Come era prevedibile, il dibattito sulla correttezza o meno di una frase della ministra Fedeli contenente la sequenza sempre più migliori è arrivato anche al nostro servizio di consulenza, a cui sono pervenute, in pochi giorni, moltissime domande al riguardo. Ecco di seguito il nostro punto di vista.
Cerchiamo di essere sempre più... obiettivi!
Partiamo, filologicamente, dalla trascrizione del brano “incriminato”, nel quale inseriamo la prosodia, indicando con sbarre i punti di pausa nella dizione e con il neretto una parola enfatizzata con la voce:
“C’è il rafforzamento della formazione per i docenti che svolgono le funzioni di tutor dedicati all’alternanza | perché offrano percorsi e assistenza sempre | più migliori a studenti e studentesse”.
Questa frase è tratta dal discorso pronunciato dalla ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica Valeria Fedeli il 20 dicembre 2017, durante una diretta streaming sugli “Stati generali dell’alternanza scuola-lavoro”. Quel sempre più migliori ha scatenato subito un profluvio di critiche e la Ministra è diventata (e non è la prima volta) bersaglio di giornalisti e oggetto di satira.
Accanto a numerosi censori, la sequenza sempre più migliori ha trovato anche qualche difensore; secondo alcuni, infatti, la frase sarebbe corretta perché il sempre più (equiparabile a vieppiù) andrebbe riferito al verbo precedente (offrano) e non al seguente migliori. Come si evince dall’ordine delle parole e dalla prosodia del brano (ed è stato rilevato da Francesco Sabatini, nel suo spazio televisivo nella trasmissione Uno mattina in famiglia dello scorso 31 dicembre), questo riferimento all’indietro è del tutto gratuito e quindi l’errore è innegabile: il più è legato amigliori, che è aggettivo dei precedenti percorsi e assistenza. Sabatini ha voluto perfino ipotizzare che quella pausa rivelasse un’esitazione della lettrice al momento della lettura, con l’occhio che correva alla costruzione successiva: in tal caso sarebbe un segnale di (tardivo) pentimento, se il testo era stato redatto dalla lettrice stessa, o un sobbalzo davanti a un testo scritto da altri.
Quanto all’uso del sintagma sempre più la norma attuale impone di eliminare il più se segue un comparativo, oppure di usare l’aggettivo al grado positivo (per es., sempre più qualificati, appropriati, ecc.). Per rendersi conto dell’inaccettabilità del costrutto, basterebbe costruire una frase analoga con un altro comparativo organico. Ci sembrerebbe corretta una frase come bisogna trovare spazi sempre più maggiori? L’alternativa è, in un caso, trovare spazi sempre maggiori (se si pensa a spazi di crescenti dimensioni), in un altro, trovare sempre più spazi maggiori (se si vuol dire che deve crescere l’impegno nel trovare spazi che siano anche di dimensioni crescenti, ma basterebbe dire grandi). Insomma, l’improprietà linguistica è innegabile.
Se guardiamo alla storia dell’italiano, possiamo notare come la rete ci offra solo pochissimi esempi scritti della sequenza sempre più migliori da testi editi tra la metà Settecento e la metà dell’Ottocento circa. Eccone una piccola campionatura (avverto che nei vari esempi ho posto l’espressione in corsivo):
Come spero, che alla nuova partenza del Corriere sarò in istato di darle sempre più migliori nuove; cosi potrà ella disporre il modo più proprio pel suo trasporto costà (Domenico Milone, Il perfetto manuale epistolare ad uso de’ segretarii e de’ particolari, nuova ed., Torino, Reycends, 1784, p. 299; 3a ed., 1816, p. 253);
L’ordine politico che imprime sanzione, osservanza, legalità agli atti del governo; che dà agio ai privati di vegliare ai loro negozi, e ai loro interessi, e che l’incoraggia sempre più colla crescente prosperità a farli sempre più migliori e ad ingrandirli (Pietro Lanza di Scordia, Dello spirito di associazione nella Inghilterra in particolare, Palermo, Virzì, 1842, p. 280);
Le colline di Cagliari, Bosa, Alghero, producono vini paragonabili ai migliori della Spagna e delle Canarie: il cannonao, il girò, il monica di Cagliari, la vernaccia di Oristano, la malvagia di Bosa ed Alghero hanno la qualità tanto importante di sostenere la navigazione, ed invecchiando diventano sempre più migliori (Giovanni Battista Carta, Dizionario geografico universale, Napoli, Fibreno, 1843, p. 712);
la foglia di Cerro sarà sempre inferiore a quella di quercia, per la sua arridezza e durezza, al contrario tutte le altre foglie saranno sempre più migliori di quelle del Cerro (Camillo Zucchi, Il duce agrario, ossia Lo specchio dell’Universo, Bologna, pei Tipi delle Muse, 1848, p. 52).
