In molti hanno scritto alla nostra redazione per sapere se in italiano il verbo avanzare può essere usato in senso transitivo con il significato di 'lasciare, non consumare completamente'. In particolare, Arianna Miola di Roma ci chiede se è possibile dire ho avanzato la pizza. L'argomento risulta interessante per molti lettori visto che è stato affrontato in diversi forum di interesse linguistico. Sempre sul verbo avanzare, Irma Chiodino di Olbia, ma residente in Veneto, ci domanda se la forma avanzare qualcosa da qualcuno possa essere ritenuta corretta.
Avanzare transitivo
Il verbo avanzare ammette sia la forma transitiva che intransitiva. I maggiori vocabolari sincronici (GRADIT, Sabatini-Coletti, ZINGARELLI) ne attestano l'uso transitivo con il significato fondamentale di 'proporre, presentare': avanzare una richiesta, delle scuse oppure 'muovere e mettere più avanti' riferito a qualcosa di concreto: avanzare la sedia, le truppe. È riportato anche l'uso comune di avanzare con l'accezione di 'superare (qualcuno in qualcosa)', per esempio avanzare il collega in bravura, e di 'promuovere (qualcuno) a un grado superiore'. L'impiego transitivo con il valore di 'rimanere' generalmente si riferisce a questioni economiche; prendiamo come esempio la citazione del GRADIT che cataloga il lemma come voce a basso uso attribuendogli il significato di 'avere in più, avere risparmiato': avanzare una piccola somma.
L'impiego di avanzare come 'lasciare, non consumare completamente (qualcosa)' è testimoniato nei vocabolari citati solamente con la forma intransitiva e con l'ausiliare essere. Prendendo in considerazione il nostro esempio, quindi, in italiano standard, la formulazione corrente è mi è avanzata la pizza. La possibilità della costruzione transitiva di avanzare con il significato di 'lasciare, serbare' (quindi ho avanzato la pizza secondo l'esempio della lettrice di Roma) è registrata in Devoto-Oli (anche con la preposizione a: mi avanzi un po' del tuo dolce?) che lo classifica come un regionalismo. L'attestazione del Devoto-Oli arriva fino al 2009; nella nuova edizione, quella del 2010, la voce non è più presente.
Prendendo in considerazione le poche occorrenze in rete e le testimonianze dei parlanti, possiamo classificare l'uso di avanzare transitivo con il significato di 'lasciare' come un regionalismo certamente riferibile all'area lombarda, ma diffuso probabilmente anche in altre aree.
Veniamo alla seconda domanda. In questo caso possiamo sostenere con certezza l'appartenenza all'italiano standard dell'espressione avanzare qualcosa da qualcuno. Il GRADIT attribuisce alla forma un utilizzo comune e gli conferisce il significato di 'avere in credito': avanzare diecimila lire da qualcuno. Identico approccio per il Sabatini-Coletti che riporta la seguente definizione: "essere in credito di qualcosa, dover avere del denaro da qualcuno: avanzo dei soldi da te". Il GDLI ne attesta la forma transitiva, anche assoluta, con il significato di "essere creditore (di qualcuno); avere in credito una somma di danaro" e segnala anche un esempio cinquecentesco di Ludovico Ariosto nella scena II dell'atto II de La Lena ("Farò come i famigli che 'l salario / non ponno aver, che co i padroni avanzano"), cui aggiunge: Giuseppe Giusti nell'Epistolario ("Gridando faceva testamento : - Sono del tal luogo, avanzo venti scudi dal tale, ne ho in tasca altri quattro, lascio tutto il mio"), Federigo Tozzi nel IV capitolo de Il podere ("Aveva questionato a morte... pretendendo, come ripicco, di avanzare il pagamento di due maiali") e nel XXIII capitolo della medesima opera ("Io pago subito: i debiti non li voglio. Se io avessi uno che avanzasse da me, gli tirerei una fucilata dalla finestra").
L'accezione a tutt'oggi gode di buona salute, sono molte le testimonianze nel web che riportano l'impiego frequente di questa forma anche da parte dei giovani. Basti pensare che compiendo una ricerca libera su Google della locuzione avanzi qualcosa da me, la prima occorrenza richiama una pagina di una nota piattaforma sociale molto utilizzata dai ragazzi.
A cura di Valentina Zenoni
Redazione Consulenza Linguistica
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27 novembre 2009
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