Alcuni lettori chiedono se l’espressione a tra poco, che sentono usare spesso nei programmi televisivi prima di un’interruzione pubblicitaria, sia corretta grammaticalmente, in considerazione del fatto che essa presenta una sequenza costituita da due preposizioni consecutive (a + tra).
“A tra poco, professore!”. “A fra pochissimo!”, risponde lo storico Alessandro Barbero, rilanciando il saluto di breve congedo che gli ha appena rivolto Davide Savelli, collaboratore del fortunato programma In viaggio con Barbero, in onda su LA7. La puntata è quella del 13 gennaio 2025. Dopo la presentazione, il programma sarebbe ripreso al termine di uno stacco pubblicitario che la formula a tra poco annunciava come di breve durata. Anzi brevissima, stando alle parole del Professore. Lo stesso Barbero, come si vede, aveva riformulato il saluto di Savelli adottando, oltre al superlativo, la variante fra, che come sappiamo è da considerare equivalente a tra per significato e funzioni (cfr. Serianni 1989, VIII § 125): tra le due forme, la scelta dell’una o dell’altra può essere soggetta in certi casi, come rileva Marcello Aprile (Dalle parole ai dizionari, 3a ed., Bologna, il Mulino, 2015, p. 32) a valutazioni di ordine eufonico, che consiglierebbero di preferire, di volta in volta, tra oppure fra per evitare sequenze ravvicinate di tra oppure di fra (tra tre e quattro; fra fratelli) che all’orecchio di molti “suonano male”.
Le due battute mettono in scena, con le piccole varianti appena ricordate una locuzione (a tra / fra poco) che l’italiano di radio e tv propone diffusamente quando – com’è ormai prassi frequente – il programma prevede una breve interruzione per consentire il passaggio della pubblicità. Ma la locuzione ricorre spesso anche per annunciare l’imminente inizio del programma come tale: il destino tipico dei telegiornali, per esempio, è ormai quello di vedere anticipati sommariamente gli argomenti di cui si occuperanno per essere poi, subito dopo, messi in provvisorio stand-by dall’incombente striscia pubblicitaria o dalla parte conclusiva del programma precedente.
La presenza e la diffusione dell’espressione a tra / fra poco nell’italiano televisivo è verificabile grazie alla disponibilità della banca dati LIT Lessico dell’italiano televisivo progettata dall’Accademia della Crusca e realizzata in varie fasi a partire dal 2006, oggi disponibile sul portale italianotelevisivo.org. Il LIT raccoglie, organizza e rende interrogabili i dati di interesse lessicale contenuti in circa 200 ore di trasmissioni andate in onda sulle reti RAI e Mediaset nel corso del 2006. Al corpus LIT si è successivamente aggiunto DIA-LIT, una banca dati, tuttora in via di popolamento, che è stata predisposta da un consorzio di atenei italiani (Catania, Genova, Milano e Tuscia) e che si propone, adottando criteri e accorgimenti analoghi a quelli del LIT 2006, di allargare in diacronia lo spettro delle testimonianze, a partire dal 1954, data di avvio delle trasmissioni televisive italiane.
Complessivamente, le banche dati LIT e DIA-LIT segnalano una maggior diffusione della locuzione con tra, che ricorre in 47 casi (42 dei quali provenienti dalla banca dati LIT, che rende conto di registrazioni effettuate nel corso del 2006). Ad oggi, la testimonianza meno recente di a tra poco nell’italiano televisivo è documentata in un annuncio della giornalista-conduttrice Cristina Parodi; quella più recente appare in una battuta del principe dei divulgatori televisivi, l’autorevole Piero Angela (si riportano le trascrizioni secondo il progetto LIT, che prevede la barra obliqua, semplice o doppia, a indicare la diversa durata delle pause):
e poi parleremo anche di musica / a tra poco // (TG5, 3 aprile 1992)
bene allora a tra poco per la seconda parte di Studio Aperto (TG2, 14 gennaio 2013)
La modalità con il superlativo (a tra pochissimo) è documentata 5 volte, con testimonianze tutte del LIT (dunque del 2006).
