Con che cosa abbiamo che fare? O a che fare?

A. V. da Roma, M. G. F. da Bari, M. I. dalla provincia di Messina, F. D. da quella di Padova e V. D'A. da Avellino pongono la stessa domanda: "si dice avere che fare o avere a che fare?"

Risposta

Con che cosa abbiamo che fare? O a che fare?

 

Le espressioni avere che fare e avere a che fare (usate soprattutto in frasi di segno negativo: Non avere niente che / a che fare con qualcuno o con qualcosa)  sono entrambe corrette: la prima ha dalla sua la forza della storia e della tradizione, la seconda ha dalla sua la forza dell’uso. Daremo conto di storia e tradizione facendo costante riferimento a un saggio del 1985 di Ornella Castellani Pollidori istruttivamente intitolato A proposito di un’di troppo («avere a che fare»). L’italiano del Trecento (quello, per intenderci, in cui Dante scrisse la Divina Commedia e Boccaccio il Decameron) rendeva il modulo che ci interessa in tre modi diversi: avere a fare con, che era il più ricorrente, seguito, nell’ordine, da avere che fare con e da avere da fare con. In seguito i tipi avere che fare e avere da fare divennero progressivamente più frequenti, fino a produrre, nel Cinquecento, la loro sostanziale intercambiabilità con avere a fare. Fra Sei e Settecento la formula avere che fare con sorpassò, nell’uso italiano scritto, la formula avere a fare con, e consolidò questo primato nell’Ottocento. In alcuni testi risalenti alla prima metà di questo secolo, però, fece la sua comparsa un nuovo modulo, certamente dovuto all’interferenza del milanese e di altri dialetti settentrionali, che si presentava (e tuttora si presenta) come una specie di sintesi degli altri due: il tipo avere a che fare con. Fino alla metà del Novecento questa forma non fu accolta da chi voleva esprimersi in un italiano sorvegliato: i vocabolari o non la riportavano affatto o, se la riportavano, la segnalavano come scorretta. Nella seconda metà del secolo, però, il tipo “con un’a di troppo” dilagò nell’italiano dell’uso comune, fino a soppiantare quasi completamente il tipo senza a. I lessicografi ne presero giustamente atto. Esemplare, in proposito, il caso del celebre vocabolario Zingarelli: mentre nelle prime nove edizioni, scaglionate fra il 1922 e il 1965, questo repertorio registrava solo i moduli avere che fare e avere a fare, a partire dalla decima del 1970 riportò anche il modulo con l’a di troppo, messo salomonicamente tra parentesi: avere (a) che fare.  Oggi il tipo avere a che fare è talmente diffuso (provino, i lettori a digitare le due sequenze in rete, confrontando il numero di occorrenze di “avere a che fare” con quelle di “avere che fare”) che considerarlo sbagliato significherebbe andare contro la storia della nostra lingua, che dapprima ha privilegiato avere a fare, poi gli ha preferito avere che fare e oggi ha largamente sostituito l’uno e l’altro con avere a che fare. Gli scienziati delle parole hanno preso atto del cambiamento: dei quattro più importanti vocabolari in un solo volume che descrivono l’italiano contemporaneo, il GARZANTI 2011 e lo ZINGARELLI 2016 inventariano entrambe le sequenze, inserendo fra avere e che la a tra parentesi [avere (a) che fare]; il  Devoto-Oli 2014 e il Sabatini-Coletti 2008, invece,  registrano soltanto il tipo  avere a che fare, mostrando di considerare quell’a non più di troppo, ma indispensabile.

 

Per approfondimenti:

 

  • O. Castellani Pollidori, A proposito di un’a di troppo («avere a che fare»), in In riva al fiume della lingua: studi di linguistica e filologia, 1961-2002, Roma, Salerno ed., 2004, pp. 425-450.

 

  • GARZANTI 2011 Garzanti Italiano 2.0, Direzione scientifica di Giuseppe Patota, Milano, Garzanti Linguistica, 2011.

 

Giuseppe Patota

16 novembre 2015


Agenda eventi

  Evento di Crusca

  Collaborazione di Crusca

  Evento esterno


Avvisi

Non ci sono avvisi da mostrare.

Vai alla sezione

Notizie dall'Accademia

Scomparso il filologo Federico Sanguineti

28 mar 2025

I vincitori e le vincitrici dei David di Donatello “Rivelazioni italiane” in visita all'Accademia della Crusca

27 mar 2025

Il CNR-OVI pubblica online la prima banca dati digitale interrogabile di commenti antichi alla "Commedia"

24 mar 2025

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontra l'Accademia della Crusca al Quirinale

19 mar 2025

Inaugurazione della mostra dedicata a Maria Luisa Altieri Biagi Un’accademica alla sua scrivania

05 mar 2025

Paolo D'Achille nominato Ufficiale dell'Ordine delle Arti e delle Lettere della Repubblica francese

27 feb 2025

Le settimane estive della Crusca. Corso per docenti di italiano all’estero

26 feb 2025

Il Consiglio dell'Accademia interviene sul tema della grammatica a scuola

17 feb 2025

Vai alla sezione