Alcuni lettori ci hanno chiesto chiarimenti sulla differenza tra coagulare e coagularsi in riferimento al sangue (il sangue coagula o si coagula?), altri vogliono sapere se l’espressione coagulare le forze sia corretta.
Se esaminiamo la storia e l’origine del verbo coagulare, scopriamo un percorso linguistico piuttosto lineare, caratterizzato da pochi cambiamenti sostanziali a livello di semantica e a livello di funzione grammaticale (transitività o intransitività del verbo).
Partiamo dall’inizio. Il termine coagulare proviene dal lat. coagulāre ‘raddensare’ (DEI, DELI, LEI), denominale di coagulu(m) (formato da co(n)- e un derivato di agĕre, come mette ben in evidenza il RIF - Repertorio italiano di famiglie di parole curato da Michele Colombo e Paolo D’Achille). Nella latinità tanto coagulum quanto coagulare si riferivano al caglio (sia animale che vegetale) e ad altri liquidi, come il latte (Mazzini 1989, p. 70; rimandiamo al Lexicon Totius Latinitatis di Egidio Forcellini per esempi di scrittori classici). Nel latino medievale e soprattutto nella tradizione scritturale la semantica si allarga anche al processo di formazione dell’embrione (per ulteriori attestazioni in tal senso si veda il TLL). In italiano antico, infine, giunge per via dotta (ricordiamo che per trafila popolare si sono avuti, invece, sempre da coagulāre i verbi cagliare e quagliare, cfr. la risposta di D’Achille su squagliare), mantenendo di fatto lo stesso significato di ‘raddensare’. La semantica include anche il sangue, mentre da un punto di vista grammaticale il verbo occorre tanto in forma intransitiva pronominale quanto transitiva e intransitiva.
La prima attestazione di coagulare in italiano antico è all’interno del volgarizzamento d’area pisana dei Trattati morali di Albertano da Brescia (TLIO), risalente circa al 1287-88 (si veda l’esempio [1], in cui occorre nella forma intransitiva e il cui significato è figurato). Più celebre è però l’uso (stavolta transitivo, cfr. LEI) che ne fa Dante (si rimanda alla voce coagulare del Vocabolario Dantesco firmata da Barbara Fanini) per descrivere, riprendendo la semantica della tradizione scritturale, il processo di formazione dell’embrione [2]. Si riferisce, infine, anche al sangue l’occorrenza nel passo di Andreini, del sec. XIV (il verbo è qui intransitivo pronominale [3]):
[1] L’amore in modo di cristallo nasce et coagolasi, prendesi, et congielasi, et in amistà si co[n]verte (Trattati di Albertano da Brescia volgarizzati, L. II, cap. 1, 284.5, cfr. Faleri 2009)
[2] E, giunto lui, comincia ad operare / coagulando prima, e poi avviva / ciò che per sua matera fe’ constare (Purg., XXV, vv. 50-53)
[3] Poni sopra il fuoco… giesso, bolio, sangue umano; mescolando sempre, sicché non si coaguli né rappigli (Libro di varie cose che si disse Zibaldone dell’Andreini, 122, dal GDLI)
La situazione risulta sostanzialmente immutata lungo l’intera storia dell’italiano, in cui coagulare (transitivo o intransitivo) e coagularsi (intransitivo pronominale) mantengono pressappoco gli stessi significati e lo stesso dominio d’uso. Lo conferma la lessicografia: il GDLI (e non dissimile è il comportamento del GRADIT, dello Zingarelli 2023 e del Devoto-Oli online [consultato il 27 febbraio 2023]) riporta s.v. coagulare (v. tr.) l’accezione primaria di “far passare una soluzione colloidale dallo stato liquido allo stato solido o gelatinoso; rendere denso (un umore animale o vegetale e in particolare il sangue e il latte)” e s.v. coagulare (v. intr.) e coagularsi (intr. pron.), in unica voce, “rapprendersi, raggrumarsi, rappigliarsi (per lo più riferito al sangue e al latte, e anche a umori, succhi, linfe)”.
