Derivati dei nomi dei mesi

Vista la frequenza con cui giungono al servizio di Consulenza linguistica quesiti riguardanti i derivati dei nomi dei mesi, la Redazione ha deciso di proporre ogni ultima domenica del mese una rubrica con la trattazione, il più possibile completa, dei derivati del nome del mese che si sta concludendo.

Risposta

In questa rubrica, che avrà una cadenza mensile, illustreremo i principali derivati dei nomi dei mesi, presentandone una trattazione, approfondita per quanto si può, ordinata alfabeticamente.
Per ciascuna voce, riporteremo la definizione, le eventuali varianti, la presenza nei vari dizionari (se non è indicato nulla, significa che il termine è attestato in tutti i principali dizionari), l’eventuale presenza nei detti proverbiali; forniremo anche degli esempi d’uso, cercando di evidenziare le attestazioni letterarie o nella stampa quotidiana.

Le varianti formali sono raccolte sotto la stessa voce. In alcuni casi, si è scelto di abbinare anche altri vocaboli: ad esempio, abbiamo riunito alcune voci sinonimiche (settembreccia, settembresca, settembria) o formato un gruppo con forme sinonimiche e termini derivati dalle voci trattate (settembriano, settembrista, settembrizzamento, settembrizzare, settembrizzatore).

Ne risulta un gruppo di ben 122 derivati (142 se si contano anche le varianti). Di questi, abbiamo scelto di includere nella trattazione, oltre ai termini registrati dai vari tipi di dizionari (sincronici, storici, etimologici), anche quelli non censiti ma che risultano largamente diffusi in rete o comunque particolarmente interessanti da un punto di vista linguistico o semantico. Abbiamo inoltre considerato alcune voci che presentano sporadiche attestazioni in rete ma che sono tuttavia presenti nei testi a stampa o nei quotidiani.

Sono invece escluse dalla trattazione quelle forme (non registrate dai dizionari) che presentano un alto numero di occorrenze in rete ma per le quali c’è molto rumore, ad esempio le voci che coincidono con toponimi (spesso si tratta di nomi di comuni, come Marzano, Maggiano, Giugnano, ecc.) o con cognomi (Maggiale). In rete sono attestati anche diversi prefissati (sia nella grafia univerbata sia con il trattino), specialmente in ambito economico o burocratico: ad esempio, sono usati i suffissi ante-, anti-, extra- (quasi esclusivamente in ambito pubblicitario), mega-, post-, pre-, stra-, ecc. Purtroppo la quantità di rumore legato a tali vocaboli è molto alta (soprattutto per il fatto che gli attuali motori di ricerca non distinguono con precisione le forme con o senza il trattino), per cui si è preferito escluderli dalla trattazione.

Le forme dialettali sono presenti soltanto quando accolte anche dai dizionari.

I mesi più produttivi sono maggio, con ben 19 derivati, e marzo, che ne ha 15. Seguono luglio, con 12 derivati, agosto, giugno e settembre con 11 derivati ciascuno. I mesi meno “prolifici” sono quelli più freddi (gennaio, febbraio, novembre e dicembre), in cui non a caso vi sono pochissime coltivazioni o raccolti.

Metodo e strumenti

Il metodo usato per la raccolta dei vocaboli ha previsto, come primo passo, una ricerca dei derivati nei dizionari sincronici, storici ed etimologici. In particolare, per quanto riguarda i dizionari sincronici, abbiamo consultato in varie edizioni (compresi i supplementi) il Devoto-Oli, il Garzanti (nelle versioni cartacea e online), il GRADIT, il dizionario Hoepli, il Sabatini-Coletti (online), il Vocabolario Treccani (nelle versioni cartacea e online) e lo Zingarelli. Per i dizionari storici, abbiamo fatto riferimento alle cinque edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca, al Tommaseo-Bellini, al Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (TLIO) e al Grande Dizionario della Lingua Italiana (GDLI) di Salvatore Battaglia. Infine, abbiamo consultato il Dizionario etimologico della lingua italiana (DELI), il Dizionario etimologico italiano (DEI), l’Etimologico di Alberto Nocentini e il Lessico etimologico italiano (LEI) per la parte pubblicata.

Una volta terminata questa prima indagine, abbiamo raggruppato i derivati in base al loro suffisso ed effettuato una ricerca a tappeto in rete per ciascuno dei suffissi, in aggiunta ai vari nomi dei mesi: per esempio, abbiamo preso il suffisso -ata di maggiolata, settembrata, ecc. e provato ad aggiungerlo ai diversi mesi, riuscendo a rintracciare altre forme, come aprilata, giugnata, giugnolata, lugliata, novembrata, dicembrata. La ricerca è stata poi estesa ai suffissi più produttivi per l’italiano benché non presenti nella raccolta iniziale. Abbiamo verificato la presenza dei derivati anche nei testi di Google libri e negli archivi storici della “Repubblica”, della “Stampa” e del “Corriere della sera”. Per la trattazione dei suffissi si è fatto principalmente riferimento a Grossmann-Rainer 2004 e Rohlfs 1969.

