Se qualcuno o qualcosa ha, presenta, mostra, subisce un’evoluzione, si può dire che si è evoluto. Ma se invece subisce un’involuzione, come si può dire? ci chiedono in sostanza i lettori.
Risposta: si è involuto. Vediamo perché e come.
Involuzione e involuto hanno matrice comune nel verbo latino in+volvere, conservato per via dotta nella forma latina e con il significato letterario di ‘avvolgere’ (celebre quello foscoliano dei Sepolcri: “e involve tutte cose l’obblio nella sua notte”, vv.17-18) e trasformatosi per via popolare nel poco diffuso involgere, con lo stesso significato. Nell’italiano premoderno, fino all’Ottocento, involvere e derivati, ivi compresa involuzione, hanno dunque lo stesso significato di avvolgere e derivati, ma anche una valenza figurata, in cui l’avvolgimento diventa moto contorto, causa di difficoltà, disagi ecc. Ad esempio, commentando il XXI canto del Paradiso, Francesco da Buti, verso la fine del Trecento, parla già di “paura, pianti e tristizia et involuzione d’animo” e intende ripiegamento tortuoso in sé stessi, tormento interiore.
È solo dalla fine dell’800 che involuzione comincia a prendere anche il significato odierno di ‘regressione, decadimento a stadi precedenti, perdita di qualità’ ecc. È un recupero, un “riciclaggio” potremmo dire, della parola già trecentesca, avvenuto, forse sulla spinta dell’inglese contemporaneo involution, in àmbito scientifico, medico e biologico, e preceduto da analoghi e più clamorosi spostamenti semantici dal moto vero e proprio intorno a qualcosa (il senso di avvolgere) a quello figurato, che ha interessato (potremmo dire, restando nell’etimo, coinvolto) i derivati dal latino volvere ‘volgere’, già nella lingua classica disponibile a impieghi metaforici di àmbito psicologico.
I significati moderni, di àmbito sociologico, antropologico, biologico, si osservano soprattutto nei celebri evolvere, evoluzione, evoluzionismo ecc., di origine settecentesca e di grande fortuna scientifica e politica ottocentesca; ma, a dire il vero, erano già cominciati nel Medioevo con rivoluzione, che dal moto degli astri era passato a quello delle… rivolte.
La voce involuzione arriva forse ultima in questo percorso dal proprio al sociologicamente e politicamente figurato. Nel 1905 Alfredo Panzini ne coglieva così nel suo celebre Dizionario moderno (Milano, Hoepli) il nuovo significato:
questa parola è stata di recente tolta dal linguaggio filosofico e antropologico per indicare un processo naturale opposto ad evoluzione, cioè progredire ma non integrandosi e migliorando, ma decadendo e invecchiando.
Una vicenda analoga e parallela al sostantivo involuzione ha avuto il verbo involvere, che ha conservato a lungo il senso di ‘avvolgere’, con un ampio sviluppo figurato verso l’avvolgere come segno di tortuosità, complicatezza, oscurità, da cui discende il valore ancora oggi ben solido di ‘intricato, oscuro’ (detto ad esempio di un discorso, un testo, un linguaggio) dell’aggettivo involuto, dal participio passato. Però, parallelamente al nuovo significato assunto da involuzione, anche involvere, almeno nella sua forma pronominale, ha acquisito il valore di ‘regredire’, ‘fare (metaforici) passi indietro rispetto a uno stadio raggiunto in precedenza’. Dal GDLI riporto questa citazione dal Fanciullino di Giovanni Pascoli (XII, già Pensieri sull’arte poetica, 1897, a p. 37 del I vol. dell’ed. delle Prose, a cura di Augusto Vicinelli, Milano, 1956-I957):
La poesia non si evolve o involve, non cresce o diminuisce
che attesta il nuovo significato del verbo, un significato così nuovo a quell’altezza cronologica che il Dizionario Tommaseo-Bellini (vol. II, tomo 2, 1869) non lo registra neppure.
Il GDLI (s.v.) ne riporta anche un’apparizione già nell’opera di Melchiorre Delfico, quindi ante 1835, anno della morte del filosofo: “si è confusa la morale e si è involuta nella moltiplicità delle questioni”, ma non ci sembra pertinente al significato moderno della parola.
Rispondo a qualche dubbio specifico dei nostri lettori. Come involuzione è il contrario di evoluzione, involversi lo è di evolversi e così involuto lo è di evoluto. Il participio passato di involvere è infatti involuto, una forma che, specie nella funzione aggettivale, ha conservato e conserva tuttora, come si è detto, il significato di ‘tortuoso, complicato, oscuro’. Quindi, ripeto, al participio passato evoluto corrisponde il participio passato contrario involuto.
Ma, qualcuno domanda giustamente, non potrebbe essere inevoluto? Certo: la parola è grammaticalmente plausibile (in- negativo + evoluto, anche se potrebbe avere un ascendente diretto nel latino inevolutum, ‘non svolto’) ed esiste, anche se di uso per il momento scarso (452 risultati, cercandola su Google). La troviamo nel titolo di un libro di poesie di Massimiliano Moresco (Inevoluto, Livorno, CTL, 2020) e, già nel 1978, in questo brano da un singolare volume (Cerchio Firenze 77, Oltre l’illusione. Dalle apparenze alla Realtà, Roma, Edizioni Mediterranee, 2002, [19781], p. 110):
Se […] lo scopo della vita dell’uomo è quello dell’evoluzione, allora la differenza che c’è tra un evoluto e un inevoluto, non sta nel fatto che l’evoluto conosce e quindi rispetta il volere di Dio, mentre l’inevoluto lo ignora e quindi non lo segue, non l’osserva; ma sta nel fatto che l’evoluto ha una diversa natura rispetto all’inevoluto.
Una parola dunque nuova, che ha il significato di ‘non evoluto’, e che, forse, rispetto a involuto, copre uno spazio semantico più preciso, perché, se involuto si dice ‘di chi o di ciò che ha avuto un’evoluzione e poi regredisce o comunque retrocede dallo stadio o stato in cui era prima, peggiorando’, inevoluto starebbe a designare ‘chi o ciò che non ha avuto evoluzione, l’ha mancata, non si è sviluppato’. In questo senso specifico, inevoluto potrebbe convivere con involuto e avrebbe il vantaggio di non dover fare concorrenza ad altri significati comuni come invece accade, lo abbiamo visto, a involuto.
Non è improbabile che arrivi anche il verbo inevolvere, inevolversi, che in effetti comincia ad affacciarsi in rete, anche se, nei due unici casi che trovo su Google (giugno 2024), sembra essere adoperato per il momento nel senso più largo di involversi (“un uomo può inevolversi e ritornare come animale”: Buddhismo Italia Forum), designando un processo continuo di evoluzione e involuzione. Dunque per ora involuto è preferibile, nel senso che è più diffuso. Ma inevoluto è tutt’altro che da proibire; è trasparente e dotato di una specificità semantica che potrebbe tornare utile.
Non sarebbe infine il caso di precisare, se non ci inducesse a farlo una domanda, che i successori di volvere, come involuto (dal citato lat. involvo, involvere) o anche l’eventuale inevolvere, non hanno nulla a che vedere con voluto (da volo, velle), il cui contrario è banalmente non voluto (il latino nolo, ‘non voglio’, ha avuto un seguito diretto in italiano solo con il participio presente nolente), o, più raffinatamente, disvoluto (lo usa per esempio Montale in Stanze, n. 35, di Occasioni pubblicato la prima volta nel 1939): parole che con l’involuzione e l’evoluzione non c’entrano niente.
Vittorio Coletti
21 ottobre 2024
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