Sono arrivati vari quesiti sul nome degli abitanti della Basilicata: tutti conoscono il termine lucani (ma qualcuno si chiede perché, allora, la regione non si chiami Lucania), ma molti hanno dubbi sulla correttezza dell’etnico basilicatesi. Ma ci sono anche i basilischi e qualcuno ipotizza perfino l’esistenza di basilicati.
Come abbiamo rilevato altre volte, ci arrivano spesso domande sugli etnici. In genere, però, si tratta di abitanti di paesi esteri, o di piccoli centri. In questo caso, invece, abbiamo a che fare con una delle venti regioni italiane, la Basilicata. L’assenza di rapporto etimologico tra il toponimo e l’etnico più diffuso (che è indubbiamente lucano) costituisce un esempio di “suppletivismo”, fenomeno non raro in italiano, ma che solo in questo caso avviene con riferimento agli abitanti di una regione.
Cominciamo col dire che la regione in età romana era denominata in latino Lucania, di cui Lucanus (da cui l’it. lucano) è l’etnico, secondo lo stesso rapporto che lega Campanus (it. campano) a Campania, Calabrus (it. calabro) a Calabria (che poi in italiano ha prodotto anche calabrese), Italus (it. italo) a Italia. Secondo il Dizionario di toponomastica (Torino, Utet, 1990), il termine Lucani è un adattamento latino di una voce del sostrato locale italico, che in greco è resa con Leukanòi, etimologicamente legata a leuc- nel senso di ‘capo, estremità’ (ma ci sono varie altre proposte etimologiche).
In età medievale, a partire dal sec. X, l’antica Lucania cominciò a essere indicata anche (e dal sec. XII esclusivamente) come Basilicata, toponimo che, secondo lo stesso Dizionario, deriva dal gr. basilikòs, termine che indicava l’amministratore bizantino della regione, oppure dalla basilica di Acerenza, sede del vescovo che aveva la giurisdizione sul territorio. Con questa denominazione la regione entrò, nel 1860, nel Regno d’Italia, ma il toponimo classico Lucania venne ufficialmente ripristinato nel 1932 in epoca fascista, per essere nuovamente sostituito da Basilicata nel 1947, con l’avvento della Repubblica.
Per quanto riguarda l’etnico, il Deonomasticon Italicum di Wolfgang Schweickard (DI), s.v. Lucània documenta l’uso, fin dal sec. XIII, di lucano/i, con riferimento sia alla popolazione della Lucania antica sia ai contemporanei abitanti della Basilicata. Gli etnici derivati da Basilicata, secondo lo stesso DI, sono basilicatese/i (con -ese, il suffisso più usato per la formazione di questi derivati; rarissima la variante letteraria basilicatense/i, come pure l’alternativo basilicatino/i, con il suffisso -ino) e basilisco (pl. basilischi), considerato una “variante etimologizzante, per analogia formale con it. basilisco ‘rettile’”. I due termini hanno avuto, tra Otto e Novecento, una certa diffusione, ma restano entrambi di uso molto più circoscritto rispetto a lucano, che ha formato anche composti come calabro-lucano e lucano-pugliese.
Quanto ai basilicati citati da un nostro lettore, si tratta di un etnico non registrato nel DI, né in altri dizionari, ma di cui si trovano in rete alcune rarissime attestazioni ottocentesche e qualche scherzoso esempio contemporaneo. Peccato che non si abbiano esempi al singolare, ma è probabile che basilicati rappresenti il maschile plurale di basilicato e che si tratti quindi di un etnico formato per conversione dal toponimo (come Argentina/argentino); nel caso di un maschile singolare basilicate si potrebbe ipotizzare la possibile attrazione di etnici come arpinate, cassinate, mentre un eventuale maschile basilicata sarebbe l’unico altro esempio di etnico in -ata, oltre a crotoniata (numerose, invece, le formazioni in -ita e in –ota).
Sembra dunque tuttora preferibile continuare a indicare gli abitanti della Basilicata come lucani, specie in senso puramente denotativo.
16 febbraio 2018
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