Ci sono pervenuti vari quesiti sul femminile, il plurale e la corretta grafia del termine maggiordomo e altri sulla forma maschile di ereditiera. Ne trattiamo insieme perché presentano alcuni aspetti in comune.
Le domande sul femminile di maggiordomo e sul maschile di ereditiera sono in certo senso speculari e rientrano nel tema della mozione (su cui cfr. Anna M. Thornton, Mozione, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 218-227), ovvero il mutamento di genere e di classe flessiva di un nome in rapporto al genere sessuale del designatum. Nel caso di maggiordomo ci troviamo di fronte a un ennesimo caso di formazione del femminile di un nome di professione tradizionalmente maschile (tema spesso oggetto di domande da parte dei nostri lettori; si veda per esempio qui, qui e qui); nel caso di ereditiera, invece, si tratta della formazione del maschile da un nome che designa specificamente una donna, prodotta non di rado per fini ironici: l’esempio del genere più noto, in anni relativamente recenti, è quello di mammo, derivato da mamma e semanticamente ben diverso da papà.
La lessicografia sincronica
Diciamo subito che i dubbi dei lettori sono fondati perché il trattamento dei due termini nella lessicografia sincronica non è uniforme. Se prendiamo il GRADIT, infatti, troviamo registrati, in sequenza:
ereditiera [...] s.f. [CO] [1835; der. di eredità con ‑iera, cfr. fr. héritière, fine sec. XVII] donna che ha ereditato o erediterà un patrimonio cospicuo: ha sposato una ricca e.
ereditiero s.m. scherz. → ereditiera
Quanto a maggiordomo, ecco la voce dello stesso dizionario:
maggiordomo [...] s.m. [CO] [sec. XIII; dalla loc. lat. mediev. maior domus propr. “capo della casa”] 1 chi, in una dimora signorile, è a capo della servitù e cura l’andamento della casa 2 [TS] mar. in passato, chi dirigeva la mensa ufficiali 3 [TS] stor. presso i Merovingi, maestro di palazzo, dotato di poteri molto ampi, come quelli di soprintendente dei palazzi reali, amministratore delle finanze pubbliche e in seguito anche della giustizia
Il GRADIT 2007 indica esplicitamente come plurale la forma maggiordomi, mentre non lemmatizza affatto il femminile maggiordoma.
Lo Zingarelli 2021, invece, registra il femminile in -a s.v. maggiordomo (limitatamente alla prima accezione), ma non fornisce indicazioni sul plurale maschile (forse dando per scontato che sia in -i):
maggiordomo [...] [lat. tardo maiōre(m) dŏmus ‘(servo) maggiore della casa’ ☼ av. 1294] s. m. (f. -a nel sign. 1) 1 capo della servitù e dell’amministrazione in una corte o in una casa signorile | (stor.) presso i Merovingi, maestro di palazzo 2 nell’antica marina, persona cui era affidata la mensa | ufficiale un tempo addetto al controllo del materiale d’artiglieria
Nello Zingarelli 2021 non è lemmatizzata la voce ereditiera, ma il femminile compare sotto il lemma maschile ereditiere, con la variante ereditiero, nell’unico esempio riportato (a riprova, quanto meno, della sua maggiore diffusione), oltre che nella forma francese di partenza, héritière, qui indicata più esplicitamente che non nel GRADIT come alla base del termine, di cui peraltro non viene precisato il genere (ma il maschile, da cui si poteva legittimamente partire, è héritier, che è a lemma nel TLFi):
ereditiere [...] o ereditiero [adattamento del fr. héritière, dall’agg. lat. hereditārius ‘proprio dell’erede (hēres, genit. herēdis)’ ☼ 1736] s. m. (f. -a); anche agg. ● chi (o che) ha ereditato o deve ereditare una notevole ricchezza: ha sposato una ricca ereditiera
La lessicografia storica
Nella lessicografia storica le cose stanno diversamente. Nel GDLI (consultabile sugli scaffali digitali della Crusca) maggiordoma ha una sua voce autonoma, con tre attestazioni otto-novecentesche: Antonio Baldini (Quel caro magon di Lucia, Milano-Napoli, Ricciardi, 1956); Crusca5 (vol. IX, 1905; l’attestazione non si ricava direttamente dalla ricerca sugli scaffali digitali) e Giuseppe Rovani (la più antica, in quanto, come risulta non dagli Indici del GDLI, ma da Google libri, tratta da La Libia d’oro. Scene storico-politiche, Milano, Stabilimento Redaelli della Società Chiusi e Rechiedei, 1868).
