Alcune domande giunte alla redazione chiedono di specificare quale sia la preposizione retta dall’espressione avere il pallino, usata in senso figurato con valore di ‘avere la fissazione, la mania’, come sinonimo insomma di avere il chiodo fisso.
L’origine del modo di dire
Le domande ci danno innanzitutto l’occasione di precisare l’origine del modo di dire avere il pallino, che si diffonde nel Novecento insieme con giochi come il biliardo e le bocce (già conosciuti nell’Ottocento), in cui il pallino è la più piccola delle palle e funziona come bersaglio al quale ciascuno dei giocatori cerca di avvicinarsi il più possibile con la propria palla, calcolando abilmente le distanze, sistemando la propria posizione e aggiustando il tiro.
Nella sua Appendice al Dizionario moderno di Alfredo Panzini (Milano, Hoepli, 1950), Bruno Migliorini registra il significato figurato di pallino inteso come ‘mania, fissazione’. Avere il pallino in testa o per la testa vorrebbe dire puntare in modo ostinato a un certo obiettivo, come fanno i giocatori per vincere. Una conferma di questa origine ci viene dal ricorrere dell’espressione in romanzi novecenteschi compresi nel corpus PTLLIN (De Mauro 2007): nella raccolta di Piero Chiara, L’uovo al cianuro e altre storie (Milano, Mondadori, 1976), troviamo un racconto dedicato alla passione del biliardo, intitolato La bellezza del vivere, in cui di un personaggio che punta sempre al tiro perfetto si dice: “Fissazione costante del notaio Arca era il pallino, altrimenti detto casino.”
In altri romanzi e in contesti diversi da quello del biliardo, troviamo l’espressione “con il pallino per/di” con valore evidentemente figurato: in Inseparabili di Alessandro Piperno (Milano, Mondolibri, 2012) compare “un vecchio amico con il pallino per gli affari”; in La scuola cattolica di Edoardo Albinati (Milano, Mondolibri, 2016), compaiono “nonni col pallino dell’imprenditoria”. In questo stesso romanzo troviamo una interessante riflessione sull’espressione avere il pallino, messa a confronto con altre di significato analogo usata dal gruppo di giovani romani protagonisti:
Se uno era bravo in qualche materia si diceva che aveva un bernoccolo, che ne so, il bernoccolo della matematica; se aveva una passione, o una predilezione, quasi una fissazione, per una certa cosa, specie se futile, si diceva che ne aveva il pallino. Il pallino dei go-kart o delle piste per i modellini. (p.670)
Come si vede, in questo esempio l’espressione avere il pallino regge la preposizione di, ma non mancano esempi in cui la preposizione retta è per: in Una spirale di nebbia di Michele Prisco (Milano, Rizzoli, 1966), si legge “lei ha una specie di pallino per loro”.
La preposizione giusta
Veniamo dunque alla domanda posta da chi scrive: è più corretto “avere il pallino di” o “avere il pallino per”? Come abbiamo visto, entrambe le costruzioni risultano attestate e diffuse dalla seconda metà del Novecento. Nel dizionario dell’uso Il Nuovo De Mauro, il più attento nel registrare le locuzioni o modi di dire, alla voce pallino usata in senso figurato troviamo però esemplificata solo la costruzione in di: “ha il pallino della pulizia” (nel senso di ‘mania’), “ha il pallino della filatelia” (nel senso di ‘passione’), “ho il pallino della matematica” (nel senso di ‘inclinazione’).
Proviamo perciò a interrogare un corpus generale dell’italiano scritto contemporaneo per capire se la preposizione per sia effettivamente diffusa e se ci siano condizioni che portano a preferire questa o quella preposizione.
Nel CORIS/CODIS troviamo circa 70 esempi di avere/con il pallino di (es. “degli affari, del cinema, di scrivere, di fare il vino”) contro 5 esempi di con il pallino per (“la musica, lo sport, le auto, il jazz, i computer”). La reggenza in di, dunque, risulta senz’altro quella più comune e più flessibile, dal momento che la preposizione può essere seguita tanto da un nome o pronome, quanto da una frase. La reggenza in per, meno diffusa, sembra accentuare la sfumatura finale, dunque l’intenzionalità e la determinazione di agire del soggetto.
Troviamo inoltre una trentina di esempi in cui la costruzione appare rovesciata: la persona o la cosa oggetto di interesse è in posizione di soggetto e il nome pallino è in posizione di predicato nominale: “X è il pallino di Y” o “X è il mio/tuo/suo pallino”. In un paio di questi esempi il termine pallino è accompagnato dall’aggettivo vecchio anteposto: “è un mio vecchio pallino”. Notiamo inoltre che, in almeno 3 esempi all’interno dello stesso corpus, il termine è associato all’aggettivo fisso posposto (“con il pallino fisso”, forse per analogia con l’espressione di significato equivalente avere il chiodo fisso).
Possiamo concludere che le espressioni che includono il termine pallino usato in senso figurato presentano un basso grado di rigidità sintattica: sono possibili diverse costruzioni (con il verbo supporto avere o con la copula essere) e due reggenze preposizionali (avere il pallinodi/per); l’articolo determinativo può essere sostituto dall’indeterminativo, con eventuale inserimento di aggettivi (“è un mio vecchio pallino”, “è un mio pallino fisso”).
In aggiunta a quanto detto circa l’origine dell’espressione figurata, possiamo notare che nel corpus PTLLIN troviamo anche l’espressione avere il pallino in un’ala nel senso di ‘essere infatuato’: così scrive Beppe Fenoglio nel romanzo La malora (Torino, Einaudi, 1954):
Siccome per questa ragazza io avevo allora un pallino in un’ala, si potrebbe credere che ancora adesso io la faccia meglio di quel che fosse, eppure è la verità che era una ragazza piena di finezza, che sapeva fare. (p.96)
In questo caso il pallino non è quello del biliardo, evidentemente, ma quello del fucile da caccia.
Sembra rimandare al colpo di un fucile da schioppo anche il pallino che compare in questo esempio in romanesco, tratto da Una vita violenta (Milano, Garzanti, 1959) di Pier Paolo Pasolini (citiamo sempre dal corpus PTLLIN): “sti giorni a me m’ha attraversato sempre er pallino pe’ a testa de sistemamme”. La costruzione della frase, incentrata su un verbo di movimento, lascerebbe pensare a un’interpretazione simile anche in questo esempio di Eugenio Montale, citato nel GDLI (s.v. pallino): “di dove gli fosse entrato in testa il pallino dell’avanguardia nessuno potè mai comprendere” (Farfalla di Dinard, Milano, Mondadori, 1960, p. 78).
Dalla caccia al biliardo e alle bocce, da un hobby all’altro dunque, il pallino attraversa e colpisce il nostro immaginario, diventando sinonimo di ‘pensiero costante’, meglio se futile.
Cristiana De Santis
23 aprile 2025
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