Scialla!

Molti utenti hanno interpellato la nostra redazione di Consulenza linguistica per avere qualche delucidazione sull’espressione scialla (anche nella grafia shalla) usata, perlopiù da parlanti giovani, con il significato di ‘stai tranquillo, calmati’, e segnalataci da alcuni come neologismo.

Risposta

Scialla!

Proprio sul primo punto, la novità della parola, dobbiamo precisare che non si tratta di una recente apparizione: sono infatti ormai diversi anni che circola e ha avuto almeno due grandi casse di risonanza mediatica negli ultimi cinque anni. La prima larga diffusione dell'espressione scialla la si deve a una concorrente, Martina Stavolo (originaria della provincia di Avellino), del programma televisivo Amici di Maria De Filippi (ottava edizione 2009) che l'ha introdotta nel parlato della trasmissione tanto che Scialla è diventato poi il titolo della compilation ufficiale che ha venduto duecentomila copie; la seconda occasione, forse ancora più incisiva per il suo rilancio, è stata l'uscita nel 2011 del film scritto e diretto da Francesco Bruni Scialla!(Staisereno), tratto dal libro omonimo di Giacomo Bendotti (Mondadori 2011), dove l'espressione è stata assunta a elemento portante della lingua del giovane protagonista romano (interpretato da Filippo Scicchitano) che la usa continuamente e con particolare insistenza negli scambi dialogici con il padre veneto (Fabrizio Bentivoglio), a sottolineare la distanza tra i due, una distanza che non si limita allo scarto generazionale, ma a una totale diversità nel modo di affrontare le difficoltà della vita. Un indizio ulteriore dell’ampia circolazione dell’espressione fino a fuori dei confini nazionali è la sua registrazione nelle due forme shalla e scialla in due schede (una del 2009 e una del 2013) dell’Urban Dictionary, un dizionario inglese compilato dagli utenti e quindi particolarmente sensibile alle innovazioni.

La voce ha già incuriosito e impegnato alcuni studiosi, in particolare sul versante dell’etimologia, e la troviamo quindi trattata qua e là, quasi sempre come elemento esclusivo del parlato. Già nel 1999 sui "Quaderni di semantica" (1, pp. 83-84) era apparsa una scheda curata da Maria Ferreri e Giuseppe Pittella sull'aggettivo sciallato ‘disteso, rilassato’, a riprova di una almeno parziale diffusione dell'accezione che ritroviamo ben definita anche nella forma scialla. Anche in questo caso i due studiosi facevano chiaro riferimento al parlato giovanile: “Non pochi giovani (di ogni regione italiana) commentano oggi è sciallato per far capire che un tale è sciolto, rilassato. È un tipo sciallato si dice di un amico, che non si affanna mai, che ha la capacità di prendersela comoda”. In queste poche righe sono già sintetizzati i principali interrogativi che i linguisti hanno cercato di risolvere su scialla e affini: che origine ha la parola? si è diffusa prima in un particolare dialetto o è tipica di una regione italiana? in che ambito circola (è un gergalismo, un giovanilismo?). Possiamo dire subito che non si hanno risposte univoche e definitive per nessuna di queste domande; possiamo però provare a fare una sintesi delle ipotesi e delle interpretazioni più probabili.

 

