Emanuele Gandolfo da Torino, Antonella Grande da Macerata, Damiano Gaggia da Terni e Giuseppe Jemmolo da Montagnana (Padova) ci chiedono se esistano e quali siano le differenze tra i verbi cadere e cascare e, in particolare, se ci sia stata evoluzione nel corso del tempo nell’uso di cascare.
Cadere e cascare
Come riportato dai dizionari etimologici (DELI, LEI, L’etimologico), il verbo cascare deriva dal latino volgare *casicāre, derivato di cāsus -ūs‘caduta’. Il verbo ha in partenza valore iterativo e dunque è più espressivo rispetto a cădere, da cui deriva l’italiano cadere.
Cascare è voce toscana databile al XIII secolo (la prima attestazione è, secondo il TLIO, nel Bestiario moralizzato, testo aretino-castellano), che si presenta nel significato principale di ‘spostarsi dall'alto in basso in modo incontrollato per effetto della forza di gravità’. L’idea è di una caduta improvvisa, grave (si pensi per esempio a cascata, che deriva infatti dacascare), di un crollo o di un qualcosa che si stacca naturalmente da una parte (GRADIT). Possiede, dunque, potenzialmente una maggiore intensità semantica rispetto a cadere, che è il verbo dal significato più generico.
Dalla consultazione della LIZ e della BibIt, Biblioteca Italiana, risulta che cascare è forma ben attestata nella tradizione letteraria italiana, con valore più espressivo rispetto a cadere; ricorre per esempio in Dante (Inferno, XII: “Or vo' che sappi che l'altra fïata / ch'i' discesi qua giù nel basso inferno, / questa roccia non era ancor cascata”). Cascare è presente ancora in molti testi letterari successivi di Machiavelli, Ariosto, Goldoni, Monti, Foscolo, Leopardi, Giusti, Collodi, Capuana, Verga, Pirandello, Svevo.
Cadere e cascare nelle prime quattro impressioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca vengono considerati due verbi pressoché sinonimici. Leggiamo infatti nelle prime due edizioni s. v. cascare: “Lo stesso di cadere”; nella terza e quarta impressione (1691; 1729-1738) viene specificato: “Cadére. Usandosi così cadere, comecascare, ne’ medesimi sentimenti, modi, e locuzioni” e tale definizione viene ripresa dall’Alberti da Villanuova nel Dizionario universale critico enciclopedico della lingua italiana (1797). Nonostante venga sottolineata la sinonimia tra cascare e cadere, i Cruscanti si soffermano sulla produttività di cascare in un numero di locuzioni ed espressioni proverbiali maggiore rispetto a cadere: “Cascare il fiato, le braccia, o simili, vale ‘Perdersi d'animo’, ‘Rimanere sbalordito’. [...] Cascare altrui le vestimenta, o simili di dosso, vale ‘Essere male in arnese’, o ‘Tornar male al dosso le vesti’, o simili. [...] Cascare il cacio su' maccheroni, diciamo quando avviene alcuna cosa inaspettata, e che torna appunto in acconcio a ciò, che si desidera”.
A partire dalla lessicografia ottocentesca cadere viene considerato il verbo dal significato più generico ecascare quello dal valore più specifico. Per esempio, nella Teorica de’ sinonimi italiani di Giovanni Romani (1825), s. v. cadere: «Cadere, lat. cadere, è il più generico de’ sopraccennati verbi, ed indica soltanto il movimento dall’alto al basso, senz’alcuna accessoria nozione di celerità e di maniera [...]. Cascare per lo più si dice delle cose che sono attaccate ad altre, per esempio: “Che il naso ti caschi nelle calcagna”. Così si dice: “le ripe troppo pendenti cascano”, “le mele mature cascano dall’albero” [...]. La relazione pertanto che offre cascare, al corpo da cui si stacca il mobile, il rende differente da cadere, che si concepisce assoluto». In maniera simile il TOMMASEO-BELLINI (1865), s. v.cascare: “d’usi simili a Cadere, ma non tutti uguali. [...] Accenna, più direttamente di Cadere, al luogo dal quale il mobile scende o sul quale scende, ed è sovente un cadere più grave” e s. v. cadere: “è generico; dice semplicemente la scesa del mobile dall’alto al basso. Cascare accenna più direttamente al luogo dal quale il mobile scende o sul quale scende; ed è sovente un cadere più grave”. Il Vocabolario dei sinonimi della lingua italiana di Fanfani (1865) aggiunge: «Cadono i corpi per legge di gravittà;casca una persona per debolezza o infermità di membra».
