Elisione e troncamento nell'italiano contemporaneo

Rispondiamo ai numerosi quesiti giunti alla nostra redazione, pubblicando questa risposta di Raffaella Setti sulla possibile alternanza di forme elise accanto alle corrispondenti forme intere, apparsa su La Crusca per voi (n° 35, ottobre 2007, p. 10). Riportiamo anche le richieste specifiche per le quali la risposta è stata formulata:

Risposta

Elisione e troncamento
nell'italiano contemporaneo

 

"Valerio Borgianelli chiede se siano preferibili le forme elise m'incuriosisce e d'iconografia rispetto alle corrispondenti forme intere mi incuriosisce e di iconografia; Mara Agnitelli, sempre a proposito di elisione, chiede se sia più corretto scrivere l'aspettiamo o la aspettiamo. Stefano Deponti desidera sapere se sia più opportuno scrive ventuno anni, ventun anni o ventun'anni.

 

Le tre richieste, benché si riferiscano a forme diverse, sono riconducibili allo stesso fenomeno, già da tempo riscontrato nell'italiano contemporaneo: la tendenza al regresso delle forme tronche ed elise rispetto alle forme piene delle parole. Uno dei primi accenni al fenomeno si deve a Bruno Migliorini che già nel 1963 nel suo L'italiano contemporaneo notava il "lieve declino" dei troncamenti; l'argomento è stato ripreso da Nicoletta Maraschio nel 1982 a proposito del confronto tra le due versioni del doppiaggio del film Furia; Francesco Sabatini nel 1985 ha inserito fra i tratti fonologici caratteristici dell'italiano dell'uso medio "la tendenza - soprattutto nella lingua scritta - al rispetto dell'autonomia e integrità delle parole". Più recentemente, anche sulle pagine di questa stessa rivista (n° 15, ottobre 1997) Giovanni Nencioni esprimeva l'impressione che si stesse affermando "un nuovo orientamento" che portava a trascurare gli effetti cacofonici prodotti dalla mancata elisione e a preservare l'integrità della parola in un settore di ampia discrezionalità e di usi regionali differenziati.

 

In effetti, gli studi recenti sul parlato (parlato spontaneo, ma anche parlato trasmesso, cinematografico e radiofonico) confermano questa tendenza alla salvaguardia dell'interezza della parola anche nel fluire della catena parlata, dove naturalmente si verificano con maggior frequenza accorciamenti e sovrapposizioni.

Le prime due richieste riguardano l'applicazione dell'elisione nel caso in cui un monosillabo (nei casi specifici mi, di, e lo) preceda una parola iniziante per vocale. Siamo nell'ambito del possibile, non c'è nessun obbligo di elidere, ma è opportuno valutare caso per caso. Se infatti con di l'elisione continua a essere applicata spesso e ci sono casi in cui è ritenuta obbligatoria (ad esempio Valeria Della Valle e Giuseppe Patota nel loro Salvaitaliano indicano le forme d'accordo, d'oro, d'argento, d'epoca), con mi, come con gli altri monosillabi ti, la, vi, si, l'apostrofo è del tutto facoltativo e la sua introduzione sarà soggetta al ritmo e all'evidenza che lo scrivente intende attribuire alle singole parole del suo testo, siano anche monosillabi e apparentemente poco rilevanti: diversa infatti risulta l'intensità, ad esempio, delle due frasi "mi annoio a morte" e "la pioggia m'annoia". La scelta di elidere il monosillabo lo richiede riflessioni un po' più sottili perché, in alcuni casi, l'eliminazione della vocale potrebbe generare ambiguità. In particolare sarà opportuno evitare la possibile sovrapposizione tra verbo e sostantivo nei casi del tipo "lo uso" e "l'uso" e non trascurare la distinzione di genere dove risulti determinante per la comprensione del testo: un enunciato come "l'aspettiamo", proposto dalla nostra lettrice, è praticabile solo dove sia deducibile dal contesto se quel l' stia per lo o per la, altrimenti l'elisione va evitata. Il monosillabo lo, questa volta invariabile, può svolgere anche altre funzioni all'interno del testo: può essere ripresa pronominale frasale in contesti del tipo "non sappiamo con certezza se verrete, ma ce l'aspettiamo" e in questo caso può elidere (oltre a combinarsi con altri clitici); può inoltre costituire l'elemento pronominale di un complemento predicativo come in "quella ragazza sembra distratta, ma non lo è" e, in questo caso invece deve mantenere sempre la sua forma integra e non può essere soggetto a elisione.

Con la terza richiesta siamo invece nell'ambito del troncamento (o apocope), quel fenomeno per cui alcune parole subiscono la caduta di un elemento fonico (vocale, consonante o sillaba) in fine di parola. Anche l'apocope rientra in un quadro di ampia discrezionalità: salvo alcuni casi obbligatori (qual, buon, bel, un, San), molti sono i contesti in cui risulta facoltativa e condizionata dagli usi regionali (ad esempio è più rara nel Mezzogiorno rispetto alla Toscana e all'Italia settentrionale). Rientra in questi casi facoltativi anche il numerale ventuno (come tutti i numerali composti con uno) che, seguito da un sostantivo, conserva la possibilità di alternarsi con la forma apocopata ventun in tutti i casi in cui è prevista l'apocope per l'articolo indeterminativo (prima di vocale, ma anche prima di consonante, con esclusione di s implicata, z e alcuni nessi consonantici), ovviamente senza l'introduzione dell'apostrofo. Le opzioni possibili sono quindi ventuno anni o ventun anni anche se la forma apocopata è decisamente prevalente prima di vocale e più rara in moduli ricorrenti del tipo ventun giorni, ventun settimane. Trattandosi di un caso facoltativo di apocope vocalica possiamo notare, ricollegandoci a quanto detto all'inizio, che la tendenza è comunque verso il mantenimento della forma intera, spesso preferita anche per non incorrere nel dubbio grafico dell'introduzione o meno dell'apostrofo."

14 marzo 2008


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