Cerchiamo di trovare la quadra

Alcuni lettori ci domandano quale sia l’origine dell’espressione trovare la quadra e se ci sia un collegamento tra la quadra e la quadratura del cerchio.

Risposta

Nel linguaggio giornalistico e in quello della politica si sente spesso l’espressione trovare la quadra. Ma cos’è questa quadra di cui tutti parlano e che sembra così difficile da trovare?


La quadra

I principali dizionari italiani registrano due entrate per il sostantivo femminile quadra. Per l’analisi dei vari significati, prendiamo come riferimento il GDLI, che registra due lemmi distinti, quadra1 e quadra2. Il primo è un termine specialistico del lessico della marina: quadra, femminile sostantivato dell’aggettivo quadro, deriva dalla locuzione vela quadra e indica ogni vela che ha la forma approssimata di un quadrato fissata a un pennone. In tale significato è documentato nel 1514 negli scritti di Giovanni da Empoli.

Nel GDLI troviamo anche un secondo significato appartenente all’ambito della marina: la quadra è una “rete quadrata (o rettangolare) con maglie più o meno larghe, talora assicurata a due aste, adatta per la pesca nei corsi d’acqua o lungo le scogliere, dove viene sollevata a mano dai pescatori, collocati ai quattro angoli, dopo che il pesce, richiamato dalla pastura precedentemente sparsa, è affluito in quantità soddisfacente”.

Il secondo lemma, quadra2, è marcato nel GDLI come arcaico, obsoleto, considerato derivato direttamente dal latino quadra, propriamente ‘quadrato’ (ma anche ‘pezzo, fetta di pane, di formaggio, focaccia’), femminile sostantivato dell’aggettivo quadrus ‘quadrato, di forma quadrata’. Può indicare la quarta parte di un cerchio, un quadrante e, in particolare, la quarta parte del cielo. In tale significato è attestato nel Paradiso (XXVI, 142) di Dante; ogni sei ore il sole muta quadra, cioè percorre un quarto del suo giro e passa al quadrante successivo:

Nel monte che si leva più da l’onda, / fu’ io, con vita pura e disonesta, / da la prim’ora a quella che seconda, / come ’l sol muta quadra, l’ora sesta.

La quadra può denotare poi il quartiere di una città, cioè la quarta parte del suo territorio. Il GDLI registra anche l’accezione ‘lato di un quadrato’, con un esempio tratto dalla Navigazione di San Brandano, volgarizzamento di un’opera anonima in latino risalente al IX o X secolo, tramandata attraverso un numero considerevole di codici a partire dalla fine del X secolo:

Questa colonna era quadra [in questo caso significa ‘squadrata’, cioè ogni suo lato è una quadra] e San Brandano volle vedere e sapere quante braccia era per quadra e navicò così intorno intorno e truova che l’era per quadra mille cinquanta braccia, e stettono a misuralla quattro dì. (La navigazione di San Brandano, a cura di M. A. Grignani e C. Sanfilippo, Milano, Bompiani, 1975, p. 151)

In senso figurato, può indicare ‘forma, foggia, qualità, misura’:

Dugento scodelline di diamanti / di bella quadra Lan vorre’ ch’avesse. (Muscia da Siena, sonetto n. 2, in Poeti giocosi del tempo di Dante, a cura di M. Marti, Rizzoli, Milano, 1956, p. 292)

Come notato nel Vocabolario Treccani online, non è ben chiara la connessione di tale significato con il valore etimologico della parola. Nella riedizione del Vocabolario della Crusca (1806-1811) dell’abate Antonio Cesari, nota come la Crusca veronese, si legge che quadra sta per “Forma e, parlandosi di diamanti, vale specificatamente Tavola, chiamandosi Diamante tavola quel Diamante che ha una faccia grande quadrata in cima, cerchiata intorno da quattro facce minori”.

