Dopo la trattazione degli etimi di camorra e mafia, Alberto Nocentini conclude il suo scritto affrontando la questione dell'origine di 'ndrangheta.
Ultima e tardiva a emergere dalla sua vita sotterranea a più di un secolo di distanza è ’ndrangheta, che avuto la sua registrazione lessicale grazie a Ernesto Ferrero (I gerghi della malavita dal ’500 a oggi, Milano, Oscar Mondadori, 1972) nella forma ’ndranghete, adattamento del dialettale ’ndranghiti. La proposta etimologica che ha riscosso più consensi è stata formulata da Paolo Martino nel saggio Per la storia della ’ndranghita (Roma, Università “La Sapienza”, 1988), dove si sostiene la provenienza dal greco andragathía ‘virtù propria dell’uomo’ e per superare le difficoltà di ordine fonetico poste dalla derivazione diretta di ’ndranghita da andragathía, prima fra tutte lo spostamento dell’accento, si presuppone il tramite del verbo ’ndranghitiari ‘atteggiarsi a uomo d’onore’, da cui per retroderivazione sarebbero discesi sia ’ndranghita ‘onorata società’ che ’ndranghitu ‘uomo d’onore’. La sopravvivenza della voce classica andragathía, priva di testimonianze nei dialetti calabresi e siciliani, sarebbe garantita da un documento singolare: in una carta dell’Italia meridionale del geografo olandese Abrahamus Ortelius, pubblicata ad Anversa nel 1596, colla dicitura Andragathia regio, posta sotto l’etnico Lucani, viene indicata un’area corrispondente al Cilento, mentre nel Thesaurus Geographicus, che ebbe più edizioni a partire dal 1587, l’andragathia è collocata “in Brutiis”, cioè nell’attuale Calabria.
La carta di Ortelius, oltre ad essere un testimone unico, presenta altre peculiarità degne di nota: la Calabria è indicata nella sua parte centro-settentrionale mediante l’etnico Brutii, mentre Calabria indica la Puglia salentina e la dicitura Andragathia regio copre un’area bianca, priva di indicatori geografici. Tutto questo prova che le fonti del cartografo sono i geografi classici e che alle sue fonti manca una descrizione del Cilento, area priva di vie di comunicazione e quindi sconosciuta nei particolari, per la quale non trova di meglio che la denominazione di Andragathia regio, associata all’etnico Lucani e motivata dalla fama di combattenti fieri e valorosi che i Lucani godevano nell’antichità. Dunque si tratta di una reminiscenza classica del dotto geografo olandese, oltretutto non riferita alla Locride, epicentro delle società mafiose, e non certo della testimonianza della sopravvivenza medievale di un grecismo riaffiorato ai giorni nostri.
Scartata l’ipotesi del grecismo, non resta che indagare fra i materiali dialettali di origine neolatina e, mancando una tradizione lessicografica accurata ed esauriente per i dialetti della Calabria e in particolare della Locride, si può ricorrere alla contigua Sicilia e in particolare alle province di Messina e di Catania, la cui continuità dialettale colla Calabria meridionale è cosa nota. Nel II Volume del Vocabolario siciliano curato da Giovanni Tropea (Catania-Palermo, 1985) la voce ’ndrànghiti ‘associazione mafiosa’ è registrata colle varianti ’ntràgniti e ’ntrànchiti, che ricorre nella locuzione ra ’ntrànchiti ‘(essere) della malavita’; quest’ultima variante coincide coll’omonimo ’ntrànchiti ‘interiora di capretto o di pecora’, che a sua volta presenta le varianti ’ntragni, ’ntràgnisi, ’ntrànghisi ‘interiora, frattaglie’ e discende dal lat. interanĕa ‘interiora’, come l’antico francese entraignes, il catalano entranyes, lo spagnolo entrañas, il portoghese entranhas. La coincidenza delle varianti di ’ndrànghiti ‘associazione mafiosa’ con quelle di ’ntragni ‘interiora’ non può essere fortuita e quindi si prospetta un rapporto di derivazione, che va inevitabilmente dalla ricca famiglia lessicale discendente dal lat. interanĕa (resta solo il sospetto che le voci siciliane siano state introdotte dal catalano o dallo spagnolo) verso l’isolato ’ndrànghiti.
Sul piano formale le differenze fonetiche fra le varianti ’ndrànghiti e ’ntrànchiti si spiegano agevolmente come fenomeni di assimilazione dovuti alla generalizzazione della sonorità consonantica nel primo caso e della sordità nel secondo, mentre la differenza fra ’ndrànghiti e ’ntràgniti risponde all’esito alternativo che si ritrova nelle coppie come unghia e ugna, cinghia e cigna. La terminazione -ti di ’ntràgniti (e quindi di ’ndrànghiti) rispetto a ’ntragni è un suffisso con valore collettivo, che ricorre in voci dilettali calabresi che si riferiscono a insiemi di oggetti minuti, quali durciàmati ‘assortimento di dolci’, salèmiti ‘ciccioli’, sordàmiti ‘piccola somma di denaro’, spezzàmiti ‘ritagli, rottami’, spicòmati ‘insieme di spighe raccolte’; il suffisso è con tutta probabilità di provenienza greca ed è ricavato dai prestiti declinati secondo il paradigma del neutro stóma, plur. stómata, dove il morfema -ta è stato identificato con facilità come segno di pluralità e poi normalizzato in -ti conformemente alla desinenza dei plurali di origine latina.
Sul piano semantico il significato di ‘interiora, intestini’ ha assunto quello metaforico di ‘membri uniti da un legame interno, profondo, esclusivo e riservato’ e quindi ‘uomini d’onore’, da cui la locuzione società dei ’ndranghiti e per ellissi semplicemente ’ndranghiti.
Alberto Nocentini
Piazza delle lingue: Lingua e storia
7 aprile 2014
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