Per quel che riguarda l’etimologia di sciallato, c’è chi richiama il verbo scialare, di cui sarebbe chiaramente il participio passato, molto usato nei dialetti e italiani regionali meridionali con il significato di ‘divertirsi, rallegrarsi, godersela’, che si presta però a due percorsi, uno che parte dal latino e l’altro dall’arabo. Per il latino si risale al verbo exhalare ‘esalare, mandare fuori vapori’, da cui in italiano esalare, che, a partire dal XVII secolo, trova attestazioni con estensione del significato a ‘divertirsi, rallegrarsi’. In particolare nel romanesco sette-ottocentesco (Benedetto Micheli e Giuseppe Gioachino Belli) scialare per ‘divertirsi e sperperare denaro’, scialata per ‘baldoria’, scialo per ‘godimento, piacere’ ricorrono con una certa frequenza; nell’accezione di ‘dissipare, sperperare denaro’ il verbo si ritrova anche in toscano (registrato per esempio da Pietro Fanfani nel suo Vocabolario delluso toscano, Firenze, Barbèra, 1863) e nel leccese nella forma con raddoppiamento sciallare (presente nel Vocabolario dei dialetti salentini di Gerhard Rohlfs, Galatina, Congedo, 1976). Per il toscano segnaliamo che scialare, vale ‘ansimare’, spesso riferito al cane, in una vasta area toscana che comprende la parte sudorientale della provincia di Arezzo, quasi tutta la provincia di Siena (meno il Chianti) e quasi tutta quella di Grosseto (esclusa la zona delle Colline Metallifere), in sostanza la fascia al confine col Lazio (dati da ALT-web, domanda 490 'ansimare'). La testimonianza è interessante dal punto di vista semantico perché suggerisce la possibilità di passaggio attraverso una forma di esortazione del tipo ‘respira forte!’‘riprendi fiato!’, da cui ‘stai calmo!’. Il percorso che parte dall’arabo è stato seguito per spiegare lo stesso verbo, nella forma riflessiva e con raddoppiamento di -l-, sciallâse ‘rallegrarsi, gioire’, ma anche ‘dissipare’, attestato nel genovese (la troviamo registrata da Giovanni Casaccia nel suo Vocabolario genovese-italiano, Genova, Tipografia dei f.lli Pagano, 1851), che riporta anche il contesto in cui l’espressione era usata: i marinai, al ritorno da lunghi viaggi, salutavano i familiari con la locuzione di allegria scialla, scialla! ‘evviva!’, un invito quindi a essere felici, a godere dei momenti belli della vita. Sempre in Liguria – ma sono testimonianze non documentate – mi si dice che era diffusa una specie di filastrocca che le mamme recitavano ai bambini per tranquillizzarli e in cui si faceva riferimento al prossimo rientro dei padri: in questo contesto scialla sembrerebbe assumere proprio il valore di ‘tranquillo, calma’. La stessa esclamazione ligure è uno degli arabismi segnalati da Giovanni Battista Pellegrini (Gli arabismi nelle lingue neolatine.Con speciale riguardo allItalia, Brescia, Paideia, 1972) che propende per farla derivare dall’arabo wa_a(a)llah ‘voglia Iddio’ (a proposito del rapporto tra questa voce e le parlate liguri si veda l'intervento di Lorenzo Coveri che segue questa scheda). Se si segue la strada del latino, scialla coinciderebbe con la forma dell'imperativo di sciallare, mentre se si ritiene più convincente il percorso dall'arabo, il processo sarebbe inverso e dall'esclamazione sarebbe poi derivato il verbo. Non si può escludere che l’arabismo si sia andato a sovrapporre a forme dialettali derivate dal latino exhalare generando così un’espressione che i giovani hanno intercettato facendola diventare un “arabeggiamento giovanile”, così come l’ha definita Silverio Novelli nella scheda che ha curato per il sito della Treccani.

 

A proposito dell'area di irraggiamento dell'espressione e della sua distribuzione nei dialetti e negli italiani regionali, appare abbastanza evidente già da quello che abbiamo accennato sopra, che non sembra esserci nessuna prova certa per l'individuazione di un dialetto o di un'unica area specifica in cui l'espressione si sia affermata e da cui si sia poi propagata: almeno in una prima fase sembra che le parlate del centro-sud, in particolare il romanesco, detengano il maggior numero di attestazioni, ma il genovese scialla può aver comunque prodotto una diffusione parallela nell'Italia settentrionale. A favore della diffusione panitaliana del vocabolo si è espresso anche Gianluca Colella in una breve nota dedicata a sciallo/scialla nel suo saggio Come parlano (e scrivono) i giovani (in L’italiano di oggi, a cura di M. Dardano e G. Frenguelli, Aracne, 2008, p. 209).  Il film di Bruni ha senz'altro contribuito a dare un marchio di “romanità” a scialla, ma resta un'interpretazione legata all'esperienza diretta dello sceneggiatore regista, da lui stesso dichiarata in un'intervista in cui gli chiedevano come mai avesse intitolato il film "Scialla!"
«Perché è l'interiezione che sento risuonare di più a casa mia. I miei figli la mettono in testa a quasi tutto quello che dicono: "Scialla oggi entro alle 9", "Scialla mangio dopo", e così via. È un'espressione sintetica che si passa facilmente, chi la capisce la sente come una parola d'ordine, chi non la capisce ne è incuriosito. E comunque ha funzionato: dopo la presentazione del film, a Venezia, sentivo le persone dire "Ci scialliamo in spiaggia?" oppure "Scialla ci vediamo più tardi».