Sembra emergere, dunque, un valore icastico veicolato da cascare, che cadere non possiede. Questo viene confermato dalla letteratura, leggiamo per esempio in Goldoni: “Quali donzelle accorte, ah, non sarian cascate?”; in Leopardi: “Sedeva, e sopra ’l petto gli cascava / la testa ciondolante”; in Collodi: “con tanta violenza e tanta avidità, che Pinocchio, cascando giù in corpo al Pesce-cane, batté un colpo così”; in Svevo: “gli cascavano addosso, l’opprimevano”.
È interessante la sostituzione dicadere con cascare operata in qualche caso da Manzoni nell’edizione del 1840 dei Promessi Sposi: per esempio, nel capitolo XI “Non li getto io;cadono essi” dell’edizione 1827 diventa “Io non li butto via;cascan da sé” in quella del 1840. Allo stesso modo, nel capitolo XXXIII “Tutta gente con certi abiti che cadevano a brani” della Ventisettana corrisponde a “Tutta gente con certi vestiti che cascavano a pezzi” della Quarantana. Manzoni sostituisce inoltre “ah! la c’è incappata la brava” con “ah! la c’è cascata la brava” (capitolo X) e le espressioni si rovescia addosso con casca addosso (capitolo XXVI), venire addosso con cascare addosso (capitolo XXIX). La sostituzione di cadere con cascare avviene probabilmente perché l’autore ha notizia dai suoi corrispondenti della maggiore frequenza di cascare nell’uso toscano.
Nella quinta impressione della Crusca cascare viene scelto come forma preferibile in contesti informali: “Venire da alto a basso, tratto dal proprio peso: lo stesso che cadere, ma denota alquanto più d’intensità, ed è più dell’uso familiare”. Tale marca d’uso compare successivamente nel Vocabolario della lingua parlata di Rigutini-Fanfani (1875), nelNovo Vocabolario di Giorgini-Broglio (1885) e nel Novo dizionario universale della lingua italiana di Petrocchi (1892).
Cascare, dunque, nasce come forma toscana della tradizione letteraria, la cui vitalità è confermata dall’ampia fraseologia (ess. cascare dalle nuvole, cascare dal pero, cascare le braccia) e dalla produttività di composti come cascamorto e di sostantivi come cascata; nella seconda metà dell’Ottocento comincia a essere definita come forma più familiare rispetto a cadere.
Uscendo dalla lessicografia di area toscana, è molto interessante la definizione di Cherubini nel Vocabolario milanese-italiano (1839), s. v. cascà: “Cascare. Cadere. Fra noi però la voce Cascà è usata soltanto da chi vuol parlare il dialetto colla garbatezza delle persone di alta condizione”. Allora, a Milano sembrerebbe che cascare fosse percepito nel dialetto come alto.
