In molti ci chiedono chiarimenti riguardo alle lettere non appartenenti all'alfabeto italiano che ormai però compaiono con molta frequenza nelle diverse scritture pubbliche, private, più o meno formali.
Denominazione e genere delle lettere straniere
(J, K, W, X, Y)
È opportuno premettere che nella maggior parte delle grammatiche recenti alla descrizione del nostro alfabeto che comprende 21 lettere, viene aggiunta una breve trattazione relativa alle 5 lettere non comprese nel repertorio dell'italiano, ma che possono trovarsi in scritture del passato o, con maggiore frequenza, in parole straniere, in numerose sigle, recentemente anche nelle targhe (KR è la targa di Crotone, dal greco Kroton) e nelle scritture tachigrafiche giovanili (messaggi di posta elettronica, sms, chat, ecc.). Naturalmente bisogna distinguere il livello grafico da quello fonetico notando che questi 5 grafemi (J, K, W, X, Y) in alcuni casi trovano un corrispondente nell'inventario fonologico dell'italiano (K, ad esempio corrisponde al suono dell'occlusiva velare sorda, rappresentato dalle lettere dell'alfabeto italiano c, ch, qu; W, se lo consideriamo secondo la pronuncia del tedesco, corrisponde al suono rappresentato dalla nostra v) in altri invece rimandano a suoni realizzati in italiano solo nella composizione di due fonemi (X ad esempio, il cui suono corrisponde a quello di fucsia).
Per quel che riguarda il nome con cui si designano tali lettere, anche questo è in realtà stabilito non solo all'interno delle grammatiche, ma possiamo avere ulteriori conferme dal Dizionario di Ortografia e Pronuncia (curato da Migliorini, Tagliavini e Fiorelli, ERI studio, 1969). Per la lettera V che, non esistendo come segno distinto da U nel latino ha autonomia più recente, fatto che ha prodotto maggiori incertezze e oscillazioni nella dizione, troviamo la pronuncia "vu", che corrisponde alla dizione coincidente con l'uso toscano, mentre la pronuncia "vi" è caratteristica del meridione e del settentrione.
Sulla denominazione di queste lettere W si dirà "doppio/a vu", Y "ipsilon o i greco/a": le oscillazioni quindi esistono, sono contemplate negli strumenti normativi a nostra disposizione per cui non ci resta che prenderne atto e scegliere quale forma usare. Dagli esempi appena proposti risulta evidente anche un'altra oscillazione, quella che riguarda il genere: le singole lettere saranno considerate al femminile se appunto si sottintende la parola "lettera", maschili se il termine sottinteso è "segno" o "suono" (su questo si può vedere la risposta sul genere delle lettere e dei numeri Sul genere delle lettere dell'alfabeto e dei numeri).
Il fatto poi che nell'uso corrente si dica "vu vu vu" per WWW o "vu vu effe" per WWF, corrisponde al modo di pronunciare tutte le sigle entrate nell'italiano e che contengono W: da WC, a BMW, TWA, WTO per citare le più diffuse. Volendo azzardare una spiegazione a questo fenomeno, si può considerare il fatto che la lettera italiana più vicina alla W è appunto la V e, visto che le sigle non sono sempre di origine anglofona, ma possono ad esempio corrispondere a parole tedesche (come BMW in cui la W sta per Werke) dove la W si pronuncia come la nostra V, si è semplificata e unificata la pronuncia al fonema appartenente all'italiano. Questo tipo di operazione può produrre alcune ambiguità nei casi in cui si citi una sigla sconosciuta al nostro interlocutore per cui sarà necessario specificare se quella "vu" corrisponda nella grafia a W o effettivamente a V.
Per approfondimenti:
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
30 settembre 2002
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