A fra poco ricorre invece in 6 annunci televisivi; uno di questi è contenuto nel DIA-LIT e costituisce l’attestazione meno recente della locuzione:
a fra poco per la “Macchina del tempo”. (Alessandro Cecchi Paone, Rete4, 18 marzo 1997)
A fra pochissimo non è registrato né in LIT 2006 né in DIA-LIT.
La diffusione sensibilmente più marcata della locuzione con tra è coerente con la maggior fortuna – al netto delle eventuali scelte eufoniche ricordate prima – di tra rispetto a fra, già segnalata a suo tempo dal sensibilissimo Vocabolario della lingua italiana (Torino, Paravia, 1965) di Bruno Migliorini:
Tra, essendo il solo ad essere usato in diverse parlate e il più com. in altre, è in genere più popol. di Fra.
La maggiore occorrenza di a tra poco riflette a sua volta il dislivello d’uso che, all’interno dell’italiano televisivo sondato da LIT e DIA-LIT, caratterizza l’alternanza tra poco / fra poco, con la prima documentata complessivamente 182 volte (la meno recente in una battuta di Mike Bongiorno nel quiz Campanile sera del 1961: “vi presenteremo tra poco due brevi scenette / dureranno circa un minuto e mezzo”), a fronte delle 43 occorrenze di fra poco (la meno recente in una battuta di Silvio Noto, che nel 1957 conduceva il gioco a premi Telematch: “di fronte a sé ha il caimano dell’alto Po / che vi presenterò fra poco”.
Quanto al superlativo, tra pochissimo è presente in 21 testimonianze. Riportiamo quella della conduttrice Antonella Clerici nel Treno dei desideri, interessante perché presenta la locuzione come un avverbio a sé stante (equivalente in pratica a ‘prestissimo’), passibile in quanto tale di gestione come modalità esclamativa:
tra pochissimo! Poi vediamo il diario di bordo! Tra pochissimo! (RAI Uno, 13 ottobre 2006)
Fra pochissimo non è invece attestato in DIA-LIT, e ricorre 4 volte nel LIT 2006. Riportiamo a mo’ d’esempio la testimonianza della ex presidente dalla Camera dei Deputati Irene Pivetti, all’epoca conduttrice, sull’emittente Italia Uno, del programma Liberi tutti:
guardi / h / ce lo dica fra pochissimo / perché ora dobbiamo proprio interromperci (21 aprile 2006)
Quanto a poco / pochissimo, nelle locuzioni in questione si mostra nella la sua veste di quantificatore “assoluto”, che è così presentata nella Grande Grammatica di Consultazione a cura di Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti:
pochi, così come molti, numerosi e i cardinali, può essere usato non per denotare un sottoinsieme proprio della totalità [ndr: come succede per es. in pochi ragazzi ballano (i.e. tra quelli presenti)], ma per valutare in base a criteri esterni la cardinalità della totalità stessa; ciò è chiaro quando è usato aggettivalmente preceduto da un determinante definito [ndr: come succede per es. in il poco tempo a disposizione]. (Giuseppe Longobardi, I quantificatori, in Renzi-Salvi-Cardinaletti, vol. I, pp. 645-696: p. 659)
È a partire da questo connotato di quantificatore “assoluto” che poco, come ciascuno di noi sa bene, funziona da pronome indefinito con il valore di ‘poco tempo’.
Nelle locuzioni temporali, ritroviamo questo valore di poco in da poco ‘da poco tempo’, o in di qui a poco, che è equivalente a tra / fra poco. La differenza è di ordine stilistico, visto che, rispetto a di qui a poco, tra poco e fra poco esibiscono un registro meno sostenuto. A prima vista l’equivalenza sul piano semantico rimanda al valore di tra / fra come rilevatori del periodo di tempo che intercorre tra due riferimenti più o meno puntualmente definiti: rispetto a di qui a poco, nel caso di tra / fra poco non è però esplicitato il riferimento temporale di partenza.
Evidentemente, il valore delle locuzioni introdotte da tra / fra non è tanto quello di individuare il lasso di tempo che intercorre tra (o fra) due estremi temporali, ma di segnalare – in modo più o meno puntuale – il secondo dei due: quello, cioè proiettato nel futuro. Nell’uso comune “l’aereo dovrebbe atterrare tra / fra un’ora” non significa infatti che l’atterraggio del velivolo è previsto nell’intervallo di tempo collocato “da qui a un’ora”, ma che l’atterraggio è previsto dopo che sarà trascorsa un’ora a partire da quando lo diciamo.