Abbiamo infine condotto una ricerca sulle attestazioni dei derivati in ambito paremiologico.

Notazioni generali

Mentre in italiano i mesi sono indicati con nomi, in latino si usavano aggettivi che affiancavano il sostantivo mensis, ad esempio februarius mensis ‘mese della purificazione’; molti di quegli aggettivi sono alla base dei nostri nomi dei mesi.

Nel calendario romano la successione dei mesi iniziava dall’attuale marzo e terminava con febbraio; fatta eccezione per quest’ultimo e per aprile, la cui etimologia è incerta, i nomi dei mesi da gennaio a giugno erano dedicati a divinità (Ianus e Ianuarius in onore di Giano, Martius di Marte, Maius di Maia, Iunius di Giunone), quelli da luglio a dicembre erano invece legati a un numerale, che indicava rispettivamente dal quinto al decimo mese dell’anno romano (Quintilis, Sextilis, September, October, November, December).

Il calendario romano restò in vigore fino al 46 a C., quando venne adottato il calendario giuliano. Il mese Quintilis fu modificato nel 44 a. C. in Iulius, in onore di Giulio Cesare, nato il 12 di tale mese, e Sextilis divenne Augustus nell’8 a. C., in onore di Ottaviano Augusto che in quel mese aveva ottenuto il primo consolato.

Il calendario gregoriano, introdotto nel 1582 da papa Gregorio XIII, fissò l’inizio dell’anno al 1° gennaio: gli ultimi due mesi dell’anno romano (gennaio e febbraio) divennero così i primi dell’anno civile. L’adozione di tale calendario, che non fu immediata e non venne accolta subito da molti paesi, consentì di correggere la sfasatura di circa 10 giorni che si era prodotta in quello giuliano tra l’anno solare e l’anno civile. Gregorio XIII ordinò che si cancellassero questi giorni in eccesso, passando da giovedì 4 ottobre a venerdì 15 ottobre 1582.

Nel tempo, i nomi dei mesi (che non indichiamo perché a tutti ben noti) hanno generato moltissimi derivati, in particolar modo aggettivi. Questa proliferazione di vocaboli non deve certo stupire: si tratta di termini che descrivono e ricordano i mesi per le loro principali caratteristiche, soprattutto in riferimento al mondo agricolo. Ciascun mese, e dunque ciascun derivato, può infatti essere legato a particolari condizioni meteorologiche (abbiamo così neve marzolina, calura agostana, sole settembrino, pioggia novembrina, freddo dicembrino, ecc.), a determinati periodi di semina o di raccolta del grano e delle colture (grano marzatico o marzuolo, che si semina i primavera; fieno maggengo o maggese, che matura e si raccoglie a maggio; pere giugnole, uva lugliatica o luglienga, ecc.), all’arrivo o al passaggio di alcune specie di uccelli (la marzaiola, l’agostinella, ecc.).

Molti di questi derivati fanno inoltre parte della tradizione proverbiale, che ha certamente contribuito alla conservazione e alla vitalità di tali vocaboli: la neve marzaiola, dura quanto la suocera e la nuora; la neve marzolina dura dalla sera alla mattina; uva lugliolina non arriva mai in cantina; aria settembrina, fresco la sera e fresco la mattina; neve decembrina per tre mesi ci rovina, ecc. Altre forme si sono invece perse nell’uso corrente o non sono mai uscite dai confini delle sentenze proverbiali, come la voce aprilante, proprio della formula (e varianti) quarto (o terzo) aprilante, quaranta dì durante, o i verbi gennareggiare/gennaieggiare e febbreggiare/febbraieggiare ‘fare il tempo tipico della stagione’, cioè fare freddo, e marzeggiare ‘essere incostante e variabile con pioggia e sole che si alternano’.

Bibliografia

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  • Giuseppe Giusti, Raccolta di proverbi toscani nuovamente ampliata da quella di Giuseppe Giusti e pubblicata da Gino Capponi, Firenze, Le Monnier, 1871.
  • Paola Guazzotti, Maria Federica Oddera, Il Grande dizionario dei proverbi italiani, Bologna, Zanichelli, 2006.
  • Carlo Lapucci, Dizionario dei proverbi italiani, Firenze, Le Monnier, 2006.
  • Carlo Mastrelli, Lugliembre e ottembre, in “Lingua nostra”, 10, 1949, p. 16-17.
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  • Policarpo Petrocchi, Nòvo Dizionàrio universale della lingua italiana, Fratelli Frères, 1887-91.
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  • Riccardo Schwamenthal, Michele L. Straniero, Dizionario dei proverbi italiani, Milano, Rizzoli, 1991.
  • Francesco Semi, I giorni e le opere di Venezia, Treviso, Edizioni della Galleria, 1985.
  • Carlo Tagliavini, I nomi dei mesi, in Carlo Tagliavini, Storia di parole pagane e cristiane attraverso i tempi, Brescia, Morcelliana, 1963, pp. 115-176.

Lucia Francalanci

30 gennaio 2021


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