Sono giunte molte domande sulla correttezza e ammissibilità di efficientamento (‘miglioramento, potenziamento di una funzione, di un servizio, di un congegno, di un’azienda ecc.’) e della sua ipotetica base efficientare (‘rendere più efficiente’), di non piccola fortuna da qualche anno a questa parte.
I Neologismi Treccani online registrano efficientamento ed efficientare già nel 2014; lo Zingarelli 2020 li riporta con data, rispettivamente, 1990 e 2000. Lo aveva già fatto anche il Supplemento 2009 al GDLI (con data appena diversa per il verbo: 2002), mentre il GRADIT li include nel suo primo supplemento, con le date 1999 e 2001. Google libri consente di retrodatare al 1980 il sostantivo (S. Verones, B. Zanon, a cura di, Energia e pianificazione urbanistica. Verso un’integrazione delle politiche urbane, Milano 1980). In rete i due circolano ormai in gran numero: oltre 1 milione e mezzo di occorrenze il sostantivo, la metà (pur sempre tantissimo) il verbo (dati al 5/2/2020).
Dal punto di vista formale e semantico, il sostantivo non presenta problemi: posto un efficientare se ne può ben ricavare l’astratto in -mento, con una procedura comunissima in italiano (dal verbo si potrebbe trarre anche efficientazione, segnalato da qualche lettore e documentato anch’esso in rete, anche se molto di rado, mentre da efficientamento si è formato, con il prefisso ri- ‘di nuovo’, riefficientamento, segnalato da un altro lettore; in rete si trovano anche le grafie efficentamento ed efficentare, con eliminazione della i, che effettivamente non si pronuncia, ma è motivata etimologicamente).
Il problema è allora efficientare, che, oltretutto, come ricorda il recentissimo RIF è attestato solo dopo il suo ipotetico derivato. Premesso che non attestato non significa necessariamente inesistente, la prevalenza per numero di presenze di queste parole nei linguaggi tecnici e burocratici potrebbe spiegare la precedenza non solo quantitativa dell’astratto. A rigore, inoltre, non è impossibile supporre una retroformazione del verbo dal sostantivo. Inoltre, non mancano, specie nei linguaggi specialistici, astratti in -mento (ma anche in -zione) di cui non risulta la base verbale della quale esprimono l’atto e che quindi si suppongono (ma spesso per carenze di ricerca) prodotti dal sostantivo concreto di base col suffisso -mento: vedi agostamento (calco francese, però) in botanica, banchinamento nel linguaggio dell’edilizia, azzonamento in quello dell’urbanistica, accezionamento in lessicografia ecc. Ma credo che si possa affermare che chiunque abbia coniato a un certo punto efficientamento dovesse avere in mente un magari solo virtuale efficientare, perché, come dicono alcuni dizionari, un astratto in -mento (o anche in -zione) nomina l’atto espresso dal verbo da cui deriva. Resta allora da spiegare l’assunzione di questo significato da una base, efficiente, che significa ‘che è ben funzionante’ e non ‘che è stato reso (più o meglio) funzionante’. In effetti, efficientare e, ovviamente, anche efficientamento sono discendenti (poco importa chi dei due per primo) di efficiente, aggettivo italiano che deriva dal participio presente del verbo latino efficere, senza erede diretto nella nostra lingua (è accaduto anche agli altri verbi formati da prefisso + facio, come perficere o praeficere o deficere e diversamente dai composti, come assuefacere e satisfacere, forse perché i primi sono stati foneticamente modificati da facio in ficio). Ora, efficere aveva in latino il valore causativo di ‘fare, preparare, portare a termine qualcosa’. Insomma, indicava un’azione tesa a un obiettivo. L’aggettivo efficiente, derivato dal participio del verbo latino, ha avuto a lungo sostanzialmente questo significato nel linguaggio filosofico, in cui, invero, lo conserva: la causa efficiente è quella che fa, permette qualcosa. In seguito, secondo GRADIT solo dal 1920, il significato di efficiente si è spostato verso il risultato dell’atto espresso dal latino efficere ‘portare a compimento’, e ha assunto il valore di ‘ben fatto e quindi ben funzionante’, perdendo o relegando in usi specialistici il tratto causativo originario. Efficientamento ed efficientare, col loro senso di ‘atto che rende qualcosa più efficiente’ e di ‘rendere qualcosa più efficiente’, sono eredi dell’antico aggettivo efficiente, con un significato vicino (ancora più vicino di quello che ha il suo impiego in filosofia) a quello dell’etimo latino, il participio presente di efficere, la cui netta valenza causativa hanno così reintrodotto nell’italiano contemporaneo. Anche se parranno “brutti”, burocratici, pesanti, i nostri due termini hanno dunque buone ragioni per essere ammessi, non ultima quella di dire in una parola sola quello che si direbbe almeno in due: efficientare = rendere (più) efficiente.
Vittorio Coletti
12 maggio 2020
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