Non a caso il Grande Dizionario del Battaglia (GDLI) riserva un paragrafo della presentazione di tra per documentarne la capacità di “indicare una data o un’ora con approssimazione”: a questo proposito la testimonianza di Pietro Bembo che viene riportata è chiarissima: “Gli ho detto che sarà qui tra otto giorni” (P. Bembo, Lettere, Venezia, Alberti, vol. II, 1587, p. 13).
Del resto, arriverà fra tre giorni è l’esempio previsto dal citato Vocabolario di Migliorini per documentare il fatto che l’uso di fra, rispetto a di qui a, consente di omettere il primo dei due estremi temporali (“Di due estremi, talvolta uno è taciuto”), favorendo a suo modo quella focalizzazione sul secondo che si conferma come l’obiettivo reale della costruzione che utilizza tra / fra.
In questi casi la nozione di base di ‘posizione intermedia’ che tra e fra devono in ultima analisi al loro etimo (rispettivamente ĭntra e ĭnfra) conosce una sorta di ridefinizione, visto che le due preposizioni vengono adottate con l’obiettivo di concentrare l’attenzione sul limite ultimo di un certo intervallo temporale:
In un secondo tipo di costrutto uno dei due punti di riferimento è costituito per così dire dalla posizione (nello spazio o nel tempo) di chi parla, e rimane implicito; una frase come “tra due anni dovrei laurearmi” andrà dunque interpretata come: ‘in un intervallo di tempo compreso tra ora e due anni’ (Serianni 1989, VIII § 124).
A sostegno di una lettura di questi di usi di tra e fra “per indicare il tempo entro cui un evento si verificherà”, viene portato da Serianni (1989, VIII, § 128) un passo degli Indifferenti di Alberto Moravia che così recita:
Il biglietto era breve: ‘ti aspetto tra un’ora, con la macchina, al cancello del giardino’. (A. Moravia, Gli indifferenti, Milano, Alpes, 1929, p. 177)
Gli usi televisivi da cui siamo partiti sembrano confermare la particolare specificazione del valore della sequenza tra / fra + quantificatore come modalità adottata per indicare un (più o meno) puntuale limite temporale. Nelle testimonianze messe a disposizione delle banche dati che abbiamo ricordato, infatti, il riferimento temporale introdotto da tra / fra indica proprio il momento effettivo in cui si ritiene che qualcosa succederà. E così il conduttore Fabio Fazio si congeda momentaneamente dai telespettatori dando appuntamento a “fra due minuti esatti”, espressione che dà un puntuale riferimento temporale al momentaneo congedo annunciato dal saluto a tra poco formulato subito dopo. Da parte sua, questa testimonianza sembra confermare a tra poco come formula standard della locuzione, anche quando, com’è il caso di Fazio, al di fuori dalla locuzione in oggetto, ci si orienta su fra:
noi / ci vediamo fra / due minuti esatti // con Samuele Bersani / e poi Teo Teocoli // a tra poco // (Fabio Fazio, Che tempo che fa, RAI 3, marzo 2006)
Potremmo allora dire che, negli usi contemporanei documentati dalla televisione, la locuzione tra / fra poco, così come tra / fra non molto, sembra avere il compito di indicare la quantità di tempo che sarà trascorso (poco, non molto, un’ora, una settimana, ecc.) dal momento in cui facciamo quella data affermazione:
fra pochissimo… fra pochi minuti. (Marianna Aprile, In onda, LA7, gennaio 2025)
Questa specificazione a proposito del valore di tra / fra sembra recepita dal Sabatini-Coletti e dal Vocabolario Treccani (si cita dalle rispettive versioni online):
la prep. può inoltre indicare il punto terminale del tratto considerato: p.e. ci vedremo tra due mesi (il punto di riferimento iniziale è dato dalla posizione del parlante e resta sottinteso).
per indicare il tempo che deve ancora trascorrere perché qualcosa avvenga: se tutto va bene la faccenda si risolverà t. due mesi.