L’unica differenza che possiamo notare oggi è una frequenza maggiore del verbo in ambito medico, in cui quasi sempre ha per soggetto (e meno frequentemente per oggetto) sangue (nel caso del latte, infatti, si usa soprattutto cagliare, derivato dalla stessa base latina, ma per via popolare). Per rispondere, dunque, alla domanda dei lettori, abbiamo verificato quale fosse la forma più utilizzata proprio all’interno di testi di medicina o di ambito scientifico. La situazione in Google libri dimostra una perfetta alternanza tra coagulare e coagularsi per ogni periodo storico considerato (dal XIX al XXI secolo). Riportiamo due esempi ciascuno (uno per coagulare in forma intransitiva assoluta, uno per coagularsi intransitivo pronominale) per ogni secolo:
[7a] Il contatto dell’aria è la causa della coagulazione; ma il sangue coagula anche se raccolto nel vuoto barometrico, ed anche nei vasi, privi di aria (Raffaele Renzone, Manuale di fisiologia umana per i medici pratici e per gli studenti di medicina, Napoli, Jovene, 1879, p. 194, nota 1)
[7b] La fibrina nel sangue circolante vi si distrugge man mano che vi si fa: fuori dei vasi il sangue si coagula, perché cessa di venirne distrutta la fibrina (Filippo Lussana, Fisiologia umana applica alla medicina, II. Sanguificazione, Padova, Sacchetto, 1879 p. 95)
[8a] Si pongono quindi i tubi in un sostegno verticale e si attende il momento in cui il sangue coagula in ciascuno di essi (Publio Ciuffini, Di un metodo per lo studio della coagulazione del sangue nei vari stati morbosi, «Il Policlinico», XV, 1908, pp. 17-31: p. 27)
[8b] Sopra una piccola fiamma Bunsen si chiude prima l’estremità diritta, indi, dopo alcuni minuti, quella curva del tubetto; il sangue si coagula ed il siero se ne separa senz’altro (Alberto Ascoli, Elementi di sierologia, Bologna-Trieste, Cappelli, 1920, p. 80)
[9a] La coagulazione del sangue o emòstasi. È il processo che blocca la perdita di sangue in caso di lesione di un vaso sanguigno. Il sangue coagula quando il fibrinogeno, una proteina di elevato peso molecolare presente nel plasma, viene trasformato in fibrina (Arsenio Fraile Ovejero, Francesco D’Aquino, Caterina Rizzoli, Fisiologia umana, Firenze - Milano, Giunti, 2002, p. 12)
[9b] Alcuni problemi importanti rimanevano ancora irrisolti. Il primo era legato al fatto che si ignorava in questi anni l’esistenza di sostanze in grado di bloccare la coagulazione del sangue. La conseguenza è che il sangue si coagula all’interno dei complessi strumenti usati per la trasfusione, rendendo impossibile il proseguimento del processo (Massimiliano Zonza, Breve storia delle pratiche trasfusionali e della donazione di sangue, in Gianluca Castelnuovo, Riccardo Menici, Marcello Fedi (a cura di), La donazione in Italia. Situazione e prospettive della donazione di sangue, organi, tessuti, cellule e midollo osseo, Milano, Springer, 2011, pp. 3-22: p. 18)
Dimostrato il fatto che entrambe le forme sono attestate, e dunque possibili, possiamo verificare se vi sia una differenza in termini di frequenza. Sulle pagine in italiano di Google (ricerca del 27/2/2023) si trovano 5.140 risultati per “il sangue si coagula” e 2.050 per “il sangue coagula”. Tale dato è confermato anche da Ngram Viewer, strumento di Google per verificare la frequenza d’uso delle parole nel corso del tempo in un corpus di testi selezionati dal motore di ricerca stesso, in cui si mostra come la predominanza di una forma sull’altra si sia alternata dall’Ottocento in poi fino ad arrivare a una sostanziale parità nella seconda metà del Novecento.
In italiano, del resto, non è raro imbattersi in casi analoghi di forme verbali sovrapponibili, per es. ammuffire e ammuffirsi (il formaggio ammuffisce e il formaggio si ammuffisce) o ghiacciare e ghiacciarsi (il fiume ghiaccia e il fiume si ghiaccia). In alcuni casi le forme intransitive assolute sono più usate di quelle pronominali (il muro ammuffisce si direbbe più frequente rispetto a il muro si ammuffisce), in altri (forse più numerosi) avviene il contrario e la presenza del pronome serve a precisare che il verbo è usato intransitivamente. De Santis (2021, p.120) scrive infatti che: “Alcuni verbi intransitivi possono essere usati con o senza -si: annerire/annerirsi, imbiancare/imbiancarsi, arricchire/arricchirsi, impoverire/impoverirsi”. Si tratta di un uso diverso da quello definito pronominale intensivo, ossia usato per fini affettivi, come per es. mangiarsi un gelato (cfr. la risposta di Bellina su questo).
