Forassite, che scoperta!

C. de M. dalla provincia di Lecce ci scrive: "Sono un elettricista, e ho sempre chiamato il tubo tubo, sia esso rigido o flessibile (corrugato); ma nei vari gruppi su internet si legge il termine forassite. Da dove deriva?" N. G. da Firenze ci chiede: "La parola forassite, comunemente usata per definire un tubo corrugato è corretta?"

Risposta

 

Forassite, che scoperta!

 

Con una certa sorpresa, molti toscani hanno scoperto che un termine sentito da loro come italiano, anzi, appartenente a un lessico tecnico, è diffuso solo nella loro regione e quasi completamente sconosciuto altrove: si tratta di forassite (questa la versione più diffusa, ma ricorrono anche folassite, furassite e fulassite) per indicare i tubi di plastica corrugata, chiamati per brevità anche corrugati, in cui normalmente vengono fatti passare i fili, soprattutto elettrici, in genere prima di murarli. Per intenderci, questi:

Abitanti di altre regioni hanno proposto in alternativa i termini passacavi, mangiacavi, tubo portacavi, tubo protettivo, guaina, cavidotto e, un po’ imprecisamente, canalina.

L'unico dizionario che riporta la parola è Wikizionario, senza però alcuna indicazione etimologica:

 

in edilizia, tubo corrugato flessibile atto a contenere cavi di vario tipo per la posa sotto pavimento, in parete o a vista. Ne esistono di vari diametri, ma i più usati vanno da 16mm a 40mm (diametro esterno). Per le norme CEI, il diametro del cerchio circoscritto al fascio di cavi che si intendono passare nella forassite non può superare il 70% del diametro della forassite.

 

Nessun vocabolario ufficiale, né sincronico, né diacronico, ne reca traccia, nonostante le circa 5.000 occorrenze su Google che, però, rimandano quasi esclusivamente a contesti toscani (aziende locali del settore elettrotecnico, romanzi di autori della regione), perfino di ambito ufficiale: in una Relazione tecnica ed ambientale della Regione Toscana si legge: "I cavi, per loro protezione, verranno inseriti in adeguati tubi in forassiti di plastica di adeguate dimensioni ed interrati ad una profondità di circa 60 cm.". La corrispondenza forassite-tubo corrugato è però talmente stabile, nonostante la caratterizzazione diatopica, che cercando con Google il primo termine si viene rimandati a pagine che contengono la seconda parola.

In mancanza, quindi, dell’aiuto dei dizionari, occorre ingaggiare una vera e propria "caccia al tesoro" per cercare di capire da dove derivi questo strano termine e, in secondo luogo, perché sia oggidì diffuso solo in Toscana (e qui in maniera davvero capillare).

Per iniziare, è stata fatta un'ipotesi: che forassite potesse essere l'adattamento di una parola scritta con la x, come spesso succede in italiano (si pensi a taxi > tassì). Dopo qualche tentativo a vuoto si è isolato, in alcuni vecchi testi di elettrotecnica, il termine fulaxite, da cui le versioni oggi in circolazione sembrano appunto derivare.

La prima occorrenza rintracciata di fulaxite o, per l'esattezza, phulaxite, è in un volume dal titolo L'Électricité à l'Exposition de 1900, vol. 1, a cura di Édouard Hospitalier e Jules Armand Montpellier (Durod, 1902): "Phulaxite. — Isolant dérivé de l'ébonite, et d'une très grande souplesse, présenté par la maison Pirelli et C'e, de Milan" ossia 'isolante derivato dall'ebanite, e molto flessibile, presentato dall'azienda Pirelli & C. Di Milano'. L'Esposizione a cui si fa riferimento nel titolo è l'Esposizione Universale, oggi Expo, che nel 1900 si tenne proprio a Parigi. Dunque, già nella prima attestazione, il nome risulta legato a quello dell'azienda Pirelli, che presenta il materiale come materiale per la fabbricazione di una serie di loro prodotti.

Negli anni successivi si trovano varie occorrenze in manuali di elettrotecnica e tecnica, mentre più interessante è la citazione tratta dal Bollettino dell'Ispettorato dell'Industria e del Lavoro del 1915 (a cura dell'Ufficio del Lavoro), p. 58: "La fibra sottile si usa in strisce per fissare gli avvolgimenti nelle cave; quella grossa, come pure l'ebanite, galattite, ambroina, fulaxite, ecc., si adopera per basette portamorsetti. Si lavora con utensili comuni". Il volume 56 del Giornale del genio civile (1918, Istituto poligrafico dello stato), p. 284, parla ancora della fulaxite: "Isolanti a base di gomma elastica: ebanite, stabilite, galvanite, tubi di fulaxite ecc. si fabbricano assai bene in Italia; si possono comprendere in questa categoria i materiali stampati […]".

Davvero rilevante è un'attestazione del 1920, questa volta dalla Gazzetta Ufficiale del Regno D'Italia, in cui viene depositato il marchio Pirelli & C. e fornita la lista dei prodotti che tale marchio contraddistinguerà: tra questi, "conduttori elettrici e loro accessori, materiali isolanti ed accessori, tutti gli articoli formati in tutto o in parte di gomma elastica, amianto e loro derivati o composti quali: guttaperca, ebanite, fulaxite, galvanite, vulcanite, tessuti gommati […]".