maggiordòma, sf. governante di una casa nobile. – in partic.: cameriera al servizio di una principessa o di una regina.
Baldini, 10-94: un saggio di Francesco D’Ovidio... inteso a identificare chi fosse l’innominata maggiordoma della casa milanese di Don Ferrante. Crusca [s. v.]: maggiordoma: quella dama che in certe corti soprintende alle addette ai servigi di una principessa.
2 consorte di un maggiordomo; dama di corte.
Rovani, 13: poche città ebbero, come Verona, l’onore... di essere, in uno stesso momento, la residenza di tanti imperatori e re, di tanti ministri plenipotenziari, di tanti ambasciatori e gran maggiordomi e maggiordome e cancellieri di stato.
Passiamo ora al maschile di ereditiera:
ereditiero agg. scherz. di persona che ha ereditato un patrimonio cospicuo. – anche sostant.
Bacchelli, 10-44: [quest’estetismo] illudendone l’ozio, accompagnava insomma una civiltà di successori, di ereditieri, di beati possidenti, destinata a trovar la propria fine nell’insipienza, nell’ignoranza. Gramsci, 8-44: così fu che per due o tre domeniche Grugliasco fu disturbata da un gruppo di sedicenti socialisti e dai mazzieri del mondo ereditiere, esercentesco, monacale.
Dunque, il GDLI registra il termine anzitutto come aggettivo ed esclusivamente con la terminazione in -o (peraltro non documentata in nessuno dei due esempi riportati, il secondo dei quali, anzi, presenta la forma in -e) e in etimologia considera il termine derivato da eredità. Tuttavia, il fatto che anche questo dizionario (come il GRADIT) parli di formazione scherzosa fa presuppore la derivazione, almeno del sostantivo maschile, dal femminile ereditiera. In nessuno dei due esempi (novecenteschi) riportati, però, il termine pare particolarmente connotato. Lo è invece nell’esempio di Vincenzo Monti registrato s.v. spanna, che presenta effettivamente la terminazione in -o (“tale un goffo borghese alto una spanna, / di qualche ricco vecchio ereditiero, / in palazzo converte la capanna”), che si ha anche in un esempio di Paolo Buzzi (1913) citato s.v. stigmare, in cui il termine ha, di nuovo, funzione aggettivale (“il nome più triste dei tristi – Lissa – / stigmava il cuor nostro ereditiero”). L’esempio di ereditiero in Monti – tratto da La pulcella d’Orléans, traduzione da Voltaire edita postuma nel 1878, ma composta entro il 1799 – è più antico di quelli riportati s.v. ereditiera (Fusinato, Fogazzaro, Oriani) dal GDLI, che registra anche un significato analogo come ultima accezione del lemma ereditario (“Sost. erede”), in questo caso con esempi già dell’italiano antico (il primo è dai Fatti di Cesare ed è citato anche nel TLIO, s.v. ereditario, che ne conferma il valore nominale).