Veniamo ora alla seconda domanda: si può dire coagulare le forze? La prima attestazione che siamo riusciti a reperire risale al 1938 sul “Corriere della Sera”:
Ma è indubbio che, con efficacia di gran lunga maggiore di ogni altra, fu l’azione di Benito Mussolini a coagulare le forze sane del Paese (Aldo Valori, Storia del ’19 di Farinacci, “Corriere della Sera”, 23/2/1938, p. 3)
Le attestazioni continuano anche nella seconda metà del Novecento, come mostrano gli esempi tratti da Google libri:
La sua candidatura – una candidatura “naturale” come si esprimeva Le Monde in quei giorni – fu perciò, come vedremo, proposta al fine di coagulare le forze interne D.C. che non erano schierate per Fanfani (Nino Valentino, La battaglia per il Quirinale, Milano, Rizzoli, 1965, p. 33)
L’impresa di Fiume, che doveva coagulare le forze di destra più turbolente, fu contemporaneamente un successo per questo gruppo, che vi vedeva affermate le proprie aspirazioni, ed un insuccesso […]. (Giorgio Rochat, L’esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini (1919-1925), Bari, Laterza, 1967, p. 54)
Oggi l’espressione mantiene una sia pur modesta diffusione: per es. sulla “Repubblica” si hanno 24 risultati, sul “Corriere della Sera” 26 (dati al 27/1/2023), tra cui i due seguenti:
Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano, nel febbraio scorso ha fondato Campo progressista con l’obiettivo di coagulare le forze alla sinistra del Pd (Maria Teresa Meli, Il timore di venire «incastrato. Il Pd: se non c’è, loro più deboli, “Corriere della Sera”, 14/7/2017, p. 9)
Il nostro primo ministro Mario Draghi sta cercando di coagulare le forze politiche italiane utilizzando anche i mesi che ancora determinano il potere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. (Eugenio Scalfari, Gli spaesati nella politica del nulla, repubblica.it, 6/6/2021)
Sebbene l’espressione non sia forse delle più felici, l’uso non è così raro (su Google si hanno circa 2.230 risultati sulle pagine in italiano, a cui possiamo aggiungere altri circa 300 risultati complessivi grazie alle forme “le forze si coagulano” e “si coagulano le forze”). Inoltre, coagulare in senso figurato è ampiamente attestato. Se ne hanno esempi già a fine Ottocento:
Se invece lo stock è grande, o se riesce di coagulare le varie amministrazioni autonome in una sola, sia che si formi una sola società immobiliare, sia che si formi un sindacato che ne dia gli istessi effetti, cangiano completamente le probabilità di riuscita». (Maffeo Pantaleoni, La caduta della Società generale di Credito Mobiliare italiano, “Giornale degli economisti”, XI, 1895, pp. 29-503, p. 475)
E in ambito letterario (con significato leggermente diverso) nella prima metà del Novecento (GDLI):
Pareva che si fosse assunta l’incarico di coagulare con parole gelide ogni di lui effervescenza di letizia (Alfredo Panzini, Sei romanzi fra due secoli, Milano, Mondadori, 1954, p. 447)
L’apporto più significativo è dato proprio dai giornalisti, che se ne servono come metafora in ambito storico-politico (le forze che vengono coagulate sono quasi sempre quelle politiche o sociali). Il significato, figurato, di coagulare è quindi quello di raccogliere, concentrare, o ancor meglio coalizzare, verbo quest’ultimo simile anche dal punto di vista del significante e che potrebbe dunque aver favorito l’uso di coagulare in tal senso. I verbi appena elencati hanno il vantaggio di costruire in modo più “naturale” e chiaro il senso dell’espressione in questione senza dover ricorrere a un predicato ormai quasi esclusivo dell’uso scientifico, il cui significato è inoltre diverso (va precisato, però, che spesso la terminologia specialistica fuoriesce dall’ambito originario, generando usi traslati che entrano, grazie al prestigio di queste lingue settoriali, anche in altri ambiti d’uso). Tuttavia, se proprio si volesse ricorrere a quest’uso, sarebbe allora preferibile adottare la costruzione causativa far coagulare le forze (peraltro anch’essa variamente attestata) cosicché le forze siano soggetto di coagulare, analogamente a quanto succede in il sangue coagula, e non più complemento oggetto (ma l’uso transitivo, come abbiamo visto, è documentato già in italiano antico).
Note bibliografica:
Kevin De Vecchis
9 agosto 2023
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