                  

Negli anni seguenti, la registrazione viene evidentemente estesa anche ad altri paesi, tanto che si trovano occorrenze nella lista dei marchi registrati in commercio della Danimarca (1921) della forma phulaxit (anche in tedesco ricorre la stessa grafia), in francese (phulaxite), in un manuale multilingue azero (fulaksit e фулаксит), in contesti inglesi (fulaxite), in spagnolo (fulaxita, 1937).

Il nome, insomma, si riferiva, almeno dal 1900 e fino a un certo punto, a un tipo di gomma ottenuta dall'ebanite, prodotta, stando alle attestazioni, in Italia, e usata soprattutto per componentistica inerente all’elettronica; a quanto pare, Pirelli eccelleva nella produzione di questo tipo di prodotti.

                      

Nel 1940, a p. 124 del vol. 125 del The Electrical Journal (Benn Bros., una casa editrice inglese), la fulaxite viene citata accanto al Protoflex flexible tube, che pare fosse il nome del prodotto tedesco analogo a quello "known as Fulaxite in Italy" (‘conosciuto come Fulaxite in Italia’); tutti prodotti, scrive l’autore, che "have enjoyed great popularity over the past twenty-five years", ‘hanno goduto di grande popolarità negli ultimi venticinque anni’. Tra gli anni Venti e Quaranta sembra che il termine venisse quindi usato non solo per designare un materiale gommoso con caratteristiche di elasticità, ma anche un particolare prodotto fatto con tale materiale, precisamente dei tubi flessibili.

Negli anni Settanta, in vari volumi tecnici, troviamo ancora riferimenti alla fulaxite. Giuseppe Maggio, in Tecnologia meccanica razionale (Milano, Hoepli, 1970) la cita in un’elencazione (p. 412): "Fulaxite, di colore rosso o grigio nero, è una specie di ebanite. Si usa per fabbricare tubi isolanti per proteggere condutture interne per luci e simili"; pochi anni dopo, nel 1973, Silvio Bocchi in Tecnologie elettriche, macchine e disegno elettrotecnico (Bologna, Zanichelli) scrive a p. 40: "Con l'ebanite vecchia si costruiscono due prodotti chiamati fulaxite e stabilite, ma ora non sono più in uso". Dal 1970 in poi sembra quindi che il materiale cada in disuso, e infatti gli avvistamenti del termine si diradano.

Ovunque, ma non in Toscana.

L’aspetto più interessante della questione è proprio questo: non solo il termine è amplissimamente diffuso in questa regione, ma lo è al punto che più persone, nell’apprendere la tutto sommato scarsa estensione del bacino di impiego della parola, rimangono completamente e genuinamente sorprese, avendo pensato che fosse un termine panitaliano. Le attestazioni in contesti tecnici anche istituzionali, del resto, rafforzano l’idea che per un toscano forassite sia il termine più corretto e preciso per riferirsi ai tubi corrugati in cui passare i fili della luce. Questo ci lascia con una domanda: com’è possibile che la Toscana, apparentemente sola tra le regioni italiane, non solo abbia continuato a usare il termine fulaxite ma lo abbia anche "addomesticato", trasformandolo in forassite (generalmente usato al femminile, ma con qualche occorrenza maschile, soprattutto al plurale) e creandone addirittura un plurale (forassiti, corrente in frasi come "hai controllato dove passano le forassiti nel muro?" o "attento a non trapanare le forassiti")? Il passaggio da ful- a for- è spiegabile con semplicità: è stato probabilmente aiutato da una ricostruzione paretimologica popolare, dato che, in fondo, per sistemare le forassiti occorre praticare dei fori nel muro.

Sulla questione della sopravvivenza del termine solo in Toscana, invece, si possono formulare solo ipotesi. In particolare una: il distretto del Valdarno, a sud di Firenze, era (e in parte è) famoso come "distretto della gomma"; dal 1960 a Figline Valdarno si trova anche uno stabilimento della Pirelli. Considerata la comprovata correlazione tra l’azienda e il materiale, è possibile che in questa zona dell’Italia la tradizione di chiamare forassite un certo tipo di tubi prodotti localmente, che magari in passato erano proprio in fulaxite, abbia fatto sì che in Toscana si sia mantenuta questa parola ormai estinta altrove. Della grande vitalità del termine in Toscana è ulteriore testimonianza una vignetta disegnata da Joshua Damian Held, non a caso residente nella regione, che ironizza su un fraintendimento tutt’altro che strano, almeno a livello locale, nella striscia Big Electric Cat (a true story) (sul significato di forasacco, cfr. http://dizionari.repubblica.it/Italiano/F/forasacco.php).

                                

Questa risposta, dunque, rimane aperta: se qualcuno fosse in possesso di informazioni più precise sull'estensione d'uso del termine forassite in quasi tutta la Toscana è invitato a scrivere alla nostra redazione.

 

A cura di Vera Gheno
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

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26 maggio 2017


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