Ci mancava altro, ci mancherebbe altro

Molteplici dubbi sono stati manifestati dai lettori sul costrutto ci mancava altro, ci mancherebbe altro.

Risposta

Anzitutto, si riportano qui di seguito i vari quesiti, uno di ordine semantico-pragmatico e gli altri di ordine morfo-sintattico:

  • tra perfezione del pessimismo e cortesia cosa vogliono dire le espressioni ‘ci manca solo che’ e ‘figurati, ci mancherebbe altro!’?
  • opzione tra indicativo, condizionale o congiuntivo nelle frasi dipendenti dal modulo;
  • opzione tra congiuntivo presente e congiuntivo imperfetto nella frase dipendente dal modulo;
  • che tipo di congiuntivo andrebbe messo dopo l'espressione «Ci mancherebbe che»;
  • opzione tra indicativo e condizionale nell’espressione stessa;
  • possibilità di omettere la particella pronominale;
  • opzione tra inserimento o meno dell’avverbio di negazione “non”.

    A ciascuno di essi si risponderà in un paragrafo specifico, ma ci pare necessaria una premessa di carattere generale. La strategia più idonea per affrontare le singole domande ci sembra infatti quella di storicizzare gli usi di questo comunissimo costrutto. Preliminarmente però va chiarita la natura dell’espressione, che parrebbe collocarsi fra grammatica e semantica lessicale: ci mancava altro – o ci mancherebbe altro – costituisce infatti un caso tipico di lessicalizzazione, fenomeno perennemente attivo nelle lingue per cui un elemento o un costrutto usato con ampia frequenza perde l’originario significato e valore grammaticale per acquisire significato e valore lessicale.

    Il meccanismo agisce anche nella formazione delle unità fraseologiche, che arricchiscono e vivacizzano il lessico delle lingue. Nell’italiano l’innovazione fraseologica si è realizzata preferibilmente attraverso due modalità: a) formazioni sintagmatiche si cristallizzano dando vita a nuove formazioni in cui i significati dei singoli elementi si annullano nel significato unitario; b) lessicalizzazione di costrutti sintattici.  Nel primo caso parole che prima erano autonome acquistano un duplice significato: quello originario (e autonomo) e quello “vuoto” (grammaticalizzato), come avviene con i verbi avere, fare, dare e sostantivi quali mezzo, posto, tempo che si combinano nelle sequenze fraseologiche avere/dare tempo, fare/dare posto, ecc. (si veda al riguardo G. Skytte, Italienisch: Phraseologie/Fraseologia, in Lexikon der Romanistischen Linguistik, a cura di G. Holtus - M. Metzeltin - C. Schmitt, vol. IV, Tübingen, Max Niemeyer Verlag 1988, p. 80). Analogamente espressioni ricorrenti nel discorso come può darsi, il nostro ci mancherebbe altro, figurati!, figurarsi! ecc. perdono via via il loro senso pieno, originario, per trasformarsi in segnali discorsivi che punteggiano le nostre conversazioni con valore pragmatico, con la funzione extralinguistica cioè di mantenere l’attenzione, asseverare un’affermazione o un’idea, elogiare, biasimare ecc.

    Lo status pragmatico delle espressioni qui esaminate è quello di frasi nucleari principali con assetto verbale e con valore funzionale: come tali rientrano entrambe ai nn. 23 e 24 nell’esemplificazione di Raffaele Simone, che ha firmato la voce Frasi nucleari dell’Enciclopedia dell’Italiano Treccani (2010-2011, ora online), e che ne sottolinea la valenza idiomatica, “dato che il significato di esse non si desume dall’insieme dei significati delle parole che le compongono ma da altri fattori”.

    Una volta chiarita la natura semantica e sintattica del costrutto ci mancava altro o ci mancherebbe altro, ricerchiamone l’uso nella nostra tradizione linguistica, a partire dalle attestazioni lessicografiche.

    Il GDLI al sottolemma 26 della voce Mancare riporta con valore di interiezione una serie di espressioni, a partire da Ci mancherebbe questo, ci mancherebbe!, atta “a esprimere, in tono enfatico, viva preoccupazione, malcelato timore in vista di un evento increscioso e deprecato”, con attestazioni che vanno da Buonarroti il giovane a Bernari, passando per Mazzini e Carducci. Segue “Ci o non ci manca o mancherebbe altro o altro che”, funzionale a “esprimere il desiderio e la speranza che un evento increscioso, temuto e deprecato, possa essere scongiurato”. Come alternativa ellittica si trova poi il semplice Manca! per ‘altroché’.

    Le attestazioni d’autore del GDLI ci aiuteranno anche a rispondere all’unico quesito di ordine strettamente semantico, riportato sopra e trattato qui di seguito al par. 1. Il primo esempio si deve al linguaggio epistolare della toscana S. Caterina de’ Ricci (1522-1590): “Penso che questa settimana sieno arrivate le nuove, ché, sendocene nulla, ti priego avvisarmene, e come la fa della vita: che non manca altro che li abbia a male, Iddio l’aiuti”. Segue quella un po’ macabra del poeta fiorentino Baldovini (1635-1716): “Non manc’altro, se non ch’il munimento / s’apra da sene, e ch’i vi salti drento” (‘Non manca altro che il mio sepolcro si spalanchi da sé e io vi salti dentro’). Più neutro il Carducci scrittore di lettere: “Non importa che Ella si proponga un capolavoro. Ci mancherebbe altro. Non lo capirebbero”. E ancora il romanziere e saggista toscano Delfino Cinelli (1889-1942), con una citazione di Calafuria (1929): “– L’avete scampata liscia, anche questa volta; ma una volta o l’altra, a tener di mano... – . – Io tener di mano? Non ci mancherebbe altro!”. Chiude la serie Cesare Pavese, con La spiaggia: “Si lamenta che gli costa troppo, – aggiunsi – Perché poi non la sposa? – Ci mancherebbe altro, – disse Clelia”.