Sempre in senso figurato quadra2 può indicare anche il ‘modo o la maniera’; in tale accezione il termine è documentato da prima del 1316 nei sonetti di Dino Frescobaldi (per opere pubblicate postume si prende convenzionalmente la data della morte dell’autore):

Trasse Amor poi di sua nova biltate / fere saette in disdegnosa quadra, / dice la mente, che non è bugiarda, / che per mezzo del fianco son passate. (Dino Frescobaldi, Canzoni e sonetti, a cura di F. Brugnolo, Torino, Einaudi, 1984, p. 75)

Come voce antica e letteraria, fa riferimento a un tagliere o una tavola di forma quadrata. Come termine regionale, specialmente di area centrale, può designare una fetta di pane, di focaccia e, in particolare, ciascuno dei quattro pezzi in cui viene tagliata la piadina romagnola.

Il GDLI riporta altre tre accezioni: la quadra può corrispondere a ‘ciascuna delle quattro fasi lunari’; può essere sinonimo di squadra (lo strumento da disegno); in ambito storiografico, può infine fare riferimento a una ‘suddivisione territoriale amministrativa, diffusa specialmente nel Bresciano’.

Il GRADIT, infine, segnala un terzo lemma quadra, sostantivo femminile di uso comune, ellissi della locuzione parentesi quadra.

Dare la quadra

I dizionari registrano due polirematiche formate con il sostantivo quadra, la locuzione toscana dare la quadra [a qualcuno] e quella di area settentrionale trovare la quadra.

L’antica espressione dare la quadra, presente sia nei dizionari storici sia in quelli sincronici, ha vari significati. Può voler dire ‘prendere in giro, canzonare’ o anche ‘criticare’:

Il capitano mio gli fa un gran torto a non lasciarli avere in pace quella bella giovinetta, poiché, e non sia detto per darvi la quadra, egli per gentiluomo e ella per dama sono il fiore non solo di questa corte, ma di quale altra sia in Italia. (Sforza degli Oddi, Prigione d’Amore, Firenze, Giunti, 1592, p. 30; 1a ed. 1950)

Può significare ‘adulare, lusingare’; in tale senso è usata ad esempio dal Varchi:

Usansi ancora, in vece d’adulare soiare, o dar la soia, e così dar l’allodola, dar caccabaldole, moine, roselline, la quadra e la trave. (Benedetto Varchi, L’Ercolano, Firenze, Giunti, 1570, p. 56)

Anche in questo caso, non è chiara la connessione con l’etimologia del termine; nei dizionari (storici, etimologici, sincronici) non vi è alcun riferimento al significato che assume il sostantivo quadra nella locuzione. Consultando alcuni dizionari dialettali e dei modi di dire, si nota però che l’espressione, che viene marcata come toscana, ha dei corrispondenti anche nel romanesco, nel napoletano (in cui si ha quatra, con la sorda invece della sonora) e nel dialetto milanese, con interpretazioni diverse circa l’origine della parola.

Nel Dizionario dei modi di dire di Ottavio Lurati (Milano, Garzanti, 2001) si legge che nel romanesco del Seicento dar le quatra equivaleva a ‘beffare’. Ad esempio, è possibile trovarne un’attestazione (nel testo la forma è però al singolare) nel poema giocoso Il Meo Patacca o vero Roma in feste nei trionfi di Vienna di Giuseppe Berneri (Roma, a spese di Pietro Leone Libraro in Parione all’insegna di San Giovanni di Dio, 1695, p. 10):

Fece un discorzo un dì, che tanta quatra
Gli dette un tal, di genio assai faceto,
Ch’io ridirlo imprometto, e così giusto,
Ch’ogn’un, tre giulj ci averà di gusto.

Nella lessicografia romanesca moderna la locuzione non viene però registrata: non si trova ad esempio nel dizionario di Chiappini (Filippo Chiappini, Vocabolario romanesco, ed. postuma delle schede a cura di B. Migliorini, Roma, Leonardo da Vinci, 1933), mentre in quello di Ravaro (Fernando Ravaro, Dizionario Romanesco, Roma, Newton Compton, 1994) viene lemmatizzato il sostantivo quadra, ma con le accezioni discusse in precedenza.

