Presi a letto

Negli ultimi anni è stata più volte segnalata l’espressione prendersi a letto. Per illustrarne il significato possiamo far riferimento alla segnalazione di C. R., insegnante di matematica e scienze in una scuola media della provincia di Vicenza, ma di origine siciliana, che pone così il quesito: «vi contatto in merito ad una disquisizione avvenuta in sede di consiglio di classe. Un alunno, alla domanda del ritardo d’entrata a scuola, ha risposto di “essersi preso a letto”. […] Tale espressione, anche, un po’ buffa a mio avviso, […] non credo sia un'espressione corretta in lingua italiana. Io insegno matematica e scienze, ma tendo sempre a correggere i ragazzi nelle forme di espressione non corrette […]». Più succinta, ma dello stesso tenore è la richiesta di Carla Z., di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza («La frase idiomatica “prendersi a letto” è un’espressione dialettale veneta?») e di P. P. di Molvena, località anch’essa in provincia di Vicenza, che a sua volta chiede informazioni sulla correttezza dell’espressione.

Risposta

Dalle segnalazioni si evince che la locuzione viene usata nel senso di ‘non svegliarsi in tempo’ (ma, allargando la ricerca, vale anche ‘poltrire a letto’). L’espressione ricorre raramente in fonti scritte tradizionali; le attestazioni che siamo riusciti a reperire sono poche e provengono dai social network e dai blog.  Marco G., vicentino, scrive un tweet il 9 aprile 2020 di questo tenore: “mi sono preso a letto […]”; richiesto di esprimersi in italiano, glossa il messaggio così: “sono in ritardo per andare in ufficio perchè sono rimasto a letto fino alle 8 […]”; su Facebook, Sara S. di Roana (in provincia di Vicenza), il 10 ottobre 2022, inserisce nella recensione di un agriturismo toscano questa notazione: “Non dormire la notte per paura di prendersi a letto…”. In rete troviamo ulteriori attestazioni. Nel blog di Giuliano G. (vicentino trapiantato in Trentino) leggiamo:

coi ritmi frenetici di oggi però non sembra certo quello di prendersi a letto il problema, semmai quello di non stazionarci troppo poco;

in un articolo del rapper vicentino Giovanni Zaccaria (noto con il nome d’arte Zeht Castle)

consegnare giornali è un lavoro duro, ci si sveglia molto prima dell’alba, e questa volta Abel non ce l’ha proprio fatta finendo col prendersi a letto.

La provenienza geografica di tutte queste attestazioni ci indirizza con precisione nell’individuazione dell’origine dell’espressione: si tratta di un’espressione dell’italiano regionale veneto; anzi, di un ambito ancora più circoscritto, quello dell’italiano regionale vicentino.

Il sospetto è quello dell’influsso dialettale; e infatti, consultando il Lessico Etimologico Italiano (LEI) di Max Pfister e Wolfgang Schweickardt, alla voce *KAPP (nel volume XI, colonna 348) troviamo delle attestazioni lessicografiche dialettali: innanzi tutto quella veneziana di Giuseppe Boerio (Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, Santini, 1829), il quale, tra le locuzioni del verbo chiàparse (ricordiamo che nella grafia tradizionale veneta il trigramma chi seguito da vocale indica l’affricata palatoalveolare sorda: quindi il lemma va letto ciaparse), elenca la nostra espressione, chiaparse in letto, così glossata: “Ritardare; Indugiare; Intertenersi”. Il Boerio era stato però preceduto dal Patriarchi (Gaspero Patriarchi, Vocabolario veneziano e padovano co' termini, e modi corrispondenti toscani, Padova, Conzatti, 1775), che aveva registrato chiaparse in leto con questa spiegazione: “Esser portato via dal sonno”. Nella seconda metà dell’Ottocento l’espressione è contenuta nel Dizionario vicentino-italiano e regole di grammatica ad uso delle scuole elementari di Vicenza di Giulio Nazari (Oderzo, Tip. Bianchi, 1876), nella forma ciaparse in leto “non levarsi in tempo, essere ancora a letto”, inserita anche nel dizionario veneziano dello stesso autore e dello stesso anno, e ripresa nel Dizionario delle voci del dialetto vicentino di Luigi Pajello (Vicenza, tip. Brunello e Pastorio, 1896). Sulla scorta del LEI possiamo ricordare anche l’attestazione nel Dizionario bellunese (1884) del già citato Nazari (ciaparse in let) e nel Vocabolario vernacolo-italiano pei distretti roveretano e trentino del professor Giambattista Azzolini (1777-1853), riedito, recuperando in forma integrale il manoscritto, dalla Provincia autonoma di Trento nel 1976, qui con una glossa più esaustiva di quelle già riportate: “esser portato via dal sonno; e intendasi lo stare lungamente a letto senza dormire, poltrire, dimenarsi in letto”.

Risulta chiaro, quindi, che prendersi a letto non è altro che un calco sulla corrispondente espressione dialettale, sporadicamente diffusa in diverse varietà venete. Il calco risulta essere ben radicato nell’italiano regionale vicentino. In quanto tale, è espressione che appartiene al diasistema italiano; la sua comprensione, però, è limitata, salvo errori, alla sola area vicentina o al massimo veneta. I parlanti, e soprattutto gli scriventi, vicentini che ne fanno uso (come ad esempio gli studenti citati dall’insegnante C. R.) devono essere coscienti che si tratta di un’espressione di diffusione molto circoscritta.


Michele A. Cortelazzo

17 marzo 2023


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