    Istruttiva anche la batteria di esempi della variante Ci manca o ci mancava anche questa o questo!, sempre atta a “esprimere deprecazione per una sventura o una contrarietà ormai inevitabili”. Inaugura la trafila il commediografo toscano Cecchi (1518-1587): “Pazienza! / E’ mi mancava questa briga adesso / per casa! Or sia con Dio”, e segue, sempre in ambito teatrale, Metastasio: “– Per me sei reo? / Mancava anche questa alle mie sventure!”. Ancora le lettere di Carducci: “Il Zendrini aveva accademicamente sparlato di tutte le cose mie, della mia persona etc. etc. To’! ci mancava anche lui!” e una citazione lessicografica da Petrocchi: “‘Ci manca questa!’: d’un’altra disgrazia che capita per soprappiù”. In ambito letterario interviene Corrado Alvaro con Gente in Aspromonte: “– Ci mancava proprio questo – pensava – e proprio il giorno delle Palme”.

    Altrettanto istruttivo per la lingua letteraria il corpus VoDIM, che ci documenta un uso assoluto dell’espressione in Tre croci di Tozzi (1920):

    Non ci mancherebbe altro! Piuttosto, le do la mia.

    e usi sintattici articolati, dalla Coscienza di Zeno (1923) di Svevo, in cui il modulo è seguito da una coordinata ipotetica con condizionale e congiuntivo normativi:

    Non ci mancherebbe altro! Io non toccherei più un Rumkorff se avessi da temerne un effetto simile.

    fino a Ignazio Silone, che in Pane e vino (1937) adopera il congiuntivo nella dipendente:

    Naturale che sono già d’accordo, gli ho risposto. Per chi mi prendi Signoria? Non ci mancherebbe altro che non fossi già d’accordo.

    La tipologia testuale del terzo millennio spazia dall’italiano letterario, con Antonio Tabucchi, che in Un baule pieno di gente: scritti su Fernando Pessoa (2013) sfodera una sequela di congiuntivi:

    Mi è più che sufficiente essere malato; ci mancherebbe ancora che qualcuno ne dubitasse o mi chiedesse ragioni della mia salute come se dipendesse dalla mai volontà, o che io dovessi dare conto a qualcuno di qualcosa.

    alla lingua dei fumetti, testimoniata da Tex Willer del 7 marzo 2007:

    Ci mancherebbe altro! tu sei il mio migliore amico!

    Ineludibili per ricostruire l’evoluzione sintattico-semantica del modulo le fonti lessicografiche che ci descrivono l’italiano postunitario. All’esempio del Petrocchi addotto dal GDLI aggiungeremo altri dizionari manzoniani, a partire dal Vocabolario italiano di lingua parlata di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani (1875), che al lemma Mancare riporta entrambe le valenze, cortese e deprecativa, attestandoci altresì costrutti verbali impliciti nella dipendente:

    E quando si vuol mostrare il dispiacere per cosa che avvenga, per persona che intervenga ec. Si esclama: Ci mancava questo o quello! «Ci mancava quel seccatore a rompermi la testa!» - Ci mancavano le convulsioni per mandare all’aria la gita!».
    E anche quando altri ci annunzia una tal cosa, per mostrare che per noi sarebbe spiacevole, si risponde: Non ci mancherebbe altro!

    E al lemma Altro adduce la duplice formulazione Non mancherebbe, o, Non ci mancherebbe altro! del “modo familiare, col quale si augura che una cosa non avvenga”.  Avremo modo di tornare in chiusura sull’esemplificazione di questa seconda attestazione.

    Anche il Novo Vocabolario della lingua italiana di Giorgini-Broglio (1890) riporta le locuzioni (s.v. Mancare, sottolemmi 28 e 29), in forma interiettiva e in assetto sintattico, con il congiuntivo:

    Ci mancava questa! […] Ci mancherebbe questa! Non ci mancherebb’altro! Quando si teme qualche cosa spiacevole, che sarebbe un piovere sul bagnato. Dicono che vi rincaran la pigione – Ci mancherebbe questa! Non ci mancherebb’altro che la raccolta del vino fosse scarsa!

    A prescindere dai dizionari di ispirazione manzoniana, l’italiano postunitario è rappresentato dalla V Crusca, che, s.v. Mancare, riporta le locuzioni “Mancare poco a, o Mancarvi poco, a, ed anche Mancare poco di non o Mancarvi poco di non, in costrutto con un verbo di modo infinito”, e “Non mancare altro che avvenga checchessia, e Non mancare altro se non che, avvenga checchessia; sono maniere esprimenti apprensione per l'imminenza, o la possibilità, di un pericolo o male temuto, e giudicato di effetti gravissimi”. In un sottolemma successivo figurano anche gli assetti sintattici con dipendente esplicita: “Mancar poco che non, o Mancarvi, poco che non, ed anche, come trovasi, Mancar di poco che non, o Mancare per poco, che non, in costrutto con un verbo di modo indicativo o congiuntivo, sono locuzioni che valgono Esser vicino a seguire, Stare lì lì per accadere, per effettuarsi, l’azione che è indicata da esso verbo”.

    Alla lessicografia diacronica ci riporta il Tommaseo-Bellini che, s.v. Mancare, al sottolemma 40 adduce innanzitutto l’espressione “Non mancare chi faccia, dica, o sim., una cosa”, che “vale Esservi chi fa, dice, o sim., una cosa”, documentandola con esempi cinquecenteschi: “Borgh. Vesc. Fior. 359. (M.) Della quale (Basilica) non è mancato chi abbia creduto… che il titolo non fosse di S. Vitale e Agricola. Varch. Stor. 11. 352. Nè mancò chi desse la colpa della sua morte parte all’imperizia, e parte alla trascuraggine de’ medici”. Segue Ci mancherebbe, glossato come modulo adoperato “per enfasi”, e variamente esemplificato, con usi al condizionale e all’indicativo:

    T. Buon. Fier. 2. 4. 6. Appunto questo Ci mancherebbe per colmar lo staio. C. Alis. Disd. Ot. 34. Che per fornir la glorïosa festa… ci mancherebbe questa. – Non ci mancherebb’altro (alle tribolazioni, alle noie). – Per unificare l’Italia, non ci mancava che Calvino, e i mandrilli, e le inchieste.