La locuzione dar la quatra è invece documentata nella tradizione napoletana: se ne rintracciano, ad esempio, 3 occorrenze nel Pentamerone di Giovan Battista Basile (Lo cunto de li cunti overo Lo trattenemiento de peccerille de Gian Alesio Abbattutis, 5 voll., Napoli, per Camillo Cavallo, 1645; l’edizione consultata è quella del 1749: Il pentamerone del Cavalier Giovan Battista Basile overo Lo cunto de li cunte, trattenemiento de li peccerille di Gian Alesio Abbattutis, Nchesta utema ’mpressione, corrietto, co tutto lo jodizio, Napoli, Stamperia Muziana, 1749, p. 6):

La Vecchia vedennose dare la quatra, venne ’ntanta arraggia, che votato na cera da sorrejere verzo de Zoza, le disse: va che non puozze vedere maje sporchia de marito, se non piglie lo Prencepe de campo retunno.

Se ne trova inoltre traccia nella raccolta di Muzio Floriati Proverbiorum trilinguium collectanea latina, itala, et hispana (Napoli, Lazarum Scorigium, 1636), assieme alle due espressioni sinonimiche italiane dar la baia e dar la berta e a quelle corrispondenti in spagnolo e latino:

Dar la baia.
Dar la berta.
Dar la quatra.
            Dar matraca.
            Tragulam inijcere.

I sostantivi femminili berta e baia sono messi a lemma dai dizionari italiani con il significato di ‘burla, beffa’ e per estensione ‘sciocchezza, inezia’. I dizionari registrano anche le locuzioni dare, fare la berta col significato di ‘schernire, deridere’ e dare la baia con quello di ‘canzonare, ridere alle spalle di qualcuno’. La voce quatra non è invece censita dai dizionari, ma è verosimile che abbia lo stesso significato di tali sostantivi.

Nel Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini (2 voll., 1814; 2a ed. 4 voll., 1839-43, più un 5° vol. postumo, 1856) dar la quadra si trova per spiegare la locuzione dialettale dare la metta:

Dà la metta, che anche dicesi Dà la metta ai sciguett. Censurare. Tacciare. Criticare. Sindacare. Tassare. Caratare. Biasimare […] Metter tutti in canzona, criticare tutti senza riguardo; ciò che i Fr[ancesi] dicono Dauber sur le tiers et le quart – Dà la metta a chi passa. Dar la quadra a chi passa. Prosare.

Lo stesso si legge nel Dizionario milanese-italiano di Cletto Arrighi (Milano, Hoepli, 1896):

Mètta. Quadra. Dà la mètta: dar la quadra.

Cherubini specifica che la voce milanese mètta equivale al prezzo nell’uso sanese (variante di senese, cioè di Siena), alla scaletta in quello fiorentino, alla voce nel napoletano e alla tariffa (non è indicato il luogo quindi probabilmente fa riferimento al termine italiano) e che si intende “quell’ordine con cui le autorità municipali determinano di tempo in tempo la scala del prezzo oltre cui non sia lecito vendere certe derrate. Oggidì fra noi è limitato al pane, alle carni e alle grasce. Il nostro vocabolo parmi che provenga dalla frase Mett a tant la roba. V. in Mètt.”. Al lemma mètt ‘mettere’, sotto l’uso marcato come mercantile, dunque legato all’ambito del commercio, si legge: “Metter prezzo. Valutare. Metter a tant la robba. Rompere il prezzo alla mercanzia. Fermare, stabilire quel ch’ella dee vendersi. E di qui venne probabilmente il nostro nome sustantivo di Mètta per Tariffa”.

Dunque, la mètta è la tariffa, il prezzo di mercato relativo alle derrate alimentari; dare la metta (e quindi dare la quadra) potrebbe allora assumere il significato di ‘mettere il prezzo, valutare, stimare determinando il prezzo di mercato o il valore economico’, e di conseguenza, in senso figurato, di ‘valutare, stimare, apprezzare, giudicare’, con valenze sia positive che negative.

