Diversi lettori ci scrivono per avere delucidazioni sulla correttezza del verbo stressare nel più recente significato di ‘evidenziare, sottolineare, mettere in risalto’. Gli utenti ci chiedono inoltre quando compare per la prima volta in italiano la parola stress e quando cominciano a diffondersi le corrispondenti forme derivate stressare e stressato.
Il verbo stressare ‘sottoporre a stress, affaticare notevolmente, logorare, sul piano fisico e soprattutto mentale’, secondo le ricostruzioni dei principali dizionari etimologici, è una formazione denominale che deriva dal termine inglese stress con l’aggiunta del suffisso -are della prima coniugazione, in cui confluiscono la maggior parte dei verbi di nuova formazione (per cui si veda la scheda a cura di Raffaella Setti). Non è tuttavia del tutto da escludere l’ipotesi di una sua derivazione diretta dal verbo inglese (to) stress, che, adattato alla morfologia dell’italiano, potrebbe essersi diffuso nella nostra lingua parallelamente al corrispondente sostantivo stress. Nel significato primario di ‘sottoporre a stress’, cui si aggiunge poi per estensione quello più generico di ‘infastidire, annoiare’, il verbo è attestato in italiano dal 1955 e risulta ormai del tutto acclimatato e comune nell’uso corrente (così come, del resto, la base, sebbene non sia stata adattata). Tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni del Duemila ha però iniziato a diffondersi una nuova accezione di stressare, ossia quella di ‘evidenziare, sottolineare, mettere in risalto’, ricalcata sul modello dell’inglese to stress, che può appunto presentare anche il significato di ‘enfatizzare, accentuare, marcare’, specialmente all’interno di espressioni quali to stress a concept. Una ricerca condotta in Google Libri del corrispettivo italiano stressare un concetto, i suoi 3000 risultati, rivela una discreta diffusione del verbo in tale accezione, che pare essersi affermata soprattutto nella lingua del marketing e nel linguaggio “manageriale” di aziende e imprese, in cui del resto abbondano voci ed espressioni di origine inglese, su cui ironizza l’autrice di una lettera indirizzata al “Corriere del Sera”:
Durante le riunioni il product manager proietta le slide per stressare qualche concetto o claim e capire meglio la mission. […] Per inframmezzare alle ore 13 c'è il light lunch che nella migliore delle ipotesi si rivolge a qualche collega a dieta e non vuole appesantire gli stomaci e le menti dei lavoratori, in realtà si rivela un pranzo assai misero e di qualità scadente che lascia delusi, ma che sicuramente è costato poco all'azienda. Infine il field manager (il vecchio capo) mette subito in pratica quanto ascoltato e ci suggerisce di monitorare le criticità nei prossimi mesi per correre ai ripari e raggiungere gli obiettivi (quelli sono rimasti italiani). (“Corriere della Sera”, 02.12.2007)
La diffusione nella lingua del marketing di stressare in questa accezione viene irrisa insieme ad altri tic linguistici propri del settore già nel 1995 nel romanzo satirico L’uomo di marketing e la variante limone di Walter Fontana, che fa affermare al suo protagonista, impegnato nell’ideazione della pubblicità del detersivo BelloBellissimo, che non basta enfatizzarne il profumo al limone, ma che “bisogna stressare anche il discorso detersivo”. La diffusione di stressare in tale ambito è aumentata ulteriormente nel corso degli ultimi dieci anni, con una crescita esponenziale delle occorrenze del verbo, riscontrate in particolare in blog, siti di e-commerce e manuali di economia e marketing. Per esempio:
Durante una brand activation la marca e il consumatore possono interagire con l’obiettivo di approfondire la reciproca conoscenza. Dal punto di vista della marca gli obiettivi possono essere: 1. Stressare un punto di distintività del proprio posizionamento; 2. Comunicare un nuovo valore/asset di marca; 3. Rafforzare un valore di marca (“Conversion Marketing Blog”, http://bit.ly/2takv4R, 24.07.2013)
La professoressa Stefania Saviolo (Bocconi) nel corso del suo intervento ha stressato un concetto fondamentale: oggi per un’azienda non è più sufficiente lavorare sulla comunicazione e sull’immagine, occorre che la strategia di comunicazione (Storytelling) venga messa in relazione diretta con le vendite (“White Peaks Mobile”, http://bit.ly/2FaB0zi, 26.04.2016)
Decisamente più circoscritta appare invece la circolazione della forma nella lingua dei giornali: appena una quindicina sono infatti gli esempi del verbo (all’infinito) rilevati nell’archivio del quotidiano “la Repubblica” e inferiori alla decina quelli riscontrati negli articoli della “Stampa”, con alcune attestazioni isolate a metà degli anni Novanta e una serie di occorrenze sporadiche risalenti invece all’ultimo decennio. Per esempio:
Ma, a tre settimane dalla sfida per la premiership, i principali competitors puntano a stressare, in chiave elettorale, le proprie differenze rispetto al leader Pd e a metterne in evidenza le ambiguità (“la Stampa”, 05.11.2012)
E nell’agenda degli oltre 70 appuntamenti l’ambasciatore Ettore Sequi continua a stressare quello che conta di più: che il cibo, per l’Italia, è prima di tutto cultura (“la Repubblica”, 24.11.2016)
Nello specifico significato di ‘sottolineare, evidenziare, porre l’accento’, il verbo stressare si configura dunque come un neologismo di introduzione relativamente recente nella nostra lingua (e di conseguenza non ancora registrato nei principali dizionari), con una diffusione che pare per il momento limitata a determinati linguaggi settoriali e non propria della lingua d’uso, in cui è quindi preferibile continuare a ricorrere ai verbi di significato equivalente già esistenti in italiano, tanto più perché il verbo è usatissimo nel significato di ‘sottoporre a stress’, il che potrebbe determinare equivoci o dubbi.