      Per l’italiano contemporaneo, utile il ricorso al Vocabolario Treccani online, che, s.v. Mancare, attesta solo usi assoluti e interiettivi: “Sempre con la particella pron. ci, nell’uso fam.: ci mancava anche questa!, di avvenimento improvviso che viene a completare una serie di cose spiacevoli; e in tono deprecativo: ci mancherebbe altro!”.

      Il Sabatini-Coletti (versione online sul sito del “Corriere della sera”), s.v. Mancare attesta e chiosa le varie formulazioni:

      ci mancava anche questa!; ci mancherebbe altro!; ci manca, ci mancherebbe solo che, esclamazioni di rammarico o disappunto per un contrattempo accaduto o per un evento che si vorrebbe non accadesse. 

      Il GRADIT adduce al sottolemma 1b della voce Mancare, etichettandole come “locuzione pragmatica”, le interiezioni ci manca, ci mancava anche questa!, usata “per indicare il proprio disappunto per un contrattempo o una contrarietà che sopraggiunge dopo altri imprevisti” e “ci mancherebbe altro!”. Quest’ultima può avere duplice valenza: “deprecare un evento spiacevole che si desidera che non avvenga: Speriamo che non ci rubino anche i bagagli! Ci mancherebbe altro!”, ovvero funzionare come «risposta affermativa cortese: “– Ti disturba molto venirmi a prendere? – – Ci mancherebbe altro!”». Come costrutto introduttivo di frase dipendente il GRADIT riporta solo “mancarci poco: di fatto negativo, essere stato evitato per pochissimo: c’è mancato poco che qualcuno scoprisse la cosa”. Al lemma Altro non si menziona alcuna locuzione costruita con mancare.

      Esaurita l’escursione diacronica e la descrizione sincronica degli usi del costrutto, concentriamoci ora sulle risposte ai singoli quesiti, cui, per chiarezza, dedicheremo dei paragrafi distinti. 

        1. Tra perfezione del pessimismo e cortesia cosa vogliono dire le espressioni “ci manca solo che” e “figurati, ci mancherebbe altro!”?

          Iniziamo dall’osservazione semantico-pragmatica del modulo. Negli esempi sopra esaminati sembra prevalere l’uso pessimistico, deprecativo, con isolate attestazioni di contesti in cui domina la funzione di cortesia dell’espressione. In quest’ultimo caso il significato intrinseco del modulo appare strettamente legato all’intento pragmatico di assentire con quanto detto dal nostro interlocutore, asseverando la convinzione e il desiderio di scongiurare un’eventualità ritenuta negativa, assurda, inconcepibile. Come si è visto, tra le fonti lessicografiche solo il GRADIT assegna adeguato spazio a questa valenza, frequentissima nell’uso.

          Rappresentativi per la valenza pragmatica il filone della lingua teatrale, che documenta usi vicini a quelli attuali, e quello dei galatei, documentati ampiamente dal VoDIM.

          Per il teatro ci rifaremo a Google libri, che documenta l’uso – per noi più significativo – dei commediografi minori come Jacopo Nelli, ne La dottoressa preziosa (che citiamo da un’ed. del 1780):

          Ch’è spiritata? Ci mancherebbe questa ora, ch’ella volesse mettersi alla moda anche in questo.

          Indicativa di un uso medio anche la traduzione di un dramma di Victorien Sardou, Rabagas (1873), che offre un raro caso di dipendente implicita:

          Non ci mancherebbe altro che confessare che il governo ne ha fatta una bene!

          La continuità tra il parlato teatrale ottocentesco e quello contemporaneo è confermata da Ti ho sposato per allegria di Natalia Ginzburg (1964):

          Lo credo bene. Ci mancherebbe ancora che tu mi dessi degli ordini!

          La consuetudine si propaggina nel radiodramma novecentesco, con espansione coordinativa (ci mancherebbe anche; Vivere insieme, 1995) e in pieno contesto:

          Ci mancherebbe altro che non ci credesse. Mi disturbo ad arrivare fin qui, non riesco a mettermi in comunicazione con lei, la sua padrona di casa mi tratta malissimo… (Una crociera di sogno, 1997).

          Uno spaccato pragmatico efficace è offerto, come si diceva, dai galatei primonovecenteschi, consultabili nel VoDIM. Si va da esempi con il costrutto conservativo con la negazione:

          sue idee (nè v’è alcun male se queste sono sagge), e può farsi veder sola per la strada senz’esser presa per una bestia rara. Non ci mancherebbe altro (F. Fiorentina, Le belle maniere, 1918)

          a casi più vicini all’uso attuale:

          parola del cane non gliene importa niente, ci mancherebbe pure che parlasse, quella bestiaccia invadente! (B. Gasperini, Il galateo, 1912)

          Insospettati usi con sfumatura cortese provengono dal politichese, testimoniato dai discorsi parlamentari del corpus VoDIM. Un caso di cortesia implicita si deve a Marco Pannella (che usa il semplice ci mancherebbe, altro essendo legato alla  frase successiva giustapposta):

          non ci avete dato nemmeno la soddisfazione (ci mancherebbe, altro ci vuole per soddisfarci) non avete avuto neppure quel minimo di correttezza (8/1/1980)

          Almirante, da parte sua, esplicitava la presupposizione cortese:

          ringrazio molto per la sua cortesia. entro cinque minuti concluderò. Ci mancherebbe altro. Dicevo che l’enciclica pontificia Laborem exercens ha invitato... (18/5/1982)

          Un commento metalinguistico che orienta verso la valenza ironica accompagna l’espressione nei racconti di Limite di un pomeriggio d’inverno della scrittrice e poetessa Anna Ventura (1995):

          «Ma non credo nel destino». «Ci mancherebbe altro!» disse Gudio. «Ci mancherebbe altro!» ripetè lei, ridendo. «Questa frase mi fa sempre ridere. Mi rimanda ad una storiellina su Picasso, che forse conosci».

          Come si vede, non sembra esserci una netta distinzione tra uso “cortese” e uso deprecativo, e tutto dipende dal significato pragmatico della singola situazione discorsiva.

          Vediamo invece se l’aver ripercorso la storia del costrutto ci aiuterà a motivarne soprattutto “la grammatica”, che sta alla base della maggior parte dei quesiti pervenuti.