Completamento della documentazione storica e conclusioni sul femminile e il plurale di maggiordomo
Per quanto riguarda maggiordomo, la ricerca delle varie forme in Google libri mostra che il femminile in -a è ampiamente documentato (se pure con un altro significato) già dal sec. XVII, come dimostrano i numerosi esempi che si ricavano da Google libri, i più antichi dei quali (ne riporto il primo) sono nella traduzione del Novelliere castigliano di Miguel de Cervantes (Venezia, Barezzi, 1626, p. 294: “Ritornato al torno, egli disse alla Maggiordoma (et era quella, che più di nessun’altra mostrava di desiderare, ch’ei entrasse) che allhor’allhora lo portasse alla Signora Leonora”). Quanto al maschile plurale, la forma in -i (non documentata nel corpus OVI e quindi assente dal TLIO, che registra la voce solo al maschile singolare) è attestata almeno dal sec. XVI. Uno dei primi esempi, se non il primo, si trova nelle Vite dei diece imperatori di Mambrino Roseo (Venezia, Tramezzino, 1544, p. 210: “né solamente vendette gli uffici della Republica, ma etiandio il governo della sua casa, di Maggiordomi, Secretarii, Portieri, e tutti gli altri”). Il femminile plurale maggiordome, infine, ha qualche rara attestazione già nel sec. XVIII (“passarono a godere della Tragedia del celebre Racine intitolata l’Ifigenia, dopo di che la Corte cenò colle respettive Maggiordome, e Dame di Chiave nella piccola Galleria”, in “Gazzetta toscana”, 34, 1770, p. 1).
In definitiva, sulla base dei dati della lessicografia e della documentazione storica, possiamo dire che il mantenimento della forma maggiordomo tanto al femminile quanto al plurale (maschile e femminile) sarebbe giustificato sul piano etimologico (alla base c’è il genitivo latino domus ‘della casa’), ma il nome, un composto del latino tardo, univerbatosi in volgare già ab antiquo (la grafia maggior domo segnalataci da un lettore è decisamente non standard) e non analizzabile (un po’ come è avvenuto, mutatis mutandis, per il composto falegname), si è inserito al maschile nel paradigma dei nomi in -o/-i e al femminile (raro, ma anch’esso documentato da secoli) in quello dei nomi in -a/-e. Tali paradigmi sono senz’altro preferibili anche oggi (a prescindere dal significato del termine); le rare forme di maschili plurali invariati che si trovano soprattutto in rete, come “i maggiordomo di quartiere”, non sono da considerare etimologiche, ma si spiegano piuttosto con la tendenza all’invariabilità del sistema nominale dell’italiano contemporaneo, che si registra non di rado anche nei maschili in -o (cfr. Paolo D’Achille, L’invariabilità dei nomi nell’italiano contemporaneo, in “Studi di Grammatica Italiana”, XXIV, 2005 [ma 2007], pp. 189-209).
Completamento della documentazione storica e conclusioni su ereditiere/ereditiero
Nel caso del maschile di ereditiera, vale la pena di capire anzitutto se si tratta davvero di una mozione dal femminile. Dobbiamo allora appurare a quale testo e soprattutto a quale forma (maschile o femminile) si riferisca la data 1736 indicata dallo Zingarelli 2021, s.v. ereditiere, che è anteriore a quella riportata dal GRADIT per ereditiera (1835) e a quella dell’esempio di Monti di ereditiero citato nel GDLI. La ricerca su Google libri ci consente non solo di affermare con buona probabilità che si tratta del femminile attestato nel Mappamondo istorico di Antonio Foresti (tomo VI, Venezia, Albrizzi, 1736, p. 317: “Detestò il mondo tutto l’empia ingratitudine, da questo Principe usata all’ereditiera innocente del buon Re Ludovico, cui dovea Carlo tutta la sua fortuna, e l'esaltazione al trono di Napoli”), ma che esistono anche esempi anteriori, il primo dei quali sembra tratto dalla stessa opera (tomo III, parte 1a, ivi, 1693, p. 304: “A questo dono del Re Fratello un altro favore aggiunse Papa Urbano V, dispensando, ch’ei potesse sposare Margarita di Fiandra, sua Parente, Ereditiera di quella ricca Contea”). Ma già qualche anno prima troviamo attestazioni dell’aggettivo ereditiero/ereditiera, documentato al femminile nelle Prediche di Antonio Vieira (Venezia, Pezzana, vol. II, 1687, p. 3: “nata fra le spoglie, cresciuta fra le spoglie, ed ereditiera di spoglie tanto gloriose”), al maschile singolare nel Concistoro generale de’ santi di Giovanni Maria Muti (Venezia, Storti, 1692, p. 40: “l’ha reso Ereditiero Giovanni”) e al maschile plurale in La voce divina overo Trattato delle vocazioni alla fede di Luis de la Puente (Roma, Ercole, 1692, p. 305: “Se abbiamo la sorte d’essere Figliuoli, per conseguente siemo anco ereditieri: E non ereditieri in qualunque maniera, e di qualunque siasi, ma del medesimo Dio, e di Giesù Cristo”).