Per quanto riguarda la lessicografia moderna, il GDLI, il Migliorini-Cappuccini (1965), il De Felice-Duro (1993), il Devoto-Oli (2012) e il Vocabolario Treccani definiscono cascare come familiare e ne riportano l’uso a un contesto informale; mettono anche in risalto la produttività del verbo in particolari locuzioni pragmatiche e modi figurati, comecascare in piedi, cascare dal sonno, far cascare le braccia, cascare dalle nuvole, cascare come una pera cotta ecc. Lo Zingarelli, in tutte le sue edizioni, marca cascare come colloquiale, ma è l’unico a soffermarsi sull’uso letterario del verbo nel significato di ‘scorrere impetuosamente in basso’ e su quello arcaico di ‘calare verso il basso’, attestato in Ariosto: ‘Comecasca dal ciel falcon maniero’. Il GRADIT, il DISC (1997), il Sabatini-Coletti (2006) e il GARZANTI (2007) non fanno riferimento al contesto formale-informale, ma mettono in evidenza l’abbondanza di locuzioni del tipo qui casca l’asino, nemmeno se cascasse il mondo, e di composti come cascamorto e montacasca.
Cascare ha la meglio sucadere proprio nella fraseologia: dalla consultazione della LIZ risultano 32 occorrenze di cascare dalle nuvole e 17 di cadere dalle nuvole. In alcuni autori, inoltre, i due verbi si alternano: per esempio nel Mastro Don Gesualdo di Verga leggiamo “io casco dalle nuvole” e “quasi cadesse dalle nuvole”. Lo stesso avviene anche in Belli, De Roberto e Pirandello.
Dal punto di vista della distribuzione geolinguistica, secondo l’AIS, Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz,1928-1940 (volume II, carta 220), la terza persona singolare del verbo cascare al passato remoto (cascò) è diffusa soprattutto nell’Italia centrale (oltre alla Toscana, anche nell’area del marchigiano meridionale e nell’abruzzese); nel Nord è utilizzato nella zona lombardo-occidentale, in quella veneta e nel triestino-giuliano. Questo è confermato dalla banca dati del progetto LinCi -La lingua delle città (ricerca cofinanziata dal MIUR, diretta da Teresa Poggi Salani e continuata da Annalisa Nesi, che si propone di indagare le varietà regionali di italiano, mediante questionario, nelle diverse città d’Italia), dalla cui consultazione risulta che - tra le 18 città in cui sono state condotte finora le inchieste - cascare prevale su cadere (in contesti informali) a Firenze, Livorno, in cui è dichiarata frequente anche la variante lessicale volare, Siena, Prato, dove è data come forma esclusiva, e Roma. È invece percepita come meno in uso ad Arezzo e Latina. Nelle poche città del Sud in cui sono state condotte le inchiestecadere viene indicato come forma prevalente.
La consultazione del LIP (Lessico Italiano Parlato, a cura di Tullio De Mauro) mette in evidenza che tra cascare ecadere quest’ultimo è il verbo maggiormente utilizzato: vengono registrate infatti solo 9 occorrenze di cascare rispetto alle 35 di cadere. Questo coincide con il dato fornito da Internet: Google registra, infatti, 1.900.000.000 occorrenze della sequenza esatta è caduto e 140.000 di è cascato. Altresì l’interrogazione del corpus del quotidiano online La Repubblica e dell’archivio storico del Corriere della Sera confermano l’uso di cascare soprattutto in espressioni cristallizzate: “si era visto cascare in mano la vittoria”, “farebbero cascare le braccia a qualunque creatore di mitologie sportive”, “non cascare nella trappola delle provocazioni”, “può cascare il mondo”, “cascare su una buccia di bananaha sempre fatto ridere”.
Per rispondere allora ai nostri utenti, della coppia cadere-cascare, cadere contrassegna senza dubbio lo standard ed è neutro da connotazioni regionali e di registro, mentre cascare, che oggi viene utilizzato soprattutto nelle espressioni idiomatiche, è sicuramente forma toscana e comunque la sensibilità nel suo uso varia regionalmente.
A cura di Francesca Cialdini
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
8 giugno 2012
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Per concomitanza con le Feste, la visita all'Accademia della Crusca dell'ultima domenica del mese di dicembre è stata spostata al 12 gennaio 2025 (ore 11).