          2. Opzione tra indicativo e congiuntivo nelle frasi dipendenti dal modulo

            L’esempio addotto dall’autore del quesito è di tono nettamente informale, sia per le scelte lessicali (mettere per pubblicare sul giornale), sia per le scelte morfosintattiche, con il condizionale innaturale e ipercorretto:

            ci mancherebbe che metterei una discussione tra amici (conoscenti) sul giornale…. daiii….. In questo caso la risposta può essere abbastanza netta: la formulazione giusta richiede il congiuntivo: ci mancherebbe che mettessi una discussione tra amici (conoscenti) sul giornale...daiii

            La nostra risposta può essere confortata da esempi d’uso, tratti da Google libri e attinenti perciò a una varietà di testi e contesti.

            Alterna indicativo e congiuntivo Carlo Goldoni nelle Donne di buon umore (consultate nell’edizione di Palermo, 1831), in cui una signora si lamenta con la cameriera dell’esito della propria acconciatura:

            Ci mancherebbe poco, che non mi rimettessi le mani in testa un’altra volta, e non ti facessi ricominciare da capo.

            E la risposta informale è declinata all’indicativo:

            Non ci mancherebbe altro, che vi sfogate contro di me.

            Persino la letteratura rosa indulge all’indicativo solo in contesti particolarmente colloquiali, marcati anche dall’aferesi del dimostrativo:

            Non ci lascerà mica qui nel corridoio? – Thayer imprecò sottovoce nell’udire il brontolio di Henri. – Zitto, vecchio rimbambito – abbaiò Valeryn. – Ci mancherebbe che sto zitto. La gamba mi fa un male boia e voglio sedermi. Aprite ‘sta porta! (J. B. Weber, Il bacio del capitano, 2013)

            Ma in situazioni formali torna il congiuntivo:

            Ci mancherebbe che non lo fosse –. – Lei non è poi così male –. Senza rispondere, lui chiuse la porta e si girò nel medesimo istante in cui Hilda gli passava accanto. (M. Moore, L’uomo che non aveva un cuore, 2014)

            Opta per l’indicativo Piersandro Pallavicini, autore di fortunati “romanzi per signora”, in Atomico dandy (2005):

            Ma ci mancherebbe altro. Ci mancherebbe altro, dai! Scusami, cribbio: sono io che mi sono spiegato male. Ci mancherebbe che adesso metto in dubbio il tuo lavoro!

            Un insolito uso del futuro indicativo nella dipendente si deve al sindaco di Sesto San Giovanni. All’intervistatore che gli chiedeva se sarebbe intervenuto alla manifestazione in onore della senatrice Liliana Segre, a cui non aveva concesso la cittadinanza onoraria, il politico rispondeva:

            Ci mancherebbe che ci sarò, ma sulla cittadinanza sbagliano. Ci vuole un percorso culturale per concederla. Se per settant’anni a Sesto quando governava la sinistra nessuno ci ha pensato vorrà pur dir qualcosa. Mi sembra tanto che ci sia voglia di strumentalizzare una persona che rappresenta un patrimonio dell'umanità e che difatti ha iniziato a rifiutare alcune di queste cittadinanze. (“la Repubblica”, 22/11/2019)

            Anche in questo caso la risposta sembra doversi orientare verso la singola situazione discorsiva e comunicativa, anche se, come vedremo, il congiuntivo è la scelta dominante. L’alternativa sembra più che altro di ordine temporale, come emerge anche dal quesito successivo.

              3. Opzione tra congiuntivo presente e congiuntivo imperfetto nella frase dipendente dal modulo

                Anche in questo caso la scelta non è assoluta, ma dipende dal registro della frase e dalla consecutio temporum, anche se il quesito è incentrato sul valore del modo verbale, ed è focalizzato su due esempi:

                1. Ci mancherebbe che ti regaliamo o ci mancherebbe che ti regalassimo
                2. Ci mancherebbe che Marco te lo impedisca! o Ci mancherebbe che Marco te lo impedisse!

                L’uso del congiuntivo presente implica una sfumatura più tenue della frase, orientandola verso la potenzialità, laddove il congiuntivo imperfetto accentua la valenza negativa e di “assurdo”, secondo le tendenze a tutti note nel periodo ipotetico. Non c’è pertanto una risposta dirimente, ma si deve considerare il significato contestuale, misurarne il tasso di ‘impossibilita’ o di ‘irrealtà’ implicato dall’espressione e poi si potrà scegliere quale tempo del congiuntivo sia più adatto alla situazione.

                Una ricognizione delle tendenze d’uso può aiutarci a motivare in maniera più convincente la risposta. Nell’esemplificazione del GDLI già esaminata sembrava prevalere l’imperfetto. Il dato è convalidato da un’escursione nei testi letterari vicini al parlato e nei testi teatrali rilevabili su Google libri. Si osservi quest’esempio di Giovanni Arpino (Teatro, poesie e altre storie, 1992):

                «[…] Uno zoo, forse ci siamo. Grazie, Capo». Rivolse un gesto al cielo il vecchio e si precipitò in… E noi ci battiamo per nuove conquiste. Ci mancherebbe che adesso un tanghero come te seminasse zizzania. È meglio se vai via alla svelta.

                Ma già un autore ottocentesco di romanzi edificanti e sentimentali, Anton Giulio Barrili (Il Dantino, 1909), adottava il congiuntivo imperfetto:

                E se dovessimo fermarci a queste ragazzate! Non ci mancherebbe altro. – Livio Sismondi ragionava benissimo. Non ci mancherebbe altro, davvero, che noi fossimo legati in eterno alle consuetudini dell’infanzia.

                Un antecedente può trovarsi nella narrativa popolare ottocentesca:

                Ci mancherebbe anco questa! Venne dicendo, in aiuto suo, la moglie; ci mancherebbe anco, che la nostra Clementina si credesse maledetta dal suo babbo! (L’uso vince natura, 1879)

                La prevalenza esclusiva del congiuntivo imperfetto si ripete nella scrittura medio-alta testimoniata dal VoDIM. L’ampia casistica, che potrà funzionare a proposito di altri quesiti, può qui essere rappresentata dalla Contessa Lara (Evelina Cattermole) in Storie d’amore e di dolore (1893):

                 – affermò la madre – non ci mancherebbe altro che Totò facesse con te de' complimenti di questo genere! – Di questo valore! – corresse il capitano.