Resta da chiedersi perché, nonostante la notevole circolazione dell'espressione e l'attenzione dedicatagli da più di uno studioso, i vocabolari dell'uso recente non abbiano accolto scialla nei loro lemmari. E qui sono stati senza dubbio determinanti gli ambiti e le motivazioni d'uso. Prima di tutto si tratta di una parola circolante in larga prevalenza nella lingua parlata (o nella scrittura mediata da computer, quindi analoga per molti aspetti al parlato) e le occorrenze nella scrittura giornalistica sono concentrate nei periodi di uscita dell'album di Amici e del film di Francesco Bruni. Scialla è usato dai giovani e non è quindi strano che l'unico dizionario che registra non scialla, ma sciallato 'rilassato' e scialloso 'divertente' sia Scrostati gaggio! Dizionario storico dei linguaggi giovanili (di Renzo Ambrogio e Giovanni Casalegno, Torino, Utet, 2004), tra l'altro collocando i due aggettivi in area lombarda (Milano e Varese). Siamo quindi nell'ambito del linguaggio giovanile, ma non del gergo in senso stretto, mancando del tutto l'intento criptico tipico dei gerghi veri e propri; anzi, i giovani sembrano, attraverso la ripetizione martellante dell'espressione, voler “iniziare” anche gli adulti, genitori, insegnanti alla loro filosofia scanzonata e leggera dello scialla. Il linguaggio giovanile, com'è noto, calca la mano su elementi sintetici ed efficaci ed è attratto anche da forme dialettali e dal gusto per l'esotico: scialla sembra rispondere bene a tutte queste esigenze, è netta, facilmente inseribile nel discorso, ha il sapore del dialetto (per molti riconducibile al romanesco), porta con sé la calma mediterranea, magari arabeggiante... Di tante abitudini linguistiche di dubbio gusto, una delle più amabili!

A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

 

Ancora su Scialla!

Nella rubrica della consulenza linguistica dell’Accademia della Crusca, Raffaella Setti ricostruisce, in un ampio e documentato articolo, l’origine, il significato e l’area di irradiazione di scialla!, voce del linguaggio giovanile odierno col significato di ‘stai tranquillo, calmati’ e simili. A proposito dell’etimologia dell’espressione, per cui si possono ipotizzare una matrice latina o una derivazione dall’arabo, si cita la presenza, da lunghissima data, della voce nei dialetti liguri. In effetti, a partire dallo storico Dizionario genovese-italiano (da citare nella seconda edizione del 1876) di Giovanni Casaccia, la voce (con reduplicazione esclamativa) scialla! scialla! (“Allegri! Evviva! Viva viva! Esclam. d’allegrezza”) è ampiamente presente nella lessicografia genovese otto-novecentesca: così nei dizionari del Frisoni, 1910 (in cui è segnalata l’origine araba), del Gismondi, 1955, sino a vocabolari più recenti (p. es. il Moderno dizionario rapido, rist. 2011) (ma già nel piccolo Olivieri, 1841). Accanto all’esclamazione, troviamo quasi sempre il lemma connesso sciallàse ‘rallegrarsi, gioire, gongolare, giubilare’. Nei due volumi de I dialetti della Liguria orientale odierna. La Val Graveglia, 1975 (nonostante il titolo, di fatto un vocabolario storico ed etimologico dei dialetti liguri, data la ricca documentazione comparativa) del compianto Hugo Plomteux, s. v. scialà(se) [grafia semplificata: la a è lunga] si legge: “v. rifless. ‘rallegrarsi, godersela, essere contenti’”, in Val Graveglia [entroterra di Lavagna GE] e “così anche a Genova (Casaccia 691), a Pigna, Dolceacqua, Ventimiglia, Monaco […]. Dalla Liguria anche il còrso sciallàlasi ‘se la passer bien, se la couleur douce’ […]”. Sulla scorta del Pellegrini, Plomteux fa derivare la voce dall’arabo washa (a)llah ‘e lo voglia Iddio’. Anche il più recente Vocabolario delle parlate liguri, III, 1990 (nato da inchieste sul campo in un centinaio di punti liguri) testimonia, s. v.,  della presenza di scialàse (e varianti fonetiche) in tutta la Liguria, in quanto ‘divertirsi’, ‘gioire’, ‘battere le mani’, ‘applaudire’, e. come voce autonoma, di sciala [sic] “esclamaz. di giubilo: sciàla, sciàla, ad Arenzano ‘evviva’; fa sciàla, a Sanremo ‘fare evviva’, ‘salutare con enfasi’”. Appare evidente il rapporto tra l’interiezione e il verbo (nulla a che fare, almeno in Liguria, con scialà da exhalare ‘spendere, sciupare, dilapidare un patrimonio’, che infatti il Plomteux considera un italianismo, equivoco in cui era caduto anche il Casaccia), e si noti tra l’altro che in vocabolari fondati sulla raccolta di materiale orale non è registrato (a differenza che nei vocabolari con lemmario in grafìa storica) un rafforzamento di l intervocalica, trattandosi, come nota giustamente un lettore della pagina Facebook della Crusca, piuttosto di brevità della vocale precedente.

