕmĕre nel valore di ‘prendere’ (l’Etimologico). La vicinanza formale che ne deriva – differiscono quasi esclusivamente per l’ordine delle prime due sillabe (re-di-me-re vs di-ri-me-re) –, favorisce questa tendenza alla sovrapposizione nell’uso.

Per tornare a quanto chiedono i nostri lettori: l’uso di redimere nel senso di ‘riscattare, convertire buoni, punti, tagliandi o altro in premi, sconti, servizi ecc.’, anche se ha dei precedenti nella storia dell’italiano, è a nostro parere da evitare.
Riguardo alla possibile traduzione di to redeem in questo valore, la nostra lingua ha almeno due alternative. Come si sarà notato, sia nelle traduzioni dall’inglese, sia nella descrizione dei significati assunti da redimere sono stati impiegati i due verbi italiani convertire e riscattare e il sostantivo riscatto.
Così come redimere, riscattare e convertire hanno sia un valore legato alla spiritualità, sia uno legato alla finanza (solo per fare due esempi, si riscattano le azioni e si convertono i titoli), ma nessuno dei due ha una specifica accezione coincidente con quella che ci interessa.
Mentre convertire è una voce generica che indica semplicemente ‘cambiare, trasformare’ qualcosa in qualcos’altro, riscattare è parzialmente sinonimo di redimere (si usa molto a proposito a proposito delle pensioni: riscattare gli anni di laurea, o del servizio militare) e rappresenta l’alternativa che semanticamente più si avvicina al nostro assunto, in special modo nel suo valore di “riavere, pagando quanto si è ricevuto oltre agli oneri accessori, un oggetto dato in pegno come garanzia di un prestito” (Vocabolario Treccani online). Vero è che, nel caso che stiamo esaminando, non si tratta di ritornare in possesso di qualcosa che già ci apparteneva, ma di ottenere qualcosa che ci è stato promesso; inoltre il mezzo non è il pagamento in denaro, ma il “testimone di una spesa avvenuta” (se così possiamo intendere i buoni che accumuliamo in seguito ad acquisti).
Sicuramente convertire e riscattare (e relativi sostantivi) risultano usati in modo consistente nel senso che ci interessa: "convertire i punti" trova 98.200 occorrenze, "punti convertiti" 940, "conversione dei punti" 38.400, "punti convertibili" 5.260; "riscattare i punti" 12.600, "punti riscattati" 2.960, "riscatto dei punti" 9.460, "punti riscattabili" 769 (dati al 9/9/2019, pagine in italiano). L’impiego di riscattare risulta particolarmente utile nel caso in cui l’oggetto sia il premio, in quanto coerente dal punto di vista semantico ("riscattare i premi" 6.690, "premi riscattati" 555, "riscatto dei premi" 15.300 occorrenze, "premi riscattabili" 3.410).

Concludendo: se non sembra sufficiente l’informazione che i premi si possono semplicemente ritirare e si vuole rendere in italiano il concetto espresso da to redeem, il traducente più opportuno appare riscattare (col sostantivo riscatto), preferibilmente usato nella sequenza riscattare i premi (piuttosto che i punti o simili). Se invece si vuol mantenere come oggetto i punti, i buoni o i tagliandi che siano, si può usare senz’altro convertire.


Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

17 dicembre 2019


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