                Anche Mike Bongiorno, notoriamente non prodigo di congiuntivi, seguiva la consecutio temporum nella sua autobiografia (La versione di Mike, 2010):

                Ci mancherebbe altro che un giorno mettessero anche una lapide…

                Congruente con il registro medio-alto, anche se ironico, del saggio etico-filosofico, il congiuntivo imperfetto di De Crescenzo in Così parlò Bellavista (2010):

                E ci mancherebbe altro che non stessimo attenti!

                 A un altro livello stilistico si colloca il parlato istituzionale dei discorsi parlamentari, di cui il VoDIM fornisce ampia e varia documentazione, dal 7 marzo 1883:

                Presidente. Non ci mancherebbe altro che ella vi rientrasse daccapo!

                al secondo Novecento, con un esempio di congiuntivo imperfetto in Emma Bonino (2/12/1976):

                Parlamento. ci mancherebbe altro, visto che probabilmente la prossima volta sarà anche quella definitiva! ci mancherebbe altro che non ne fossero investiti (2/12/1976)

                Google libri infine ci restituisce un esempio del 1963, con numerosi congiuntivi: 

                Ci mancherebbe altro che la Presidenza del Senato dovesse entrare nel merito della singola interrogazione! Ci mancherebbe altro che la Presidenza del Senato, dopo aver fatto un doveroso richiamo al parlamentare, censurasse le sue… ("Atti parlamentare: Resoconti delle discussioni", vol. 32, 1963)

                Sullo stesso tono un trattato giuridico (Crisi istituzionale e rinnovamento democratico della giustizia, 1978):

                Ci mancherebbe altro che noi fossimo contro le forze storiche della sinistra, ci mancherebbe che noi non collaborassimo alla trasformazione democratica dello stato.

                Così il giornalismo politico ottocentesco conferma l’opzione per il congiuntivo, sempre imperfetto, in una farraginosa quanto appassionata invettiva contro Napoleone III che procrastinava la conquista di Roma capitale:

                Non ci mancherebbe altro, che quando tutti gli Italiani aspirano alla loro capitale, come a centro che solo può consolidare l’unità e la monarchia nazionale, e che il gabinetto delle Tuilieries, per motivi senza dubbio ragionevolissimi per lui, ci risponde colla conservazione indefinita dello statu quo, non ci mancherebbe altro, dico, che scrivesse una nota violenta. (Il Pungolo, Napoli, 1 luglio 1862)

                Sporadiche attestazioni di congiuntivo presente si trovano nel linguaggio giornalistico presente nel CORIS, che offre un esempio dalla lingua della stampa 1980-2000, in un articolo relativo a un’inchiesta di Ben Jelloun:

                In questo squallore sopravvive l’ultima ospite dell’ex albergo: una vecchietta tossicchiante e sbavacchiante, che si muove a stento, piscia per terra, eppure si sente felice. «Qui vivo come una principessa», dice allo scrittore marocchino allucinato che è penetrato nella sua tana. «Sono la talpa più coriacea del Pauperum Hospitium, veglierò sulla nave della povertà e della grande nobiltà: ci mancherebbe altro che questo splendido edificio venga trasformato dai siciliani in un parking per macchine rubate, o in vendita di pizze surgelate, oppure in un bordello con specialità nigeriane!».

                Anche “la Repubblica” del 9 novembre 2019 ne offre un esempio nell’intervista alle scrittrici messinesi di successo Alessia Gazzola e Nadia Terranova. Quest’ultima commenta l’accenno del giornalista alla rinascita culturale di Messina negli ultimi anni:

                Mi sembra la continuazione di un Novecento messinese che ha dato molto al teatro, alla pittura, alle arti, alla poesia. Jolanda Insana e Maria Costa hanno scritto poesie meravigliose, per non parlare del monumentale Horcynus Orca, ci mancherebbe che non onoriamo una simile eredità!

                Un altro esempio giunge dal parlato politico, e si deve a Conte, che, da Presidente del Consiglio affermava durante una visita lampo in Campania:

                Ci mancherebbe che il Governo non abbia attenzione per una capitale del Sud come Napoli. (“la Repubblica” 24/11/2018)

                Anche la scrittura argomentativa indulge al congiuntivo presente, in un articolo di politica economica:

                Il primo è che in un mercato concorrenziale e aperto è normale che un'impresa cerchi di mantenere buoni rapporti con i fornitori ed attirare i migliori talenti offrendo attraenti condizioni di impiego rispetto alle prestazioni attese. Quanto ai clienti, ci mancherebbe che un'azienda non li soddisfi! (“la Repubblica” 26/8/2019)

                In definitiva il congiuntivo imperfetto prevale su quello presente, a conferma che la formulazione al condizionale del modulo (ci mancherebbe piuttosto che ci manca o ci mancava) ‘trascina’ il congiuntivo nella dipendente, forse per un automatismo causato dalla regola del periodo ipotetico. 

                Un esempio di costrutto implicito nella dipendente ci proviene da Filippo Pananti (1766-1837):

                Per compier l’opra, e far come a un uccello, / non ci mancherebbe altro che accecarmi (GDLI, s.v. Accecare)

                Così Aldo Busi nel Manuale del perfetto papà (2010) ci fornisce un uso accostabile a quello già osservato nella traduzione di Sardou:

                Ci mancherebbe altro di avere un marito gay con la manna di avere un Papà superperfetto ovvero due mamme.

                Infine, un contesto con ellissi della congiunzione proviene da Gozzano:

                ci mancherebbe m'avesse avvelenata! Come, dall’altra parte, ha fatto con la baronessa Franzi, che per poco muore di tetano, e che gli ha dato querela. (GDLI, s.v. Tetano)

                  4. Che tipo di congiuntivo andrebbe messo dopo l’espressione Ci mancherebbe che

                  Le frasi inerenti a questo secondo quesito sembrano basarsi maggiormente sulla consecutio temporum; l’alternativa proposta da chi ci scrive infatti è:

                    a) Ci mancherebbe pure che lo chiami. Non s’aspettava che io entrassi.

                    b) Ci mancherebbe pure che lo chiamassi. Non s’aspettava che io entrassi.