La tradizione orale ligure colloca l’espressione prima di tutto nell’ambito dell’uso popolare e marinaresco. Come scrive la docente di lingua e letteratura araba Lucy Ladikoff,  “in genovese, un tempo era una locuzione di allegria usata da marinai che tornavano a casa dopo lunghe assenze. Ancora nel secolo scorso, la mamma la poteva usare come cantilena di saluto al papà”

(http://www.publifarum.farum.it/ezine_articles.php?art_id=68). Questa connotazione è confermata da varie testimonianze (anche nel web: http://www.placidasignora.com/2013/05/07/vi-racconto-perche-a-genova-si-dice-scialla-scialla/,in cui si ricorda la filastrocca “scialla ch’u gh’è u papà / porta tante ciappellette”… [caramelle]). Un altro ambito è quello del folklore per l’infanzia: a Natale i bambini festeggiavano l’arrivo di Gesù Bambino nel presepe battendo (eventualmente con l’aiuto dei grandi) le manine e recitando: “Oh Bambin dexideròu / scialla scialla che t’ho attrovòu!” [O Bambino desiderato / evviva evviva che ti ho trovato!] (http://digilander.libero.it/paolore2/cult_tradiz/dena.html), con la variante “Ah scialla scialla che v’ho truvou / còu Banbinettu desiderou!” (Antonio Arecco, Il folklore dell’infanzia in Liguria con particolare riferimento a Loano e dintorni, Savona, Editrice Liguria, 1982, p. 62). Connesso a scialla è poi l’epiteto dei Sciallin, cantastorie della famiglia Cereghino di Favale di Màlvaro in Val Fontanabuona (http://www.valdaveto.net/documento_287.html) Chi scrive ricorda vivamente che la formuletta ritmata “scialla scialla che vegne u papà” [evviva evviva che viene il papà] era usata dalla mamma, o da un altro adulto, per tranquillizzare il bimbo piangente ed accompagnata dal battito delle mani o dal gesto di sollevare in alto il neonato, il che rappresenterebbe uno scivolamento semantico verso l’accezione attuale.

Ma naturalmente, non è detto che lo scialla! di risonanza mediatica dei giovani (la cui diffusione al di fuori dell’area romana è probabilmente precedente, anche se molto meno capillare,  alla stagione 2008/09 di Amici di Maria De Filippi: cfr., oltre a Ambrogio-Casalegno 2004, anche  Slangopedia (la cui curatrice, Maria Simonetti, ha firmato il Glossario sciallato del libro di Bendotti, uscito in contemporanea al film  di Bruni) per attestazioni ticinesi, veneto-friulane; e c’è una Radioscialla a Valeggio VR) sia di origine ligure (anche se quella dialettale è una delle componenti del lessico giovanile). Piuttosto, non è da escludere, come suggerisce Novelli,  che la forma (quasi certamente dall’arabo inshallah!, letteralmente ‘grazie a Dio!’, ma usato come intercalare polisemico in vari contesti: testimonianza di Lucy Ladikoff) sia stata direttamente mutuata da coetanei arabofoni e poi adottata in italiano giovanile anche per la sua facies fonetica “ludica”, scherzosa, con il valore aggiunto di portar con sé “la calma mediterranea, magari arabeggiante”, come si conclude suggestivamente nell’intervento di Raffaella Setti. E del resto, quella giocosa, più che quella criptica,  è una delle motivazioni principali di questa varietà di lingua “per crescere”.

Lorenzo Coveri

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