La prossimità delle prime attestazioni non ci consente di trarre conclusioni sicure. Tuttavia, questo sembra uno dei casi in cui potrebbe essere utilmente applicato all’italiano il concetto di “etimologia multipla” in uso nella linguistica romena: è probabile infatti che il nome non costituisca una conversione dal preesistente aggettivo ereditiero/ereditiera (che sembrerebbe essersi affiancato al più antico ereditario/ereditaria per influsso dello spagnolo) e che la forma più antica sia quella femminile (esemplata, anche e soprattutto sul piano semantico, sul francese héritière), da cui è stato poi formato il maschile. Certo, il termine al femminile è assai più diffuso che non al maschile, come mostra la schermata di Ngram Viewer (in cui non è considerata la forma ereditiere, in quanto potrebbe essere, oltre che maschile singolare, anche femminile plurale):
È probabile che la maggior frequenza del femminile si debba anche a motivi d’ordine sociale, che impedivano di riferire alla donna il termine erede (peraltro ambigenere), che implicava un’eredità non esclusivamente patrimoniale, ma comprendente anche il titolo, l’attività familiare ecc., e che spettava solo al figlio maschio. Direi dunque che per ereditiero si possa effettivamente parlare di mozione dal femminile; la più tarda formazione di ereditiere come nome maschile singolare e il suo uso, pienamente legittimo, al posto di ereditiero potrebbero spiegarsi sia con il fatto che per formare suffissati nominali ‑iere è assai più produttivo di ‑iero, che “nell’italiano contemporaneo [...] è piuttosto un suffisso aggettivale” (Maria G. Lo Duca, Nomi di agente, in Grossmann-Rainer 2004, p. 202), sia come una sorta di “rivendicazione” dell’autonomia del maschile, per evitare quella connotazione scherzosa indicata nel GRADIT e nel GDLI per la forma in -o.
Per concludere, possiamo dire che sia ereditiero sia ereditiere sono forme corrette, ma per un uso puramente denotativo del termine pare preferibile usare la seconda.
E la governante?
Segnaliamo infine, con riferimento alla specifica richiesta di un lettore, che la governante ha funzioni ben diverse da quelle del maggiordomo, a cui sarebbe gerarchicamente subordinata. Dunque questo nome femminile – che è entrato in italiano nel sec. XVII, sul modello del francese gouvernante, nel senso di “donna stipendiata che si occupa dei bambini o provvede al buon andamento della casa” (Zingarelli 2021) o di “collaboratrice familiare a tempo pieno cui è affidata la cura e la sorveglianza dei bambini o che si occupa dell’andamento della casa” (GRADIT) – non costituisce una possibile alternativa a maggiordoma.
Restando nel tema della mozione, notiamo che né lo Zingarelli 2021 né il GRADIT prevedono il maschile di governante in questo senso. Tuttavia, se ne trovano alcuni esempi recenti, sia nella stampa (“Il governante, però, doveva sempre intervenire e, spesso, lo picchiava. Anche il marito lo picchiava quando il bambino era incontenibile. Questo succedeva spesso”; Tommaso Traetta, Comunicare non basta, 2012; consultato nell’e-book), sia in rete, da cui traggo questo post: “Salve sono andrea e lavoro da 10 anni negli alberghi come facchino ai piani, vorrei cambiare mansione e vorrei fare il governante ho un ambizione per questo lavoro anche se non e facile per essere3 un uomo”, che peraltro si riferisce specificamente alla professione di executive housekeeper (prima governante) negli alberghi di lusso.
Paolo D'Achille
22 giugno 2021
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