                        In a) prevale la sfumatura dell’immediatezza e dell’informalità, che si attenua nell’enunciato esplicativo, mentre in b) domina la valenza del distanziamento da un’ipotesi da scongiurare, quindi l’irrealtà o l’intento di allontanare un’eventualità.

                        L’opzione suggerita, come nel caso precedente, è di valutare attentamente il senso contestuale e di adeguarvi la scelta dell’accordo temporale.

                        5. Opzione tra indicativo e condizionale nell’espressione stessa

                          Un caso collaterale può considerarsi quello posto dal quesito di un utente di Facebook intorno alla battuta di Enrico Mentana che commentava con un colloquiale Ci mancava altro! la condivisibile scelta di non partecipare a Sanremo delle tre biologhe che hanno isolato il virus del Covid.

                          Si tratta di un tipico uso di imperfetto modale, simile a quello del periodo ipotetico dell’irrealtà, per cui l’imperfetto indicativo, in contesti di particolare colloquialità, subentra al condizionale. Tutti diciamo nel parlato quotidiano frasi come Se venivi prima uscivamo; Se me lo dicevi facevamo altrimenti ecc. Così l’interiezione spontanea di Mentana sostituisce il condizionale nell’espressione Ci sarebbe mancato altro!, che nel parlato trasmesso del commento estemporaneo alla notizia sarebbe stato indubbiamente artificioso.

                          Una significativa testimonianza sugli usi ellittici dell’espressione nel linguaggio giornalistico è offerta dai corpora CORIS e DiaCORIS. Il primo adduce 30 occorrenze del modulo, adoperato come inciso o in clausola; nel secondo si bilanciano gli usi parentetici (Baldini, “Corriere della sera” 1941; Fruttero e Lucentini, “La Stampa” 1994; D. Brignardi, “la Repubblica” 1998) e quelli in clausola (Bianciardi, “L’Europeo” 1966; L. Vergani, “Corriere della sera” 1977, Galli della Loggia “Corriere della sera” 1997; Brignardi, “la Repubblica” 1998).

                          Particolarmente rappresentativo il caso di Buzzati, che aveva tale dimestichezza col linguaggio giornalistico da travasare lo stilema della clausola nella scrittura narrativa:

                          Certo, senza un governo forte non si sarebbe potuta statuire una bonifica di così vasta portata. E tale è appunto il governo presieduto dall’onorevole Nizzardi. Forte, e democratico, si intende. La democrazia non impedisce di usare, qualora sia necessario, pugno di ferro, ci mancherebbe altro. (Sessanta racconti, 1958)

                          Nel ColiWeb (Corpus della lingua italiana nel web) l’espressione ci mancherebbe figura solo con valore di inciso tra virgole, e Ci mancherebbe altro rappresenta una coordinata che incide due frasi.

                            6. Possibilità di omettere la particella pronominale

                              Il ci che accompagna il verbo mancare nelle frasi esaminate è parte essenziale del costrutto, in quanto si tratta di uno dei cosiddetti verbi pronominali, quelli cioè in cui all’infinito è incorporato un pronome clitico, che può essere intrinsecamente legato al verbo (come in accorgersi, pentirsi) o può avere come alternativa le forme prive di clitico (rivolgere ~ rivolgersi, riempire ~ riempirsi). La casistica con -si è quella canonica, cui si affiancano le combinazioni con -ci, -la, -le, -ne, che prendono il nome di verbi procomplementari: entrarci, metterci, averci; farla, cantarla; buscarle, suonarle; andarne (ne va della vita), farne (farne di tutti i colori). Si hanno anche forme con pronome multiplo: avercela; volercene; cavarsela, ecc. Se la particella è opzionale, come in mancarci-mancare, il verbo non è però procomplementare, ma ha semplicemente una sfumatura asseverativa, di «rinforzo semantico e fonico» (F. Sabatini, “L’italiano dell’uso medio”: una realtà tra le varietà linguistiche italiane, in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a cura di G. Holtus e E. Radtke, Tübingen, Narr, pp. 154-184: p. 160), per cui la forma verbale viene ancorata alla realtà pragmatica: in questo caso si parlerà di ci attualizzante. Omettere questa particella in espressioni come c’entra, ci vuole ecc., in cui “conserva in parte il suo significato originario di ‘qui, in questa faccenda, a proposito di questi fatti’” renderebbe il significato frasale più oscuro o addirittura alterato (ivi, p. 161). Sembra confermarlo la tradizione teatrale, in cui, come si è visto, la particella non viene mai eleminata. Dunque in questo caso la risposta può essere più netta: non è opportuno omettere il ci.

                              Non guasterà tuttavia addurre qualche attestazione ottocentesca del modulo con ellissi del pronome, attingendo al corpus VoDIM:

                              – Non mancherebbe altro che essere oltraggiata dalla vostra gelosia per costui! – (Capuana, Racconti, 1905)

                              don Ignazio passeggiava borbottando in su ed in giù. – Mancherebbe anche questa – sclamò egli a un tratto. (Arrighi, Nanà a Milano, 1880)

                              signor Demetrio, dove si va? si diventa matti? mancherebbe anche questa; oltre al tradimento farsi dei carichi di coscienza ... (De Marchi, Demetrio Pianelli, 1890)

                              spiriti superbi e raffazzonati non sentono piú se non quel che il loro orgoglio permette di sentire. E all'uomo moderno non mancherebbe che questa. (De Marchi, Giacomo l’idealista, 1897)

                              Un esempio istruttivo per distinguere il costrutto con pronome e quello con cancellazione di ci proviene dal Rigutini-Fanfani (1875), che al lemma Altro adduce due esempi distinti. Nel primo il pronome è richiesto dal rimando anaforico alla frase precedente, mentre nel secondo il ci viene omesso perché l’esplicitazione cataforica chiarisce appieno il senso:

                              Crescono di un altro decimo le tasse, – Non ci mancherebbe altro!  
                              Non mancherebbe che, dopo avermi maltrattato, mi bastonasse anche!