Trovare la quadra

La locuzione di origine settentrionale trovare la quadra significa ‘trovare una soluzione, risolvere un problema complesso, una situazione complicata’.

A differenza di dare la quadra, l’espressione trovare la quadra non è presente nei dizionari storici ed etimologici e manca anche in qualche dizionario sincronico (come il Vocabolario Treccani); il GDLI la registra esclusivamente nel Supplemento 2009, come nuova accezione della voce quadra2, con tale definizione:

    s.f. Sett. Soluzione, modo di risolvere un problema complesso che richiede di conciliare una serie di elementi discordanti (in partic. nella locuz. Trovare la quadra).

      Non è ben chiaro quale sia l’origine di tale locuzione. Anzi, intorno al significato di quadra all’interno della polirematica si è creato un alone di mistero, come ci ricorda, ironicamente, Stefano Bartezzaghi (la lessicografia sembra concorde nell’ignorare l’origine militare del termine quadra proposta da Bartezzaghi):

      Cercare la quadra, trovare la quadra, fare la quadra, disperare di ottenere la quadra... Ma cosa è questa quadra? Una parentesi spigolosa che si frappone nel discorso politico? Un simbolo tetragono di potenza, di origine anatomica? La testa di un logico molto cocciuto? Una squadra senza iniziale, da cui locuzioni come «il gioco di quadra», «quadra che vince non si cambia», «quadraccia fascista»? La quadra vive un’esistenza paradossale: è un’utopia di ordine pratico, un sogno materialista, un’illusione realista. La quadra (in origine, una formazione militare) è una casella in cui sistemare e racchiudere il disordine potenziale, come una sagoma di legno che sistemi le palle sul piano verde del biliardo. […] La quadra è infine la quadratura del cerchio: la formula che mondi possa aprirti, l’equivalenza che superi l’irrazionalità del pi greco, e traduca le linee politiche in circoli perfetti, le volute in angoli finalmente retti (Stefano Bartezzaghi, Quadra, Repubblica.it, 26/10/2003)

      Il Garzanti (l’unico, invero) riconduce l’etimologia di trovare la quadra alla locuzione quadratura del cerchio. Il sostantivo femminile quadratura viene dal latino tardo quadratura, derivato di quadrare ‘ridurre a quadrato’ e ha molte accezioni. Nella geometria elementare, indica il ‘problema consistente nella costruzione di un quadrato di area uguale a quella di una data figura’ (quadratura di una figura piana). Nel caso della quadratura del cerchio, il problema, che consiste nella costruzione di un quadrato di area uguale a quella di un cerchio, non è risolvibile con gli strumenti della geometria elementare (cioè riga e compasso) se non in via approssimata, perché π (pi greco) è un numero trascendente, cioè irrazionale. I numeri irrazionali sono numeri che non possono essere espressi sotto forma di frazione; scritti in forma decimale sono numeri illimitati non periodici; si suddividono in numeri algebrici e numeri trascendenti, come il pi greco (π) e il numero di Nepero (e).

      Il calcolo della superficie del cerchio è πr2, cioè il raggio al quadrato moltiplicato per la costante π; poter costruire un quadrato che abbia la stessa area del cerchio (dunque πr2) implicherebbe il fatto di poter risolvere la radice di π (un quadrato con area π per raggio al quadrato deve avere il lato pari alla radice quadrata di π), cioè la radice di un numero irrazionale: si tratta quindi di un calcolo impossibile senza ricorrere all’approssimazione.

      Quello della quadratura del cerchio è un problema antichissimo, che fu oggetto di particolar indagini soprattutto nella geometria greca, data l’incapacità di concepire un rapporto irrazionale tra due grandezze geometriche. Soltanto nel 1822 fu dimostrato dal matematico tedesco Ferdinand von Lindemann che il problema è irresolubile in tali termini elementari.

