Ci sono giunte diverse domande, da più parti d’Italia, su quale si debba considerare la forma corretta tra casareccio o casereccio.
L’aggettivo casereccio (formato da casa con il suffisso -ereccio) è attestato a partire da una novella del Sacchetti (dunque dalla fine del Trecento) e rientra in un ristretto gruppo di aggettivi denominali o deverbali, in maggior numero. Del primo tipo, oltre a casereccio, ricorderemo almeno boschereccio, mentre al secondo tipo appartengono, tra quelli oggi ancora in uso, godereccio, mangereccio e il giovanile scherzoso scopereccio. Particolare è il caso di peschereccio, all’origine aggettivo, ma oggi usato quasi esclusivamente come sostantivo.
Nella prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612) l’aggettivo casereccio è definito semplicemente con “Di casa”, ovvero come un aggettivo di relazione, dal significato affine a quello di casalingo; in quest’accezione il vocabolo è considerato un sinonimo ormai arcaico di casalingo dal Tommaseo-Bellini. In effetti, a ben vedere, nell’italiano contemporaneo casereccio ha sviluppato un significato diverso, pari a ‘fatto in casa’ e, quindi, ‘genuino’ (pane casereccio, cucina casereccia); per ulteriore propagginazione semantica si è poi arrivati a ‘rozzo’, o ancora ‘approssimativo’ (un discorso casereccio è, appunto, un discorso raffazzonato, non sufficientemente meditato).
I dizionari più antichi non considerano neppure la variante casareccio: mentre le prime quattro edizioni del Vocabolario della Crusca non presentano la variante a lemma, il lemma casareccio con rinvio a casereccio è stato inserito nella quinta edizione. Su tale modello, i vocabolari moderni operano il rinvio da casareccio a casereccio (così, ad esempio, il GDLI, il GRADIT, il Sabatini-Coletti).
Per rispondere, dunque, al quesito dei lettori che chiedono quale sia la forma corretta tra casereccio e casareccio, possiamo affermare che la prima, oltre ad avere una lunga tradizione, è quella etimologicamente corretta, mentre la seconda è minoritaria e usata soprattutto in unione con determinati sostantivi (in primis nella coppia pane casareccio) e fuor di Toscana (com’è noto, nelle parlate toscane e in particolare in fiorentino il nesso intertonico -ar- passa sempre a -er-). Tuttavia possiamo porci una domanda: come mai l’oscillazione -areccio/-ereccio, che troviamo per casareccio/casereccio non si presenta (o si presenta in quantità non rilevante) per gli altri vocaboli della serie? È probabile che nel nostro caso abbia influito la vocale finale della trasparentissima base nominale casa, che avrebbe finito per modificare la vocale iniziale del suffisso.
Per concludere, vediamo quali sono i risultati numerici che si possono ricavare dal motore di ricerca Google a proposito delle tre coppie indicate dai nostri lettori, ovvero quelle composte con pane, biscotti e cucina. Pane casereccio: circa 327.000 risultati; pane casareccio: circa 115.000 risultati. Biscotti caserecci: circa 54.200 risultati; biscotti casarecci: circa 64.500 risultati. Cucina casereccia: circa 308.000n risultati; cucina casareccia: circa 186.000 risultati.
Il responso della Rete (da considerare sempre con le dovute cautele) ci dice, dunque, che mentre con pane e cucina il suffisso -ereccio è largamente prevalente, anche se le forme con -areccio si difendono bene, con biscotti, sia pur di poco, sembra preferito -areccio. Questi numeri suggeriscono che, in fin dei conti, entrambe le soluzioni hanno pieno diritto di cittadinanza nell’italiano odierno.
Claudio Giovanardi
3 luglio 2018
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