                               7. Opzione tra inserimento o meno dell’avverbio di negazione non

                              Più che mai in questo caso ci sovverrà l’osservazione degli usi in diacronia. Si direbbe che prevalga un po’ in tutti i generi testuali la formulazione introdotta da non:

                              Scherzi innocenti, li chiami? – Dei immortali! Se ne dànno dei peggiori. – E non ci mancherebbe più altro. Ma tutti, signor Tribolino (Barrili, Una notte d’estate, 1897)

                              Svariate le attestazioni di Capuana in vari generi di scrittura, dalle favole:

                              così bene, che finirà col dichiararlo suo successore, vedrete! – Non ci mancherebbe altro! Bisogna dar moglie a Sua Maestà! – Dite bene, eccellenza! (Chi vuol fiabe, chi vuole?, 1908)

                              alle novelle:

                              – chi paga le spese? – Le pago io – rispose il Pretore ridendo. – Che c'entra voscenza?... Non ci mancherebbe altro! – (Eh! La vita, 1913)

                              al romanzo:

                              «Benissimo, vi dico!», egli replicò a un gesto dubitativo della marchesa. «Non ci mancherebbe altro». (Il Marchese di Roccaverdina, 1901)

                              Tra le 23 occorrenze del modulo in DiaCORIS si segnala una citazione da I vecchi e i giovani di Pirandello (1909):

                              Non ci mancherebbe altro, che anche tu lo sostenessi e che egli andasse su anche coi vostri voti!

                              Anche la letteratura educativa per ragazzi non smentisce il canone:

                              che ci andassi col mio babbo. Già: non ci mancherebbe altro! Per fortuna in quel momento sulla bottega ci era un giovanotto che mi guardava (Vamba, Il giornalino di Gianburrasca, 1912)

                              Ed ora.... Non vi pare che io abbia ragione di ridere? – Non lasciarla andare, Manolo! non ci mancherebbe (Bisi Albini, Donnina forte, 1920)

                              I racconti delle fate di Collodi (1875) ci restituiscono un contesto ad alto tenore pragmatico, con la favola della sorella buona che parlando emette rubini e topazi perché è stata buona con la fata travestita da vecchina alla fontana:

                               «Oh, che fortuna...», disse la madre, «bisogna che ci mandi subito anche quest’altra». «Senti, Cecchina, guarda che cosa esce dalla bocca della tua sorella quando parla. Ti piacerebbe avere anche per te lo stesso dono? ... Basta che tu vada alla fonte; e se una vecchia ti chiede da bere, daglielo con buona maniera». «E non ci mancherebbe altro!...», rispose quella sbadata. «Andare alla fontana ora!» «Ti dico che tu ci vada ... e subito», gridò la mamma.

                              Nel “Corriere dei Piccoli” del 7 gennaio 1912, un raccontino intitolato I commenti delle bestie offre un esempio di lingua media proposta ai ragazzi. I mici, infastiditi dalla banalità del proverbio “Di notte tutti i gatti sono grigi”, commentano:

                              Non ci mancherebbe altro che tra gatti non ci si riconoscesse neanche dal colore!

                              Sempre dalla letteratura per ragazzi ben 5 attestazioni del modulo provenienti dalle Avventure di Ciuffettino di Yambo (1920) sono registrate da DiaCORIS, e una per noi pertinente è ripresa dal VoDIM:

                              – Proviamo! – – Non ci mancherebbe altro! E allora, Trippetta, che cosa mangia? –

                              Mantiene lo stile sostenuto e l’andamento normativo la fiction paleotelevisiva per ragazzi documentata da Giovanna la nonna del corsaro Nero (1962), che conserva l’avverbio di negazione:

                              «Io?» esclamò il capitano. «Non ci mancherebbe altro!»

                              Si mantiene fedele alla tendenza più ‘normativa’ del costrutto con non il parlato istituzionale dei discorsi parlamentari, testimoniato dal VoDIM:

                              Presidente. Non ci mancherebbe altro che ella vi rientrasse daccapo! (7 marzo 1883)

                              Uno stuzzicante esempio di costrutto con avverbio di negazione ci viene dal DiaCORIS, a firma di Enrico Mattei:

                              Certo non ci mancherebbe ormai che questo per completare il quadro: che un congresso il quale si è deciso per una direttiva politica di sinistra filosocialista eleggesse una direzione di uomini di destra per attuarla! (“Gazzetta d’Italia” 1946)

                              Il LIS (Lessico dell’Italiano Scritto), dalla Stazione Lessicografica dell’Accademia della Crusca, ci offre un’occorrenza del costrutto con avverbio negativo, dalla stampa periodica del primo Novecento:

                              Non ci mancherebbe altro! sono invece sulle mosse di parlarvi. (G. Mosca, Lo Stato e i sindacati professionali, 1925)

                              Un elevato tenore pragmatico riveste un contesto da La spiaggia d’oro di R. Brignetti, datato 1971, citato nel DiaCORIS:

                              Ormai era il momento di rientrare nella navigazione per l’isola. – Almeno andasse bene. Aiutami, sposta la sedia e cancella, ci mettiamo la rotta giusta. Ma perché almeno. Deve andare bene: che almeno? Accordo fatto fra me e te? – – Così, all’isola ci andiamo lo stesso. – Appunto. Non ci mancherebbe altro. –

                              Per verificare se effettivamente il mutamento più vistoso nell’evoluzione del costrutto sia l’omissione del non può essere produttivo rifarsi all’uso manzoniano, solitamente innovativo e orientato verso la contemporaneità, come ha dimostrato il compianto Luca Serianni. Nel cap. XXIV dei Promessi sposi si legge il concitato monologo di don Abbondio, che dovrà affrontare il cardinale Federigo: 

                              E poi.... che non venisse anche curiosità a monsignore di saper tutta la storia, e mi toccasse a render conto dell’affare del matrimonio! Non ci mancherebbe altro. E se viene in visita anche alla mia parrocchia!.... Oh! Sarà quel che sarà; non vo’ confondermi prima del tempo: n’ho abbastanza de' guai. Per ora vo a chiudermi in casa. Fin che monsignore si trova da queste parti, don Rodrigo non avrà faccia di far pazzie. E poi.... E poi? Ah! vedo che i miei ultimi anni ho da passarli male!