      È subito chiaro perché, in senso figurato, tale quadratura, in frasi come cercare, volere la quadratura del cerchio, fa riferimento a ‘un problema irrisolvibile, complicatissimo, una cosa impossibile da realizzare’ o anche a ‘una questione del tutto insensata, intorno alla quale si perde inutilmente tempo’.

      Accanto alla locuzione quadratura del cerchio, è possibile trovare, soprattutto in testi antichi, anche le espressioni sinonimiche quadratura del circolo, quadratura del tondo e quadratura sferata.

      Tornando dunque alla nostra locuzione, se trovare la quadra equivale a ‘risolvere un problema complesso’ potrebbe essere plausibile il collegamento con la quadratura del cerchio, che è appunto un problema impossibile, difficilissimo. E in effetti non è insolito trovare l’espressione [trovare] la quadra del cerchio, invece della quadratura del cerchio (l’interrogazione delle pagine in italiano di Google in data 14/4/2022 restituisce 2.000 risultati per quadra del cerchio; 13 i risultati rintracciati nell’archivio della “Repubblica”, 4 in quello del “Corriere della Sera”, 83 in Google libri):

      Replica a tono il coordinatore regionale di An, Giorgio Bornacin, che per martedì mattina aveva già fissato una riunione del gruppo regionale in via Fieschi, dove trovare la quadra del cerchio, magari con un ordine del giorno in cui la giunta si impegnasse sui temi sottolineati dal suo partito. (Muro contro muro a destra i big scendono in campo, Repubblica.it, 13/4/2003)

      Un’altra ipotesi circa l’origine della locuzione è che si tratti di una formazione recente (fine anni Novanta), la cui paternità è attribuita a Umberto Bossi (è ad esempio la tesi sostenuta qui). Bossi la usa ad esempio in un intervento durante la seduta in assemblea della Camera dei Deputati del 9/10/1997 (XIII Legislatura, Assemblea n. 254, seduta n. 254 del 09-10-1997; la trascrizione del verbale d’assemblea è tratta dal corpus LP):

      ecco una riforma vera, forte con cui far resistere questa specie di baraccone con due casse in comune, per le quali va trovata la «quadra».

      C’è chi sostiene che la polirematica usata da Bossi, ripresa poi sia dai leghisti sia dai berlusconiani, altro non sia che la “variante popolare della quadratura del cerchio”:

      Significativa, durante la Seconda Repubblica, è stata l'espressione di origine nordica «trovare la quadra», usata moltissimo da Bossi e poi dai berlusconiani, ma rivendicata anche da Sartori: significa «trovare una soluzione a un problema complesso» e verosimilmente è la variante popolare della «quadratura del cerchio», operazione impossibile nella geometria convenzionale. (Luca Mastrantonio, Pazzesco! Dizionario ragionato dell'italiano esagerato, Venezia, Marsilio, 2015, consultato nella versione ebook)

      Sembrerebbe però che Bossi – e così i giornalisti che si occupano della questione – la usi più con il significato di ‘trovare un compromesso, un punto di incontro’:

      “In questi giorni sono stato bravo e paziente…”. Così Umberto Bossi, interpellato dall’ANSA, descrive il suo stato d’animo dopo l’incontro di oggi con Silvio Berlusconi. Com’è andato l’incontro? “Bene” è la risposta. Berlusconi ha detto che è stato un incontro assolutamente soddisfacente. “Sì – replica Bossi – si è trovata la quadra”. (Governo: Bossi-Berlusconi, trovata la quadra, luigiboschi.it, 27/4/2008)

      Il giorno dopo il vertice di Arcore, il leader della Lega Umberto Bossi avvisa: “Sono Berlusconi e Tremonti a dover trovare la quadra” sull'economia e sul fisco, a dover cercare “un punto di compromesso”. (Bossi: "Berlusconi e Tremonti trovino la quadra, quotidiano.net, 7/6/2011)