Quanto all’origine del verbo, stressare deriva probabilmente, come abbiamo detto, dall’inglese stress (propriamente ‘sforzo, tensione’), un termine mutuato dalla fisica, in cui indica lo sforzo cui viene sottoposto un materiale per misurarne la robustezza. La voce rappresenta in realtà un ‘prestito di ritorno’, in quanto forma aferetica di distress, derivante a sua volta dal latino popolare districtia attraverso il francese antico estrece ‘strettezza, oppressione’, e viene introdotta in medicina nel 1936 dallo psicologo canadese di origine viennese Hans Seyle per definire la ‘risposta non specifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso’ (H. Seyle, A Syndrome Produced by Diverse Nocuous Agents, “Nature” 138, 1936, pp. 30-32). Il termine si è quindi diffuso in italiano (in cui è attestato dal 1955, contemporaneamente al verbo, dunque) innanzi tutto in ambito medico, nel significato di ‘qualunque condizione, fisica, psichica e simili, che esercitando uno stimolo sull’organismo, ne provoca la reazione’ (ZINGARELLI), in seguito a un ciclo di conferenze tenuto da Seyle in diverse città italiane verso la metà degli anni ’50:
Un medico ha scoperto perché ci ammaliamo. La teoria dello «stress» del professore Seyle ha rivoluzionato la scienza medica moderna (“Oggi”, 15.09.1955)
Dal linguaggio medico la parola stress è poi passata rapidamente all’uso quotidiano e corrente, a indicare più genericamente la tensione nervosa, il logorio psicofisico causato specialmente da un ritmo di vita troppo intenso. L’immediata (e mai tramontata) fortuna del termine, dovuta anche alla sua brevità e alla facilità di pronuncia, all’alta espressività e alla mancanza di traduzioni soddisfacenti, fa sì che esso divenga “persino di moda, essendo tutt’uno col cosiddetto logorio della vita moderna” (cfr. il DIR), come recitava una famosa réclame degli anni ’70, vera e propria parola chiave dell’epoca contemporanea, diffusa anche nel gergo giovanile, in cui diviene sinonimo di ‘fastidio per una situazione ritenuta insopportabile, insofferenza per le insistenze altrui’ (specialmente all’interno della formula esclamativa di sapore colloquiale che stress!).
Un rapido successo incontrano anche le forme derivate, in particolare il nostro verbo stressare ‘sottoporre a stress, logorare’, attestato come si è detto dal 1955 e usato specialmente in forma riflessiva nel significato di ‘esaurirsi, logorarsi, snervarsi’ o anche ‘preoccuparsi eccessivamente, farsi troppi problemi’, e le corrispondenti forme del participio, presente e passato, comunemente usate come aggettivi. Stressante ‘che provoca stress’, attestato dal 1963 e considerato dal Migliorini “orrendo neologismo”, esce infatti rapidamente dall’ambito medico per essere correntemente usato nel significato di ‘stancante, debilitante’ e nel gergo giovanile col significato di ‘fastidioso, importuno’; uno sviluppo analogo presenta anche stressato ‘sottoposto a stress, logorato, esaurito’, che appare per la prima volta in italiano nel 1965 (“Stress […] è diventato un neologismo entrato anche nella lingua italiana con i suoi derivati ‘stressato’ e ‘stressante’”, G. Piovene, “la Stampa”, 04.05.1965) e che è oggi tra gli aggettivi più usati (e forse abusati) delle nostre comunicazioni quotidiane, a spiegare e giustificare le più svariate forme di malcontento e di malessere.
Per approfondimenti:
A cura di Sara Giovine
Redazione Consulenza linguistica
Accademia della Crusca
9 marzo 2018
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Per concomitanza con le Feste, la visita all'Accademia della Crusca dell'ultima domenica del mese di dicembre è stata spostata al 12 gennaio 2025 (ore 11).