                              L’espressione compare in altri due contesti, di cui il primo conserva il valore idiomatico. Siamo al cap. XXII, in cui Manzoni dedica varie pagine al profilo del cardinale Borromeo, commentando, tra l’altro, la meritoria fondazione della Biblioteca Ambrosiana:

                              Ma pensate che generoso, che giudizioso, che benevolo, che perseverante amatore del miglioramento umano, dovesse essere colui che volle una tal cosa, la volle in quella maniera, e l’eseguì, in mezzo a quell’ignorantaggine, a quell’inerzia, a quell’antipatia generale per ogni applicazione studiosa, e per conseguenza in mezzo ai cos’importa? e c’era altro da pensare? e che bell’invenzione! e mancava anche questa, e simili; che saranno certissimamente stati più che gli scudi spesi da lui in quell’impresa; i quali furon centocinquemila, la più parte de’ suoi.

                              Come sempre, Manzoni ha un ruolo altamente rappresentativo: l’uso parco del costrutto nei Promessi sposi suggerisce interpretazioni controverse. Forse l’autore non sentiva come genuinamente toscana l’espressione, o forse percepiva la locuzione come elemento di tenore stilistico adeguato alla mimesi del parlato dei personaggi ma sconsigliabile nell’allocuzione d’autore, in cui il costrutto, con significato letterale e dunque senza implicazioni idiomatiche, si trova al cap. XII, relativamente alla rivolta del pane:

                              Non mancava altro che un’occasione, una spinta, un avviamento qualunque, per ridurre le parole a fatti; e non tardò molto.

                              Le grammatiche ottocentesche (Fornaciari in primis) non concedono spazio a espressioni colloquiali come quella qui esaminata, e la stessa Fraseologia italiana del Ballesio (1902) adduce solo un’occorrenza indiretta nell’esemplificazione del modo proverbiale ristagnare barili secchi, tratto da una commedia del Cecchi: “Mi mancherebbe quest’altro avviamento attorno, avere tutto il dì a ristagnare barili secchi!” (s.v. Secco, nell’appendice di aggiunte).

                              A contrastare tuttavia l’impressione che l’uso ottocentesco sia univoco interviene una coppia di esempi, tratti sempre dal corpus VoDIM. Non mancano significative oscillazioni nella narrativa media di Neera:

                              per le serve? È una debolezza in lui, non può correggersi. Ninetta non è la prima. – Ma sua moglie? Poverina, voglio avvertirla... – Non ci mancherebbe. (L’indomani, 1889)

                              Credi che non sarei capace di scendere dalla finestra? – Andiamo, via, ci mancherebbe altro (Neera, Teresa, 1886).

                              Una buona donna — tornava a pensare — non bella e non giovane.... ci mancherebbe altro! Così, una compagna per la vecchiaia, qualcuno a (Voci della notte, 1893)

                              Ci mancherebbe altro! E la languida figlioccia, sedendosi subito perché era fresca di parto, ripeteva fra sé (Voci della notte, 1893)

                              O di Salgari:

                              pazzo per la paura? – si chiese l'irlandese, impallidendo. – Non ci mancherebbe che questo per peggiorare la nostra situazione. –  – Ebbene? –  (Attraverso l’Atlantico in pallone, 1895)

                              Il vecchio Lama li aspettava pregando dinanzi al Dio. – Ci mancherebbe altro che ci facesse inginocchiare. (I figli dell’aria, 1904)

                              Non ci mancherebbe che questa!... – Non spaventarti, Yanez. L'Helgoland ha dei buoni cannoni. Ma ... toh, quella nave è a vapore. Non vedi, Yanez. (I pirati della Malesia, 1896)

                              Uniforme la scelta della Marchesa Colombi:

                              Ma la matrigna esclamò: – Ci mancherebbe altro! Cosa ti salta in mente? Con quella faccia bianca come la luna, e quegli occhiacci. (Un matrimonio in provincia, 1885)

                              L’innovazione novecentesca è confermata da un esempio datato 1996, di C’era due volte il barone Lamberto di Gianni Rodari:

                              – vuole diventare la mia mamma? – Ci mancherebbe, – risponde Delfina. – Prima mi vuole per moglie, ora mi vuole per madre. (Corpus VoDIM).

                              8. Conclusioni

                              Tirando le somme, possiamo confermare che il mutamento più vistoso fra Otto e Novecento appare la caduta dell’avverbio di negazione iniziale (Non ci mancherebbe > Ci mancherebbe), con effetti di semplificazione e immediatezza dell’espressione. Dal punto di vista della concordanza modale invece rimane stabile l’uso del congiuntivo, più rispondente al tenore e alla funzione pragmatica del modulo, il cui condizionale (di gran lunga preferito; i rari casi di indicativo orientano verso modalità molto colloquiali) sembra esercitare un effetto di trascinamento sul congiuntivo delle frasi dipendenti a causa, presumibilmente, dell’analogia con le regole di accordo verbale del periodo ipotetico, mentre decisamente raro il ricorso alla formulazione implicita del verbo dipendente.


                              Gabriella Alfieri

                              12 settembre 2022


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                              12 nov 2024

                              CruscaScuola: Corso di formazione per i docenti a.s. 2024/2025 Leggere e comprendere i testi: riflessioni, strumenti e strategie didattiche

                              08 nov 2024

                              CruscaScuola: Un viaggio tra le parole. Il progetto per i docenti delle scuole secondarie di primo grado per l'a.s.2024/2025

                              08 nov 2024

                              L’Accademia della Crusca nomina otto nuovi Accademici

                              30 ott 2024

                              Scomparsa l'Accademica Ornella Castellani Pollidori

                              21 ott 2024

                              Dalla parola al fumetto, dal fumetto alla parola. Verso un piccolo glossario del fumetto e dell'illustrazione - Istruzioni per l’uso

                              16 ott 2024

                              L'Accademia della Crusca partecipa alla Bright Night dell'Università di Firenze

                              17 set 2024

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