      In ogni caso, è possibile trovare molte occorrenze precedenti a quelle di Bossi, per cui non gli si può attribuire la formazione della polirematica (abbiamo cercato sia trovare la quadra, sia cercare la quadra, fare la quadra, trovare una quadra, ecc.). La prima attestazione rintracciata è del 1843 e la successiva è del 1860; in entrambi i casi, si tratta di testi appartenenti all’ambito del diritto:

      Veggendo l’autore, nel sistema da lui adottato, la necessità di sostenere che, anche in questo caso, l’erede accettante rimanga avvinto dall’obbligazione per esso contratta verso i creditori, tuttoché ciò non dica espressamente, lo dà però a divedere, trovando una quadra coll’autorizzare il detto erede accettante a ricusare la dimessione dei beni ereditarii al nuovo erede scoperto. (Codice civile per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna, coi commenti di Vincenzo Pastore, vol. IX, Torino, Tip. F.lli Favale, 1843, p. 178)

      Non sarebbe dunque impossibile trovar la quadra a tutti i diritti riconosciuti, e che si devono riconoscere, e porli in armonia colle nuove circostanze. (Emiliano Avogadro della Motta, Considerazioni sugli affari d’Italia e del papa, Torino, Tipografia Speirani e Tortone, 1860, p. 41)

      Le successive attestazioni sono invece di ambito letterario (da notare che entrambi gli autori hanno origini piemontesi). Ne abbiamo ad esempio in un volume di David Invrea del 1949; oltre a trovare la quadra, l’autore usa l’espressione studiando la quadra, con lo stesso significato:

      E stava studiando la quadra per sventare certi pericoli, specie che Gina, maligna com’era e puntuta, stava diventando cordiale, e aveva una voglia di fare la porca da non potersi dire. […] Ma oramai il giovanotto non mollava. Aveva trovato la quadra, solo che il colpo buono non ce l’aveva ancora nelle mani. (David Invrea, Giordano e la paura, Firenze, Vallecchi editore, 1949, p. 50 e 73)

      Altre occorrenze si possono trovare in Beppe Fenoglio (Opere, edizione critica diretta da Maria Corti, vol. 5, Torino, Einaudi, 1978, p. 561): “Scrivo a te la presente, perché secondo me tu solo puoi trovare la quadra a questa situazione”.

      Per quanto riguarda i quotidiani nazionali, la prima occorrenza si ha nella “Stampa”, in un articolo di taglio letterario (che fa parte della rubrica Piccole Storie) del 1952:

      Filli piena di giudizio, però. Come pretendere ancora tanto? E meditava, e proprio sembrava che fosse lei stessa a voler trovare la quadra… […] E Filli piena di giudizio, anche questa volta meditò, e fu di nuovo lei a trovare la quadra. (Marcello Arduino, Ritegni femminili, nella rubrica Piccole Storie, “StampaSera”, 29/3/1952, p. 3)

      In conclusione, l’espressione trovare la quadra compare nella nostra lingua a metà del secolo scorso. I dizionari la marcano come regionalismo (settentrionale), ma nei dizionari dialettali consultati la locuzione non è registrata. Le prime attestazioni rintracciate sono nell’ambito del diritto e poi in quello letterario, ma a partire dalla fine degli anni Settanta la polirematica è usata nei quotidiani nazionali in articoli di stampo politico; una maggiore diffusione si ha a partire dalla fine degli anni Novanta, quando diventa un’espressione tipica dei gruppi politici (in particolare leghisti e berlusconiani) e dei giornalisti.

      Quanto alla sua origine, potrebbe essere collegata all’accezione di quadra come ‘modo, maniera’: trovare la quadra equivarrebbe quindi a ‘trovare un modo (per risolvere un problema)’. Tale connessione appare però piuttosto debole, soprattutto perché quello di Frescobaldi costituisce l’unico esempio dell’uso di quadra in tale accezione.

