Disconoscere, misconoscere, sconoscere

Ci sono arrivate varie richieste sul preciso significato del verbo disconoscere: significa solo ‘non voler riconoscere’ o può anche voler dire semplicemente ‘non conoscere’? E anche misconoscere può avere questo valore, o significa soltanto ‘non riconoscere adeguatamente’? Ed è possibile usare il derivato misconoscenza, che è assente da molti dizionari, nel senso di ‘mancata conoscenza’?

Risposta

Claudio Iacobini nel suo ampio capitolo sulla prefissazione, all’interno del fondamentale volume La formazione delle parole in italiano, a cura di Maria Grossmann e Franz Rainer, Tübingen, Niemeyer, 2004, pp. 97-163, inserisce sia dis- sia mis- (il primo derivato dal latino dis-, in secondo mutuato dall’antico francese mes-) tra i prefissi che indicano “contrarietà”, insieme ad a-, s-, in-. La prefissazione con dis- è ancora produttiva, anche se non è possibile con tutti i verbi, ma solo con i cosiddetti “telici non perfettivi”, quelli cioè che indicano azioni in vista di un fine, di una meta, ma non concluse (sono così possibili disattendere, disimpararedisfare ma non, per es., *disparlare, *discamminare). Invece, secondo Iacobini, mis- “esprime valore contrario con connotazione peggiorativa in un ristretto numero di formazioni per lo più di origine francese, le più diffuse delle quali sono misconoscere, miscredente, misfatto, misleale. Le rare neoformazioni sono dovute all’influsso dei termini analogamente prefissati in lingue straniere moderne (miscalcolare, misinterpretare)” (p. 144).

Ciò premesso, venendo ai due prefissati sui quali vertono i quesiti che ci sono pervenuti, possiamo dire che nell’ultima edizione dello Zingarelli (Zingarelli 2019) disconoscere è registrato solo col significato di ‘rifiutarsi di conoscere’ oppure di ‘non mostrarsi grato di qualcosa’ e misconoscere unicamente con quello di ‘non considerare o apprezzare qualcuno o qualcosa per quello che è o vale realmente’; troviamo registrato anche sconoscere, etichettato come “raro”, con il medesimo significato di disconoscere. Le stesse indicazioni sono fornite dal GRADIT (la cui ultima edizione è del 2007), che però per sconoscere dà anche il significato di ‘ignorare, non sapere’, etichettato come “sicil[iano]”.

Se prendiamo il Vocabolario degli Accademici della Crusca, in cui i nostri due verbi sono registrati a partire dalla terza edizione (1691), troviamo che a misconoscere viene dato il significato di “Disprezzare”, ripetuto identico nelle due edizioni successive e sostanzialmente coincidente con le definizioni dai dizionari contemporanei sopra indicati (si può aggiungere che il Tommaseo-Bellini registra misconoscere con la croce che ne segnala l’uscita dall’uso e gli assegna il significato di “Disconoscere, Contradire, Negare” e quello di “Vilipendere”). Invece la definizione di disconoscere nella terza Crusca, ripetuta identica nella quarta, è “Sconoscere, non conoscere. Lat. ignorare, nescire”; ed è alquanto diversa da quelle dello Zingarelli 2019 e del GRADIT (e peraltro sembra non collimare del tutto con quella che lo stesso Vocabolario dà di sconoscere, verbo registrato fin dalla prima edizione, sempre con la definizione di “Essere sconoscente, ingrato. Lat. ingratum esse”). Nella quinta edizione della Crusca, in cui sconoscere non figura (visto che, come è noto, il lemmario si interrompe alla voce ozono), disconoscere è così definito: “Non conoscere, o Mal conoscere, ed altresì Non voler conoscere o riconoscere”. Anche nel Tommaseo-Bellini di disconoscere si dice: “Più che Non conoscere. Non voler conoscere o riconoscere, Fingere di non conoscere, Negare conosciuto o conoscibile quello che si conosce in parte almeno”; analogamente, s.v. sconoscere nel Tommaseo-Bellini si legge: “Non tanto il non conoscere per mera ignoranza o difetto di mente, quanto il non voler conoscere il pregio dell’oggetto; non lo voler coll’animo riconoscere”.