Del resto, anche quando tra e fra rimandano a uno spazio fisico, ci accorgiamo che quello che conta non è tanto l’idea dell’intervallo compreso tra due estremi, ma la “quantità di spazio” che separa da un certo luogo: affermare che “tra due chilometri c’è un’area di servizio” non significa dunque che l’area di servizio è collocata in un intervallo di spazio compreso tra qui e due chilometri, ma che la troveremo dopo aver percorso quella determinata distanza.
Potendo contare sulla capacità di rendere protagonista della comunicazione il secondo dei due estremi, le locuzioni temporali introdotte da tra e fra + quantificatore tendono dunque ad assumere, in quanto tali, uno specifico valore avverbiale: nel nostro caso tra / fra poco (o tra / fra non molto) valgono infatti, in ultima analisi, ‘quando sarà trascorso poco tempo’, cioè, detto in lingua corrente, ‘presto’ (o ‘prestissimo’, nel caso dell’appuntamento a tra pochissimo! assicurato dalla Clerici nella testimonianza commentata all’inizio). Proprio presto, d’altronde, è il significato di tra poco proposto dal GRADIT, che prevede per l’espressione la marca d’uso “voce comune”.
Il valore di tra / fra poco come modalità avverbiale di significato autonomo è documentato a suo modo da un’interessante lessicalizzazione presente nel GDLI, che (s.v. tra, § 5) registra, sebbene come in disuso, trappoco, la cui forma univerbata sfrutta evidentemente la disponibilità di tra (e fra) a indurre un raddoppiamento fonosintattico che rende particolarmente apprezzabile la coesione fra la preposizione e il quantificatore:
Trappòco, avv., Disus. Entro un breve spazio di tempo; presto, sollecitamente.
[…]
[Alberto] Moravia, Boh, Milano, Bompiani, 1976, p. 259: Non voglio dirvi dove abito, vedrete trappoco perché.
Anche a fra, del resto, capita non di rado di fissarsi a quantificatori o a sostantivi producendo – ancora una volta, con il sostegno esibito del raddoppiamento fonosintattico – forme univerbate che funzionano da modalità avverbiali temporali: pensiamo a frattanto ‘in quel mentre’, o a frattempo. Proprio il caso di frattempo, che come sappiamo può presentarsi solo a patto di essere introdotto da preposizione articolata o da un costrutto analogo (nel frattempo; in quel frattempo), mostra da parte sua anche l’insussistenza delle riserve che si potrebbero avere circa l’accettabilità di sequenze che, all’aspetto esteriore, presentano un “accumulo preposizionale” di ostica digeribilità (ripensiamo ai dubbi di correttezza sollevati dai nostri lettori a proposito di a tra poco).
In realtà, come si è visto, tra e fra mostrano una spiccata tendenza a saldarsi a indicatori temporali per formare entità di significato autonomo, che in quanto tali possono essere introdotte da preposizioni articolate producendo locuzioni avverbiali temporali: nel caso di frattempo, come si è ricordato, premettere la preposizione è addirittura obbligatorio.
E così, una volta che tra poco e fra poco hanno assunto la veste di entità avverbiali autonome – una veste che a suo modo trova terreno fertile nel raddoppiamento fonosintattico in genere previsto dalla loro pronuncia: trappoco / frappoco) – è abbastanza naturale che esse vengano introdotte dall’onnipresente a (pensiamo soltanto alla fortuna di a breve ‘prossimamente’) per formare locuzioni temporali incaricate di esprimere un saluto con cui ci si dà appuntamento a un momento futuro del quale si individuano, più o meno puntualmente, i connotati. In questo modo a tra / fra poco (a trappoco / a frappoco) funzionano allo stesso modo di a dopo, a presto, a domani, ecc. (che da parte loro sono tipicamente formulazioni ellittiche di a rivederci dopo, a rivederci domani, ecc.).
In conclusione, bisogna ammettere che la prassi – per molti assai disturbante – delle interruzioni pubblicitarie ha consentito in questo caso di portare alla luce esistenza, fortuna e connotati di un costrutto che sembra in grado di percorrere senza difficoltà tutti gli itinerari stilistici dell’italiano contemporaneo.
Neri Binazzi
2 luglio 2025
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