Gli esempi di sempre più migliori posteriori (tra la fine Ottocento e il pieno Novecento) sono ancora più rari, tanto che si può ipotizzare che la piena percezione del costrutto come erroneo (e la sua conseguente censura grammaticale, in rapporto all’inaccettabilità di più prima di un comparativo organico) si debba alla scuola postunitaria. È interessante notare come in una pubblicazione del 1968 l’espressione, che era contenuta in un documento del 1866, sia accompagnata da un [sic] che ne segnala l’inaccettabilità da parte dell’editore:
Il sottoscritto non mancherà di valersi di tutti i mezzi che sono a sua disposizione per assicurare sempre più il buon andamento del servizio di pubblica sicurezza e spera che si renderanno sempre più migliori [sic] le condizioni di questa provincia, e in particolare di Venezia (Gli archivi dei regi commissari nelle province del Veneto e di Mantova, Roma Istituto grafico tiberino,1968, vol. 2, Documenti, p. 221).
Dunque, sul piano storico, si può affermare che la sequenza sempre più migliori è da sempre sostanzialmente estranea al sistema grammaticale italiano: assente dalla tradizione letteraria alla base della norma, è infatti documentata saltuariamente e marginalmente, in testi di scarso impegno qualitativo, in un momento di espansione dell’italiano; ma la sua possibile diffusione è stata tempestivamente arginata dalla scuola, che ne ha sancito il carattere di “errore”; e come tale oggi viene percepita.
L’esempio di sempre più migliori del discorso della Ministra non va però inserito nella tipologia dei comparativi organici preceduti da più propria dell’italiano popolare e dei testi semicolti. Non si deve dunque gridare allo scandalo (come alcuni hanno fatto, alquanto faziosamente); ma non bisogna neppure arrampicarsi sugli specchi per considerare la frase corretta a tutti i costi (come hanno fatto altri). Visto che si trova in un testo scritto (non importa se dalla stessa Ministra o da altri, come spesso avviene in circostanze del genere, e come in fondo è normale e anche logico), l’errore non può essere attribuito all’assenza di programmazione a breve distanza e alla “velocità” propria del parlato (si tratterebbe, in tal caso, di uno di quegli errori che vengono definiti “di esecuzione” e non “di competenza”, che non implicano cioè necessariamente un’imperfetta conoscenza della norma grammaticale da parte del parlante). È invece possibile che quel sempre più migliori si debba a un incompleto intervento correttorio su un testo precedente, come non di rado capita nella produzione di testi su computer, che richiederebbero sempre quella rilettura di cui di solito, a causa della fretta, si fa colpevolmente (e parlo anche a me stesso...) a meno.
Ma la rilettura (e la successiva correzione) è tanto più necessaria quando si predispone un testo che verrà poi letto da un Ministro dell’Istruzione, un testo che si rivolge al mondo della scuola, luogo in cui si tracciano (criticamente, storicamente, scientificamente) le linee di un uso linguistico da indicare come “corretto” perché funzionale alla chiarezza e alla pregnanza del discorso. È infatti soprattutto la scuola che, in circostanze del genere, si sente ferita.
Paolo D’Achille
5 gennaio 2018
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