Dunque, l’attuale uso di disconoscere nel senso di ‘non conoscere’ segnalato dai nostri lettori sembra trovare appiglio nella definizione della terza e quarta Crusca, prima che il verbo acquistasse il significato più specifico indicato nella quinta Crusca, nel Tommaseo-Bellini e nei dizionari di oggi (significato che è ancora più evidente nel derivato disconoscimento: nel diritto si parla di disconoscimento di paternità nel senso di  ‘rifiuto da parte del marito, per motivi previsti dalla legge, di riconoscersi padre di un figlio della propria  moglie’).

Anche l’esistenza di sconoscere nel senso di ‘ignorare’ nel siciliano segnalata nel GRADIT sembrerebbe un relitto di un significato esteso del verbo, di cui il Tommaseo-Bellini reca traccia. Quanto a misconoscere, che certo ha recuperato vitalità nel corso dell’Ottocento nel senso registrato da Crusca, Zingarelli e GRADIT, il significato, se non di ‘non conoscere’, almeno di ‘non riconoscere’ sembra presente in questo passo dello Zibaldone leopardiano:

Ho detto che i fanciulli non ancora avvezzi ad attendere e ricordarsi, facilmente misconoscono e confondono le persone che non hanno viste da qualche tempo ec. Similmente una notabile mutazione di vestito ec. impedisce loro di riconoscere una persona già nota, e ritarda anche la conoscenza delle notissime e familiari. Tutti cotali effetti accadono pure negli animali, meno abituati dell’uomo all’attenzione, e quindi alla ricordanza. (19. Ott. 1821.)

Ma nel caso di misconoscere c’è un ulteriore elemento da considerare, che riguarda il derivato misconoscenza, sulla cui legittimità ci chiede indicazioni un lettore. Nello Zingarelli 2019 non troviamo lemmatizzato il vocabolo misconoscenza, bensì misconoscimento, etichettato come “raro”, nel senso di ‘mancato riconoscimento delle qualità di qualcuno o di qualcosa’. Ma il GRADIT registra misconoscenza (con l’etichetta BU, cioè “di basso uso”), e non solo come sinonimo di misconoscimento, ma anche nel senso di ‘ignoranza, anche intenzionale’, senso documentato nel romanzo di Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo (che per il GRADIT costituisce la prima attestazione della voce, datata av. 1957, anno di morte dello scrittore). Ecco il passo:

la Sicilia, però, in parte per la tradizionale sua impermeabilità al nuovo, in parte per la diffusa misconoscenza di qualsiasi lingua, in parte anche, bisogna dirlo, per la vessatoria censura borbonica che agiva per mezzo delle dogane, ignorava l’esistenza di Dickens, di George Eliot, della Sand e di Flaubert; financo quella di Dumas (Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli, 1959, p. 154).

È possibile (e direi probabile) che l’uso di questa parola nello scrittore siciliano si colleghi al significato di sconoscere come ‘ignorare’ assegnato nel GRADIT alla varietà siciliana di italiano, estesosi per analogia a misconoscere.

Va detto tuttavia che una rapida ricerca di misconoscenza in Google Libri documenta che la voce ha numerose attestazioni, e non solo nell’italiano di oggi, ma anche in testi ottocenteschi, con il significato prevalente di ‘mancata conoscenza’ (si parla per es. della misconoscenza di sé). Ma nel primo esempio finora reperito, che si riporta qui sotto, il senso è certamente quello di ‘ingratitudine’, ‘mancato riconoscimento di un beneficio ricevuto’:

E chi meno n’è meritevole dell’Ingrato fra tutti gl’iniqui il più iniquo, essendo la misconoscenza madre d’ogni Vizio, come la gratitudine madre di tutte le virtù fu giustamente chiamata da Cicerone? (Pietro Canneti, La perfezione del benefizio nella giustizia del benefattore e nella gratitudine del beneficato, Perugia, Costantini, 1696, p. XVII).

Non si può non rilevare come questo significato riporti a quello di ‘non mostrarsi grato di qualcosa’ che lo Zingarelli 2019 e il GRADIT attribuiscono non a disconoscere, ma a misconoscere. Evidentemente le sovrapposizioni tra questi due verbi, sconoscere e non conoscere è di vecchia data, tanto che tracciare un confine rigido tra i diversi significati è possibile nella lessicografia, ma non nell’uso comune. Insomma, è certamente più corretto usare nello scritto disconoscere e misconoscere solo nei significati indicati nel GRADIT e nello Zingarelli 2019, ma si può certamente spiegare (e giustificare), nel parlato o in contesti informali, il loro uso nel senso più generico di ‘non conoscere’”, anche se di certo non è possibile per tutti i significati del verbo.

 

Paolo D’Achille

 

2 ottobre 2018


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