A coloro che ci chiedono se per il femminile di cane, oltre a cagna, si possa usare anche cana proponiamo la risposta di Paolo D'Achille pubblicata sulla Crusca per voi, aprile 2011).
Cana o cagna?
«Non è forse un caso che la nostra lettrice scriva da Roma: infatti nel dialetto romanesco (e anche nell’italiano regionale romano) la forma cana come femminile di cane, sia in senso proprio sia in senso figurato, è diffusa, come lo è in altri dialetti, specie centromeridionali. Possiamo documentarla col verso “sta cana eternità dev’esse eterna”, che conclude un celebre sonetto belliano (nel Belli, peraltro, si hanno anche cagna e cagno), con il titolo della canzone di Claudio Baglioni Io, lui e la cana femmina (nel cui testo figura accanto ad altri romaneschismi e popolarismi come fregnone), con una battuta del protagonista nel recentissimo film di Antonio Albanese Qualunquemente (dove peraltro sembra riferita a un cane maschio). Ma la forma corretta del femminile di cane (lat. cane(m)) è cagna (lat. parlato *cania(m)), documentata, al pari del maschile, già nel Duecento. Mentre il femminile dei nomi maschili (di animali, ma anche di esseri umani) uscenti in -o (a parte i casi di nomi tra loro irrelati come toro/mucca) si ottiene in genere con il semplice cambio della desinenza, in -a, come è avvenuto per gatto/gatta e cavallo/cavalla (ma in gallo/gallina si è aggiunto anche un suffisso), per i nomi uscenti in -e (meno numerosi) si ricorre spesso a suffissi (-essa: leone/leonessa, elefante/elefantessa; nei nomi propri -ina: Cesare/Cesarina). In questo caso è una variazione fonetica (la nasale palatale invece della nasale dentale del maschile) che si aggiunge alla desinenza in -a per consentire quella distinzione di genere legata alla differenza sessuale la cui esplicitazione nel caso degli animali domestici è sempre importante. Ci sono peraltro dialetti in cui la distinzione è realizzata solo grazie all’articolo, come a Rieti, dove lu cane si oppone a la cane. Va detto infine che la forma cagna non è isolata, perché vari altri derivati e alterati di cane presentano, per motivi etimologici, la palatalizzazione della nasale: si pensi a cagnara, cagnolino, cagnaccio, cagnone e cagnetto (a Roma si sente anche dire canone e canetto, ma si tratta, di nuovo, di forme dialettali o comunque substandard)».
Piazza delle lingue: La variazione linguistica
20 ottobre 2017
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