Qual è l'origine dell'espressione poco di buono? Quale articolo si deve usare quando viene riferita a una donna? Ne esiste il plurale?
Poco di buono
Alcuni lettori hanno chiesto chiarimenti sulla forma e l’origine della locuzione poco di buono, un lessema polirematico attestato almeno dal XVIII secolo, con la funzione di aggettivo e, più spesso, di sostantivo, nel significato di 'disonesto, mascalzone' e, se riferita a donna, anche 'di dubbia moralità', frutto del solito, vecchio sessismo della lingua.
In realtà, se a buono si dà il valore di bene, il nesso è assai più antico (è già nel Decameron), ma in questo significato il sintagma è meno o per nulla lessicalizzato. Poco si presenta nella funzione sostantivata dell’aggettivo, col valore neutro di 'piccola quantità', come in un po’. In questo significato poco è solo di forma maschile e singolare, come bello lo è in il bello della diretta, l’imprevedibilità della diretta, diverso da i belli della diretta, le persone belle in essa coinvolte. Poco è l’unico elemento in teoria variabile del composto (di buono è il complemento e non cambia), come lo scemo lo è in lo scemo del villaggio. Solo che scemo può essere modificato secondo numero e genere, mentre poco, nel significato che ha come testa del composto, no. Ciò nondimeno il composto è ambigenere (come si vede in GRADIT o in ZINGARELLI 2015) e può quindi essere riferito tanto a maschio quanto a femmina (già Goldoni, che è uno dei primi a usarlo, lo riferisce tanto a donna quanto a uomo), adottando l’articolo necessario: “lui è un poco di buono/il classico poco di buono”, “lei è una poco di buono/ la classica poco di buono”, tanto a uno o una quanto a molti o molte: “lui/lei è un/una poco di buono”, “loro sono dei/delle poco di buono”. Non è dunque corretto dire o scrivere “Maria è un poco di buono”; e forse è scorretto anche per Maria…
2 maggio 2017
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