Gerardo Carrara, studente di Scienze della comunicazione dell'Università di Salerno, nel corso dei suoi studi si è imbattuto nel termine servuzione usato in una dispensa universitaria. Ce ne chiede il significato.
Che cos'è la servuzione?
Nessun dizionario di lingua, nemmeno le edizioni più recenti delle opere che si mostrano più recettive nei confronti dei neologismi e più attente all'uso, registra il termine; non lo si trova nemmeno nei repertori di neologismi. Per conoscerne il significato bisogna quindi cercarne attestazioni nell'uso.
Nella dispensa citata dal nostro utente servuzione ricorre solo una volta, laddove si elencano i dieci "criteri di valutazione usati dai clienti per giudicare la qualità del servizio": al settimo posto troviamo "la sicurezza: non devono esserci dubbi o rischi nel processo di servuzione" (D. Capotosto, Il sistema di customer satisfaction, a.a. 2009/2010, p.12), ma non si dà alcuna spiegazione o "traduzione" della forma.
Troviamo una testimonianza utile in un testo del 1993: "Questo aspetto tipico del processo di produzione è stato espresso con il concetto di servuzione, cioè di combinazione integrata e indissolubile delle fasi di produzione, erogazione e consumo del servizio." (G. Liberatore, Il controllo di gestione nelle imprese turistico-ricettive, Padova, Cedam, 1993, p. 48, citato in G. Dalessandro, Le catene alberghiere volontarie: analisi dell'attuale situazione in Italia, tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 2006/2007 relatore prof. M. Confalonieri, p. 22).
Servuzione costituisce l'adattamento italiano del francese servuction a sua volta contrazione di service e production; la forma e il concetto corrispondente sono stati introdotti in Francia da Pierre Eiglier ed Eric Langeard in Principe de Politique Marketing pour les Entreprises de Service (1976), "working paper" dell'Institut d'Administration des Entreprises de l'Université d'Aix-Marseille e successivamente nel citatissimo Servuction: Le Marketing des Services (Paris, Wiley 1987), che ha avuto presto un'edizione italiana dal titolo Servuction: il marketing strategico dei servizi, Milano, Mc Graw Hill, 1988. Nel testo del 1987 i due autori forniscono la descrizione di ciò che hanno deciso di chiamare servuction o meglio del système de servuction de l'entreprise de service: «C'est l'organisation systématique et cohérente de tous les éléments physiques et humains de l'interface client-entreprise nécessaire à la réalisation d'une prestation de service dont les caractéristiques commerciales et les niveaux de qualité ont été déterminés ['è l'organizzazione sistematica e coerente di tutti gli elementi fisici e umani dell'interfaccia cliente-impresa necessaria alla realizzazione di una prestazione di servizi, le cui caratteristiche commerciali e i livelli di qualità sono stati determinati']». (citato in L. Braghieri, La servuction - La specificité de la production des services in Mercatique du Tourisme BTS VPT volume 1, 2007). Si tratta evidentemente di un sistema complesso le cui componenti (gli elementi "fisici e umani" della definizione) sono, secondo Braghieri, sulla scorta di Eiglier e Langeard: il cliente beneficiario del servizio; il supporto fisico necessario alla produzione del servizio (come banche, agenzie, promotori); lo stesso ambiente dove si colloca il servizio; il personale a contatto diretto col cliente; l'obiettivo e il risultato del servizio; il sistema di organizzazione interna dell'impresa che fornisce il servizio, le sue funzioni, la gestione e infine gli altri clienti fruitori del servizio stesso. Evidentemente si è sentita la necessità di introdurre un unico termine che riuscisse a sintetizzare una serie così articolata di fattori e dinamiche.
Ci troviamo quindi in un ambito molto specialistico, il cosiddetto marketing e le sue strategie - Eiglier e Langeard sono professori presso l'Institut d'Administration des Entreprises d'Aix-en-Provence - che si è particolarmente sviluppato intorno agli anni Ottanta del secolo scorso. Dall'area francese il modello del système de servuction si è diffuso nelle altre lingue: troviamo 5.990 occorrenze di servuction su Google (ricerca condotta il 28.11.11) in inglese (in francese alla stessa data i risultati sono 11.700); in spagnolo la forma adeguata alla grafia della lingua nazionale servucción supera le 20.000 attestazioni; scarsa diffusione in tedesco, dove la somma delle occorrenze delle due grafie servuction e servuktion non raggiunge 500; decisamente meno popolare la forma "italiana" servuzione che supera di poco le 40 occorrenze. Più consistenti per la nostra lingua, le attestazioni di servuction (663 risultati), anche se in molti casi si tratta di citazioni del testo di R. Bianco e M. Rosaria Salimbene, La servuction della formazione: un modello interpretativo di una realtà in evoluzione (2005) e non di veri e propri contesti d'uso.
Occorre peraltro precisare che, come per l'italiano, non ci risulta l'accoglimento delle forme nei dizionari delle lingue citate, almeno per quanto riguarda alcuni dei principali repertori di lingua non specialistici.