      Più probabilmente, potrebbe derivare, come alcuni suggeriscono, dalla quadratura del cerchio: quadra potrebbe rappresentare una riduzione di quadratura, analoga a concia > conciatura, crepa > crepatura, tosa > tosatura (si tratta di vocaboli che non derivano direttamente dalla base verbale, ma dal troncamento di -tura; spesso risultano attestati con secoli di ritardo rispetto alla base, di cui hanno lo stesso significato; cfr. Anna M. Thornton, Conversione in sostantivi, in Grossmann-Rainer 2004, § 7.2, pp. 505-525: 520); una riduzione analoga si ha in statistica, in cui si parla del test del chi quadrato o del chi quadro.

      L’ipotesi è che ci sia stata una banalizzazione del significato di trovare la quadratura del cerchio (o del circolo) e che tale locuzione, al di fuori del contesto matematico, sia passata a indicare anche una situazione di possibilità e non solo di impossibilità. Si possono rintracciare diversi esempi, in testi di varia natura, in cui l’espressione fa riferimento alla risoluzione di un problema complesso, al fatto di trovare una soluzione a una situazione che è sì difficile e complicata, ma possibile:

      Per Bacco, Madama, che quanto più ci penso, ho più ragione di dire, che le Donne non sono né cattive, né buone; ma quali noi le vogliamo, e più allegro son io di questo mio pensiero, che non era Archimede dopo aver trovata la quadratura del Cerchio. (Pietro Chiari, Lettere scelte di varie materie piacevoli, critiche, ed erudite, scritte ad una dama di qualità, Napoli, presso Benedetto e Ignazio Gessari, 1750, p. 35)

      Ma che è mai il signor Jackson a petto del signor N… di Bruxelles? un pigmeo. Il signor N... ha trovato, indovinate che cosa; forse la quadratura del circolo per ischerzo, il moto perpetuo finché si muove? oh meglio assai! L’inutilità degli intestini. Ridete! parlo da senno. (L’avvenire della scienza, “Il caffè Pedrocchi”, anno II, n. 10, 1847, p. 76)

      Credesi forse che ella voglia alludere al piemontese, il qual fece l’ausiliaria spedizione in Crimea onde meritossi l’onore che Cavour sedesse accanto ai plenipotenziarii delle grandi nazioni nel congresso della pace a Parigi; e, dopo l’esito infelice della seconda, sembra apparecchiarsi a tentare la terza riscossa, per trovare la quadratura del circolo nella quistione italiana? (“Vero amico del popolo”, n. 114, 1857, p. 454)

      Sappi dunque, caro mio, che coll’ingente spesa di un fiorino e qualche frazione, che ti mette nella posizione di sciogliere il gran problema della quadratura del circolo nei vagoni della strada ferrata Lombardo-Veneta, tu acquisti il privilegio di farti trascinare a Bergamo. (C. Mascheroni, Reminiscenze di vacanza, “La Ciarla”, anno II, n. 1, 1859, p. 16)

      Non si è ancora trovata la quadratura del circolo; ma si è trovato il modo di far tacere Sineo alla Camera. (Bruciature del lampione, “Il Lampione: giornale per tutti”, anno VII, n. 4, 1864)

      Se ne trova un esempio anche nel Giorgini-Broglio (Emilio Broglio, Giovan Battista Giorgini, Novo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze, Firenze, M. Cellini e C., 1870-1897). Alla voce quadratura si legge:

      Prov. Cercare la quadratura del circolo; Studiare a cosa non riuscibile; Tentare l’impossibile.

      Ma sotto la voce circolo si trova invece l’ipotesi della possibilità:

      Quadratura del circolo. Trovare la quadratura del circolo; Detto per ischerzo, di chi crede o si vanta di risolvere o aver risoluto una questione intricatissima.

      Il collegamento tra trovare la quadra e trovare la quadratura del cerchio sembrerebbe quindi plausibile, anche se non è possibile determinare con certezza la genesi di tale locuzione. Non è detto, insomma, che se ne sia trovata la quadra.

      Lucia Francalanci

      3 ottobre 2022


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