La prima attestazionedi servuzione sembra risalire al 1992, in riferimento al settore della sanità: nel n. 8 (dicembre 2008) della rivista in rete "Quaderni Creat", Alfonso Marino cita un suo articolo, scritto con Salvatore E. Illiano, apparso sul "Sole 24 Ore" il 22.04.1992: «Una prima riflessione, quindi, per implementare un efficace sistema di controllo della prestazione sanitaria deve partire da una attenta analisi della servuzione, che a differenza della "produzione", è caratterizzata dal contatto tra il personale erogatore del servizio e le aspettative dell'utente».
Proprio la dimensione recentemente acquisita dal ruolo dell'utenza è alla base del modello stesso della servuction/servuzione: «Nelle economie moderne, sempre più basate sul terziario, assume notevole importanza il processo di erogazione del servizio che presenta notevoli peculiarità: il fruitore (utente/consumatore) del servizio è parte integrante del processo di "servuction". Tale evoluzione nel modo di intendere il destinatario e/o beneficiario del prodotto/servizio ha portato, nel tempo, le imprese a considerare come fondamentale la "voce dell'utente/cliente"» (N. Scapicchio, La Citizen Satisfaction e la Responsabilità Sociale dell'Impresa in L'orientamento responsabile, edito dalla Camera di Commercio di Pescara, 2009, p.164). Un ruolo sicuramente più attivo del fruitore dei servizi è consentito dall'uso di Internet: l'accesso ai servizi in rete permette per esempio di visionare rapidamente diverse opzioni di scelta, sia all'interno delle proposte di un solo agente erogatore, sia tra quelle presentate da agenti diversi; l'utente ha la possibilità di direzionare autonomamente la ricerca di un servizio attraverso il proprio profilo e altro ancora. È così che si è giunti all'applicazione del concetto di servuzione perfino all'Università: "Per gli studenti e le famiglie l'Università non è più il Tempio del Sapere dove, in modo dogmatico e autoritario, il sacerdote-professore si esibisce in sermoni e graffiti sulle lavagne di ardesia. Nella società della conoscenza l'università è una azienda di servuzione, dove si producono servizi, ovvero prodotti intangibili. Il servizio principale è il processo di apprendimento co-creato da docenti e studenti con ampio uso delle tecnologie informatiche e di telecomunicazioni. Il valore essenziale viene prodotto nelle interazioni tra docente-fornitore e studente-cliente [...]" (University Ranking - un fenomeno globale http://inquietudo.wetpaint.com/, posteriore al 2008).
La forma non riscuote comunque molto successo, tanto che il suo uso è potuto passare addirittura inosservato: "Perfino il vocabolario è poco benevolo nei confronti dei servizi. Pensate al privilegio semantico riservato alle attività industriali. L'azione del verbo produrre ha il suo bravo sostantivo che la indica: la produzione. Come si chiama invece l'azione di servire: la "servuzione" forse? In tanti secoli una parola simile non è ancora stata inventata"(Claudio Nobbio, Manuale delle attività alberghiere, Tecniche Nuove, 2006, p. 41). Anche in un testo recentissimo troviamo analogo disconoscimento: «[...] difettando una parola equivalente a "produzione" per esprimere il funzionamento del settore cd. terziario, è stato da taluno a questo fine proposto il neologismo "servuction" [...]. Tale concetto - che nessuno ha mai osato tradurre nell'italiano e cacofonico "servuzione" - vale ad indicare non solo e tanto "the simultaneus production and consumption of services" ['la simultanea produzione e fruizione di servizi'], quanto piuttosto la peculiarità e la complessità del processo di creazione di un servizio» (Gabriele Chiarini, Fattispecie e disciplina dei servizi. Contributo alla riflessione giuridica sugli istituti della società post-industriale , Milano, Giuffrè Editore, 2011, p. 223).
Possibile motivo dell'insuccesso di servuzione è l'incoerenza sia con la base verbale servire che con il derivato servizio, da cui si produrrebbe eventualmente servizione. Staremo a vedere: per adesso la frequenza non sembra dare speranze a servuzione, neppure come tecnicismo. Francamente non ci dispiace troppo, anche se ciò significa, probabilmente, l'adozione di un nuovo termine straniero; comunque, qualunque sia l'opzione favorita, quasi certamente essa rimarrà circoscritta all'ambito specialistico.
Forse servuzione ha però altre frecce al proprio arco, in altri ambiti e con altro significato (e sembra con origine diversa); così scrive Vladimir Luxuria nel suo Diziogaio: «Servuction: forma contratta di "servitude" (servitù) e "seduction" (seduzione), ovvero quel piacere erotico che si prova verso colui che in quel momento ci sta servendo (un cameriere, l'autista...). La scrittrice Alessandra Castellani lo ha tradotto in italiano in "Servuzione"». Chissà...
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
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9 dicembre 2011
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